Radio Siani la radio della legalità
La quasi totalità delle cronache, delle storie in ricordi e delle biografie ufficiali e non su Giancarlo Siani iniziano ricordandolo come giovane giornalista pubblicista del quotidiano di Napoli “Il Mattino”. Giancarlo Siani no era un giornalista. Non per la burocrazia. Non per l’ordine al quale quanti svolgono questa professione sono costretti ad iscriversi. Era un cronista. Precario per giunta. La peggiore situazione che un giornalista possa vivere. Né carne né pesce per i redattori con i quali si confrontava quotidianamente via telefono.
Siani era un giornalista che lavorava sul campo. In quelle Torre Annunziata, città a pochi chilometri a sud di Napoli nella quale si confrontava quotidianamente con la politica e il malaffare. Con la commistione tra i due poteri, da una parte lo Stato e dall’altra l’antistato che le cronache dello stesso corrispondente del quotidiano napoletano avevano raccontato incrociarsi in più occasioni. Queste vicende chi ha letto od ascoltato la storia di Giancarlo Siani le conosce.
La ricstruzione portata aventi dagli inquirenti che hanno lavorato al caso dell’assassinio di Giancarlo Siani, avvenuto la notte del 23 settembre 1985, riporta un’organizzazione del delitto di circa tre mesi. Ricostruzione avvenuta anche grazie alla collaborazione di alcuni pentiti e confermata per tutti gli imputati, con la sola eccezione del boss Valentino Gionta.
Un cronista precario che dava fastidio ai poteri forti ancor più di quanto potessero fare dei giornalisti navigati. Nel celebre film sulla storia di Siani “Fortapasc” Sasà spiega a Siani la doppia carriera che può fare un giornalista. “Ci stanno i giornalisti giornalisti e i giornalisti impiegati”, dice Sasà. Giancarlo Siani è stato un giornalista giornalista.
Ciro Oliviero
