«Otto mesi sono tanti, troppi. Noi siamo gente umile, che lavora. Vorremmo solo che il nostro dolore sia alleviato dall’accertamento delle responsabilità. Non so più a chi rivolgermi per chiedere che si faccia presto». Furono queste le parole del padre di Salvatore Giordano rilasciate a Antonio Scolamiero de Il Corriere del Mezzogiorno, otto mesi dopo la morte del giovane 14enne di Marano. Salvatore morì il 5 luglio 2015 in Via Toledo, colpito da dei calcinacci crollati dalla facciata della Galleria Umberto. Dopo più di un anno il numero degli indagati si restringe: erano 45 e ora divengono 8.
Imputati per crollo colposo e omicidio colposo sono Giovanni Spagnuolo e Salvatore Capuozzo, dirigenti del dipartimento di Difesa idrogeologica del territorio e sicurezza abitativa del Comune di Napoli; Giuseppe Africano e Giuseppe Annunziata, dipendenti dello stesso ufficio; Giancarlo Ferulano della Direzione generale del Territorio e tre amministratori di condominio del palazzo.
Oggi, secondo fondi Ansa, l’inchiesta della Procura ha accertato sette crolli antecedenti a quello che fu mortale per Salvatore. I crolli, a cadenza mensile, verificatisi nel 2015 sono avvenuti nelle seguenti date: 22 gennaio, 24 gennaio, 12 febbraio, 24 marzo, 27 aprile, 12 maggio e 31 maggio. Il quattordicenne si spense con arresto cardiaco in seguito allo schiacciamento del torace dovuto al peso del masso. La domanda è: si poteva evitare? La risposta sembra quasi retorica. La famiglia continua a chiedere giustizia e verità, perché ormai non è rimasto loro molto altro.
Marina Cioppa