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Giornalisti minacciati, mai più soli

I numeri purtroppo raccontano una triste verità, minacce, violenze ed intimidazioni per giornalisti e blogger campani sono sempre più all’ordine del giorno. La libertà di stampa è quanto di più eticamente giusto, che rientra in una sfera di legalità, ed è per questo che bisogna iniziare a fare i primi passi affinché questa venga preservata. Solo nel 2015, sono stati 57 i casi di colleghi in Campania che hanno denunciato di aver subito violenza e che rischiano ogni giorno di essere aggrediti nell’esercizio delle loro funzioni. Tutto questo è assolutamente inammissibile, per questo bisogna alzare la testa, creando rete e supporto, per tutti quei giornalisti che per dover di cronaca, devono scontrarsi con realtà cariche di violenze e soprusi, una realtà coercitiva tipica di dinamiche malavitose. In quest’ottica, martedì 2 febbraio alle 16,30 presso la sala ‘Santo Della Volpe’ del Sindacato dei giornalisti della Campania, in via Cappella Vecchia a Napoli, il presidente della Federazione nazionale della stampa italiana, Beppe Giulietti, con i vertici del SUGC (Sindacato unitario giornalisti della Campania), denuncerà i casi di alcuni giornalisti campani minacciati e senza tutela, con un focus sui rischi della professione del giornalista. Alla manifestazione interverranno anche il presidente dell’Ordine dei giornalisti della Campania, Ottavio Lucarelli. Invitati anche il sindaco di Napoli, Luigi de Magistris, e il presidente della Regione Campania, Vincenzo De Luca. Ed è per questo che in esclusiva per noi la giornalista Luciana Esposito, vittima di pressioni e violenze, per aver svolto il suo lavoro in maniera integerrima, ci racconta la sua esperienza, con l’augurio che per lei e per tutti noi la forza della ‘parola’ non debba mai essere condizionata da pressioni e violenze.

Luciana Esposito, giornalista pubblicista, vive una situazione ad alto rischio. Con il suo sito, quindi senza la tutela di un giornale strutturato, ha denunciato la situazione di forte degrado del Parco Merola a Ponticelli, quartiere ad altissima densità criminale. Al suo lavoro giornalista ha affiancato, ancora una volta senza la tutela di una organizzazione, un impegno personale nel rione coinvolgendo anche le istituzioni locali, che si sono attivate per la riqualificazione. Tra le iniziative avviate, il diserbamento delle aree che delimitano il parco, la pulizia delle fogne e il recupero di un campo di calcio abbandonato. Quando alcune di queste iniziative hanno cominciato ad intaccare gli affari di chi gestisce i traffici illeciti nella zona, Luciana è diventata un nemico. Per ben due volte, tra novembre e dicembre, è stata picchiata dai parenti del “ras” del Parco e dall’uomo in prima persona. Si tratta di un pregiudicato, ex uomo dei Sarno, reduce da 10 anni d carcere. Per un periodo è stata costretta ad allontanarsi dalla città. Luciana, oltre al danno ha subito anche la beffa: una volta tornata a Napoli, ha scoperto che tra i volti che figurano nell’ultima opera di steeet art – e che tra l’altro hanno avuto inizio proprio il 21 dicembre, nello stesso giorno in cui è avvenuta la seconda aggressione – accolti nel parco Merola, è stato dipinto il volto del pregiudicato aggressore. L’Amministrazione ha risposto prontamente chiedendo la rimozione dell’immagine. “Ci tengo a precisare che il lavoro da me svolto all’interno del parco Merola non era in alcun modo retribuito, né “pilotato” da dinamiche politiche, bensì dal semplice e disinteressato amore per la mia terra. Credo fortemente nel riscatto delle periferie e credevo di poter contribuire, attraverso il mio lavoro, al ripristino di una vivibilità più genuina e dignitosa. Per me “essere” e non “fare” la giornalista vuol dire dare voce agli inascoltati, denunciando le condizioni di degrado, emarginazione, sfruttamento, precarietà, povertà e stenti, in cui imperversano soprattutto le persone che occupano i gradini più bassi della scala sociale. Quelli dove raramente splende il sole, quel sole che attraverso il mio impegno, sincero ed attivo, ho cercato di portare in quel posto. E di certo non meritavo un conto così ingeneroso. L’omertà della gente che ha assistito impassibile ai due pestaggi è l’aspetto che tuttora mi fa anche più male delle percosse subite. Mi addolora profondamente che quelle stesse persone che nei mesi precedenti mi tampinavano di richieste e telefonate, si sono dileguate nel nulla, senza mai preoccuparsi di chiederei come sto. Stanno lasciando che a decidere delle loro sorti e di quelle dei loro figli sia, ancora una volta, il potere criminale. Sottolineo con orgoglio che in entrambe le circostanze non ho mosso un dito per difendermi: non è in quel modo che le persone civili adoperano le mani, meno che mai potrebbe farlo una giornalista che nelle mani identifica il mezzo che le consente di svolgere il suo lavoro. Questo è il messaggio che, fino alla fine ho voluto impartire ai “miei” bambini e che mi auguro possa scuotere la coscienza dei loro genitori.”

Fabio Noviello

 

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