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Militant- A : “  Ripartire dal concetto di arte-educazione  ricordando la dirigente scolastica Simonetta Salacone”

Pubblicato lo scorso 15 Luglio l’album “Courage” è il decimo lavoro discografico degli Assalti Frontali. Lo storico gruppo, tra i primi a portare il rap in Italia realizza un album di inediti ricco di spunti dedicato ai delicati momenti che vive la societa’. La pandemia ha creato muri, isolamento e incattivato le persone. Un progetto che vuole costruire attraverso la musica, l’interesse comune  di  comunita’ e di aggregazione A difesa dei valori sani come l’ecologia, il sociale e la cultura, partendo sopratutto dalle nuove generazioni.

“Courage” è il vostro decimo album, cosa vi ha spinto in questo periodo storico, molto difficile e delicato, a pubblicare un lavoro discografico di inediti?

Proprio perchè è un periodo difficile, credo che sia bisogno di raccontarle con la musica e con il rap. La nostra è stata un esigenza, ma anche un desiderio.  Erano un po di anni che facevamo uscire singoli, in questo periodo musicale fatto di pezzi sempre più brevi, di frenesia e di ritmi elevati. Credo che il nostro album restituisca dignità e nobiltà al tempo e guardandoci alle spalle i lavori realizzati sono tanti. Le canzoni di Courage, parlano di pandemia, ma anche di come la società si sia incattivita. Guardando oltre a quello che c è intorno a noi, abbiamo affrontato i temi della guerra che facciamo l’uno contro gli altri e del problema della distanza con le generazioni future. Si dovrebbe instaurare un rapporto di arte-educazione.

Esseri impegnati nel sociale, come lo sei tu, comporta il fatto di conoscere e tastare l’umore e lo status di molte persone. Che stato d’animo hai percepito intorno a te?

Le persone si sentono molto sole e ci sentiamo tutti strani, isolati. Non ci sono luoghi che incentivano l’integrazione e la partecipazione. La poltica è molto distanti da tutti.

Il disco vanta molte collaborazioni trasversali, come il Coro dell’Antoniano e musicisti jazz. Come è nato tutto?

A me piace molto fare questo tipo di collaborazioni. Sono soprattutto vere e spontanee e non nascono certamente per sbalordire. Il discorso del Coro dell’Antoniano nasce dal fatto che io lavoro molto con i bambini. Con le scuole ho fatto molti progetti e poi mi hanno chiesto di realizzare, nella passata edizione ,una canzone per lo Zecchino d’oro. Quando l’ho scritta e poi successivamente è stata selezionata, era il 1 Aprile. Io credevo fosse un pesce d’ Aprile, perchè è difficilissimo essere selezionati.  Ogni anno ci sono 600 proposte e ne vengono selezionate solo 12.  I bambini del Coro dell’Antoniano era contentissimi, poi quando ho composto la mia canzone dedicata al calcio popolare, ho chiesto loro di cantarla e loro hanno accettato. E’stato uno scambio. Poi con i jazzisti, Mirko e Daniele Tittarelli e Pietro Lussi, siamo amici e già dal primo ascolto , li ho lasciati molto liberi e loro mi hanno ripagato con la loro creatività.

Abbiamo una politica sempre più distaccata, lontana dalla periferie, tu che vivi questo mondo, perchè chi si dovrebbe occupare di alcune realtà non lo fa costantemente?

Io penso che alla fine le periferie devono occuparsi di loro stessi. La cosa più importante è prendersi in mano il destino, guardarsi e guardare quello che cè intorno con occhi più fieri ed orgogliosi. Nel momento in cui lo fai, si risveglia. La politica è molto lontana, basta vedere l’affluenza al voto. Il consenso è bassissimo. Meno persone si risvegliano e contribuiscono e maggiore e il distacco.

Siete stati i primi a portare il rap in Italia, come è cambiato in Italia questo modo di fare musica?

E’ cambiato tanto. Sia per il modo (la voce e il suono) che per la produzione dell’album. Prima era essenziale realizzare un disco, c’era l’ ascolto, l’approfondimento. Oggi si va molto sul breve, sull’effetto, con i singoli che tendono a shoccare, con una frase ad effetto. Si bada molto più all’hype. Noi  davamo importanza al contenuto, alla storia, al missaggio. Oggi il contenuto è una cosa noiosa. Oggi quando vado nelle scuole e faccio rap, in pochi mi conoscono, perchè quando abbiamo iniziato non c’era nessuno. Adesso ci sono milioni di rapper, i ragazzi  sono trascinati da schemi che riportano temi come la cocaina, i soldi, lo spaccio. Sono convinti che il rap sia tutto ciò. Non sanno che il rap è raccontarsi, esprimere quello che hai dentro,  facendo cosi catturi l’attenzione delle persone. Il rap moderno si rifà a molti clichè. Io ho una persona molto importante che mi ha cambiato la vita ed è la dirigente di una scuola di periferia: Simonetta Salacone. Lei ha cresciuto generazioni di ragazzi. Quando mi ha visto che portavo a scuola mio figlio, mi ha voluto con lei. Mi ha fatto capire che l’istituzione è anche una rivoluzione. Quando lei è morta ed io ho scritto la canzone “Simonetta”, che racconta la sua vita. Ai ragazzi , quando vado nelle scuole gli canto “Simonetta” e loro si illuminano, perchè capiscono cosa può essere realmente una scuola.  La scuola è una casa e un posto di tutti che serve a formarsi. Simonetta fu mandata nelle periferie di San Basilio, luoghi dove si pensa che i ragazzi non faranno mai nulla. Lei invece aveva l’idea che la scuola fa tutto. La mia vittoria è vedere gli occhi dei ragazzi che si emozionano.

Sergio Cimmino

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