La Corte di giustizia europea chiamata a esprimersi sul caso di una donna musulmana licenziata dichiara che, se il divieto deriva da una norma interna di un’impresa privata che vieta di indossare in modo visibile qualsiasi segno politico, filosofico o religioso sul luogo di lavoro, non costituisce una discriminazione. I fatti si riferiscono al lontano 2006 quando, un’azienda privata con sede in Belgio, ha licenziato Samira Achbita, che aveva lavorato come receptionist dal febbraio 2003, perché aveva informato l’azienda della sua intenzione di cominciare a indossare il velo sul posto di lavoro. Insorge contro la sentenza Amnesty International, per la quale, la Corte di Giustizia Europea ha così legittimato i datori di lavoro a discriminare le donne e gli uomini in base al loro credo religioso in un contesto sociale già difficoltoso in cui l’identità e l’aspetto sono diventati terreno di scontro politico, in un epoca in cui le persone hanno bisogno di maggiore protezione contro il pregiudizio.
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