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C’mon Tigre: “Habitat il nostro universo immaginario e cosmopolita”

 Habitat è il quarto album  in studio dei C’Mon Tigre pubblicato per Intersuoni. Con oltre dieci anni di carriera musicale e tre album apprezzati dalla critica internazionale, il collettivo sonoro viaggia attraverso suoni elettronici, jazz e afrobeat, regalando un meraviglioso e variopinto universo multisensoriale che si rifà ai suoni sudamericani e ai linguaggi musicali interpretarti dal gran maestro cerimoniere Sean Kuti. Un magnifico ambiente immaginario,energico, caratterizzante, che si incrocia incredibilmente con la voce talentuosa di Xenia Franca e un samba italiano firmato Giovanni Truppi, attrattivamente cosmopolita e che attinge in ogni forma e radice a diversificate lingue narrative.

 “Habitat” è il vostro quarto lavoro discografico, il 2024 porterà anche il compimento dei dieci anni anni di attività del vostro collettivo. Questo vostro nuovo album, sperimentale, che unisce territori musicali provenienti da ogni angolo del pianeta, sostanzialmente, in cosa si differenzia dai lavori precedenti?
Habitat è un album di cui noi sentivamo il bisogno, per noi stessi in primis, è un lavoro molto vicino al precedente a livello temporale ma molto differente come intenzione. Ce lo siamo immaginati come uno spazio di benessere dove potersi abbandonare alla fantasia e prendersi cura di se e di ciò che ci circonda, un vero e proprio posto immaginario, energico, colorato: questo credo sia il suo carattere principale. Musicalmente ci siamo avvicinati ai suoni del sud America, del Brasile in particolare.

PH: Margherita Caprilli

The Botanist e Teen Age Kingdom, sono due gioielli tra fusion ed elettronica, impreziositi dalla voce e sax di Seun Kuti e Xenia Franca, l’idea di inserirli  proprio in “Habitat” come è nata?
Nello scrivere Habitat avevamo dei brani che ci siamo immaginati molto affini al loro stile, alla loro scrittura, alle loro voci. Seun Kuti rappresenta oggi uno dei maggiori esponenti dell’afrobeat e l’afrobeat è una delle nostre fonti di ispirazione, fin dall’inizio: The Botanist si rifà in parte a quel genere, nei suoni e nei colori, aveva molto senso per noi collaborare su questo brano insieme a lui. Xenia França è un’artista brasiliana di San Paolo, l’idea di coinvolgerla, oltre che per il suo enorme talento, nasce dalla volontà di avere una voce contemporanea, legata all’attualità della musica del Brasile. Molto del disco si rifà alla tradizione, la sua è una voce dei nostri tempi.

Nomad at Home e Odiame sembrano accompagnare l’ascoltare in beat più sincopati, con un tocco di voci desertiche e orientale, senza tralasciare il riferimento al poeta Barreto. Comospoliti, è un concetto che vi calza a pennello in questo album?
Certamente C’mon Tigre è un progetto cosmopolita, in questo album ed in tutta la sua produzione, non potrebbe essere altrimenti, le nostre ispirazioni arrivano davvero da ogni angolo del mondo, cambiano, si aggiornano, ed in questo continuo movimento noi ci sentiamo naturalmente parte di un tutto.

Giovanni Truppi e l’artista italiano che vi accompagna in “Sento un morso dolce”. Un samba dai toni quasi tribali, come è stato  accoglierlo nella vostra idea idea di album?
Non avevamo mai usato l’italiano come lingua in precedenza, volendo scrivere un disco multilingue ci siamo detti che era il momento buono per farlo, adoriamo Giovanni per cui gli abbiamo chiesto di scrivere il testo e di cantarlo. E’ stata una cosa nuova anche per lui.

La chiusura con “Keep Watching Me”, è affidata alla chitarra di Arto Lindsay, suadente, trascinante, come mai la scelta di chiudere “Habitat” con questo brano?
Arto Lindsay in realtà ha scritto e cantato i versi in portoghese, la chitarra è nostra, rimanda certamente in alcune parti al suo stile. Per definire la tracklist di un disco c’è bisogno di dare un senso narrativo al tutto, di viversi l’ascolto dall’inizio alla fine per scegliere come distribuire le parti. Keep Watching Me ci sembrava adatta come chiusura per la sua struttura, con il suo crescendo finale.

Con “Habitat” suggellate e confermate la vostra elevata capacità di esser artisti di visione, internazionali, capaci di esplorare e sporgersi in universi sonori sempre più creativi, ma incredibilmente perfetti, nel  disegnare alla perfezione, quello che avete in mente sia dal punto musicale che artistico. La vostra continua vocazione alla sperimentazione e alla ricerca, può essere un tratto caratterizzante del vostro successo sia dal punto di vista del gradimento musicale (e del pubblico) che della critica?

Ci spostiamo in territori diversi di volta in volta perché questo è il nostro modo di lavorare, perché è molto stimolante per noi, ci da nuova linfa e crediamo sia una buona strada per provare a raccontare le cose in modo diverso attraverso la musica e l’arte visiva, guardarci intorno ci aiuta a trovare un carattere, un suono, che prende man mano forma  mescolando le esperienze: questo credo possa essere un nostro tratto interessante.

Sergio Cimmino

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