L’ordine di sequestrare Giulio Regeni è stato impartito dal generale Khaled Shalabi, capo della Polizia criminale e del Dipartimento investigativo di Giza». Questo è il fulcro delle e-mail inviate, poche ore prima dell’incontro tra l’Egitto e l’Italia, al giornale de La Repubblica. L’anonima fonte racconta cosa sia accaduto a Giulio Regeni dal 25 gennaio al 3 febbraio, come sia morto e quali siano i responsabili. Scrive un po’ in inglese, qualche parola in italiano ma, fondamentalmente, la maggior parte delle frasi sono in arabo. Delle sue e-mail sono in possesso il pm Sergio Colaiocco e il legale della famiglia Regeni, Alessandra Ballerini. Dopo aver riferito che Regeni fosse morto in un incidente stradale, dopo aver raccontato storie legate alla sfera sessuale e dopo aver parlato di rapimenti, adesso si fa nuova luce sul caso. Nelle lettere ci sono informazioni conosciute solamente dagli inquirenti italiani, ragion per cui si pensa possa essere una fonte realmente attendibile.
«Fu Shalabi – si legge sul sito della testata giornalistica – prima del sequestro, a mettere sotto controllo la casa e i movimenti di Regeni e a chiedere di perquisire il suo appartamento insieme ad ufficiali della Sicurezza nazionale. Fu Shalabi, il 25 gennaio, subito dopo il sequestro, a trattenere Regeni nella sede del distretto di sicurezza di Giza per 24 ore». Dopo di che, tra il 26 e il 27 fu spostato in una sede della Sicurezza Nazionale a Nasr City.
L’Anonimo racconta come siano proseguiti i giorni, come la vita dello studente si sia consumata ora dopo ora tra torture e diritti negati. Giulio non voleva parlare in assenza di un rappresentante dell’Ambasciata Italiana, quindi provarono a “scioglierli la lingua” con atroci supplizi: «Cominciano 48 ore di torture progressive, durante le quali, per fortuna, Giulio comincia ad essere semi-incosciente. Viene picchiato al volto, bastonato sotto la pianta dei piedi, appeso a una porta e sottoposto a scariche elettriche in parti delicate, privato di acqua, cibo, sonno, lasciato nudo in piedi in una stanza dal pavimento coperto di acqua, che viene elettrificata ogni trenta minuti per alcuni secondi».
Visto che Regeni ha continuato a tacere è stato spostato in una sede dei Servizi Segreti militari, sempre a Nasr City. La decisione – riporta La Repubblica – è stata presa dal generale Ahmad Jamal ad-Din, consigliere del Presidente Al Sisi, dopo essersi consultato il suo superiore. Nell’e-mail si è parlato di qualunque forma di violenza, includendo quella sessuale, di mozziconi di sigarette spente sulle orecchie e sul collo, dell’uso di cani addestrati. Quando Giulio muore, sarebbe stato messo in una cella frigorifera dell’ospedale militare di Kobri al Qubba. Alla fine, sempre secondo la fonte, avrebbero deciso di far sembrare tutto una rapina e il suo corpo sarebbe stato abbandonato in una strada tra Cairo-Alessandria.
Le agghiaccianti rivelazioni sulla morte di Regeni precedono di un giorno il tanto atteso vertice che oggi si tiene a Roma tra gli inquirenti e gli investigatori italiani ed egiziani. Tra le loro mani 2000 pagine di dossier e, adesso, un’ulteriore informazione. Si attende l’esito dell’incontro ma soprattutto si spera nella verità; perché Giulio non può morire ancora altre volte.
Francesca Cimmino