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“Le banche ci imbrogliano”: confessioni di un ex allineato

Dopo venti anni come manager di un’importante banca italiana, Vincenzo Imperatore ha cambiato vita e svelato in due libri i lati oscuri del sistema bancario.
«Sono un fuoriuscito, fino a poco tempo fa ero uno di loro», così esordisce Vincenzo Imperatore, napoletano, 52 anni, per oltre venti dirigente di uno degli istituti di credito più noti del Paese. Non cerca scuse, non vuole suscitare pietà, lui era un «allineato», fedele all’unico vangelo professato dalle banche: il profitto.
Laurea in economia e commercio con il massimo dei voti, master in business administration, e poi il tuffo nel dorato mondo degli istituti di credito, fatto di ottimi compensi, allettanti benefit, e di enormi pressioni psicologiche, non solo da subire, ma anche da infliggere. Dopo circa vent’anni Vincenzo Imperatore decide di uscirne, giunge ad una conciliazione con il suo datore di lavoro, e poi scrive due libri: “Io so e ho le prove” (2014), diventato anche uno spettacolo teatrale per la regia di Giovanni Meola, e “Io vi accuso” (2015), entrambi editi da Chiarelettere.

Qual è stata la molla che l’ha spinta alla decisione di lasciare tutto?
Quando iniziò la crisi, i vertici che l’avevano determinata e che ci avevano spinti alla spietatezza, chiedendoci di fare sempre più profitti, volevano scaricare la colpa sui loro sottoposti con l’intento di uscirne puliti rispetto alle responsabilità. Quegli stessi vertici, autentici lupi, si trasformarono improvvisamente in agnellini vestiti di etica. Da quel momento in poi avrei dovuto dire a tutta la mia grande squadra di lavoro, cose estremamente diverse da quelle sostenute fino al giorno prima. Poi successe anche un’altra cosa: un giorno si presentò a me la vedova di un imprenditore ammazzato dalla camorra. Aveva preso in mano le redini dell’azienda e cercava di ricominciare. Io dovevo fare il mio mestiere, essere spietato, come facevo con tutti. Questa cosa mi scosse. Per onestà, devo dire che fino al 2008 ero un allineato di ferro,guadagnano molto bene, tra incentivi, premi, viaggi. Il mio tenore di vita era alto, per mantenerlo dovevo prefiggermi obiettivi sempre più grandi e aderire alle regole. Ero in un sistema drogato.
In quel sistema folle, cosa nello specifico ha determinato la crisi finanziaria?
Nel 2008 con il fallimento del Lehman Brothers (prestigiosa società americana di servizi finanziari, ndr) le banche si sono accorte di aver generato un buco enorme per il fatto di aver prestato più soldi di quanti non ne avessero fatti entrare. Per esempio, se io presto cento, devo far entrare cento. Ma se questi cento per effetto della crisi non rientrano e un bel giorno viene un risparmiatore che rivuole i suoi soldi, io banca non sono in grado di restituirglieli. Oggi per effetto di Basilea due (accordo internazionale, entrato in vigore nel 2007 e riguardante i requisiti patrimoniali delle banche, ndr), se ad esempio raccogli cento, puoi prestare solo quaranta. Questa regola noi non la seguivamo:se si presentava in banca una persona con un probabilità di default elevato (un potenziale soggetto insolvente), gli veniva erogato il prestito senza accantonare nemmeno un soldo che coprisse quell’eventuale default. Oggi invece c’è molta più attenzione, è per questo che ai piccoli risparmiatori e alle piccole imprese non si erogano più prestiti, perché impongono alla banca l’accantonamento che è infruttifero.
E le banche su cosa guadagnano oggi?
Nel secondo libro, “Io vi accuso” (2015) spiego proprio questo. Le banche sono diventate agenti immobiliari. Recentemente è stato anche scoperto il perché: al suo interno l’istituto di credito ha chi vende l’immobile, mutuatari morosi, e chi lo compra, speculatori, persone con i soldi. Fanno incontrare le due parti, svendono l’immobile, recuperano il proprio credito, e fanno il business.
Invece sui mutui le banche ci guadagnano?
Poco. Oggi dicono che sono aumentati i mutui, ma non è vero. Sono aumentate le surroghe, ossia la possibilità di portare il mutuo in un’altra banca per godere di migliori condizioni.
E che beneficio ne trae la banca dalla surroga?
Prende un nuovo cliente e prova a vendergli altri prodotti accanto al mutuo, per esempio una polizza assicurativa, un bene di consumo tipo un tablet. Le chiamano commissioni di servizio, da vendere in accoppiamento ad un prodotto. Se oggi vai in banca e chiedi, ad esempio, un prestito di 5 mila euro, non ti danno solo i soldi ma ti offrono anche un telefonino, un televisore, perché l’altro business è quello della banca store. Ovviamente il guadagno sta nella quantità di questi oggetti venduti. La principale banca del Paese, ha piazzato nel primo semestre 35 milioni di euro di telefonini. Questo è una gran business. Il giochetto qual è? La violenza psicologica. Se non ti compri il telefonino, io banca ti faccio credere che il prestito non lo puoi avere. Ovviamente il ricatto è sottile.
Nel suo secondo libro “Io vi accuso”, afferma di aver raccolto confidenze di manager bancari e documentazioni ben precise riguardo ai soprusi e alle illegalità delle banche. Perché queste persone si sono aperte a lei?
Intanto perché sono stato una sorta di apripista. Poi c’è da dire che non ci sono più i soldi di prima, i benefit,di cui tutti si godeva.
Sempre nello stesso libro afferma che i clienti privilegiati delle banche sono cinesi, prelati, e anche giornalisti. Ancora oggi, secondo lei, i capitali “neri” sfuggono ai controlli?
Si, succede ancora. Nel libro parlo di un alto prelato sul cui conto corrente vi erano movimenti di importi ben diversi dal normale sussidio di un prete. Anche per i cinesi si chiudono gli occhi. Portano in banca sacchi pieni di soldi e si apre un conto a nome di uno di loro, poi viene anche fatta la segnalazione all’agenzia centrale per l’antiriciclaggio, ma si ferma a metà strada. Un anno feci seimila segnalazioni, non vi fu nessuna conseguenza. Perché? Se i cinesi tolgono i soldi dalle banche, queste iniziano ad arrancare.
Invece che cosa ha determinato le crisi recenti di Banca Etruria e le altre?
Hanno venduto prodotti ad altissimo rischio a persone inconsapevoli. Lo hanno fatto modificando il profilo di rischio dei propri clienti. Tutti noi abbiamo un profilo di rischio, aggiornato ogni anno, che è una sorta di fotografia dell’investitore. Questo ritratto veniva deliberatamente manipolato, così da far risultare che il cliente fosse consapevole, edotto sui rischi delle operazioni che faceva.
Il piccolo consumatore cosa deve fare per difendersi?
Bisogna andare nella propria banca, e chiedere di visionare il proprio profilo di rischio. Controllare se ci sono incongruenze. E l’istituto di credito non può rifiutarsi di rilasciarlo. Ovviamente opporrà resistenza.
Lei oggi di cosa si occupa?
Ho creato una mia società di consulenza finanziaria e aziendale, e che si occupa anche di difendere i piccoli imprenditori dagli abusi bancari.
Quanto è cambiata la sua vita dopo la scelta di mollare tutto?
Molto. Mi sento libero, soprattutto mentalmente. Ma la cosa per me più importante è stata quella di aver dato ai miei figli l’esempio di un uomo capace di cambiare strada. Dopo la scelta di mollare tutto, il mio primogenito si è tatuato sul braccio la frase post fata resurgo. E lì ho capito che gli avevo dato qualcosa di importante.

 

Ornella Esposito

 

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