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Idi e San Carlo di Nancy, l’ombra della ‘ndrangheta sui due ospedali cattolici

L’ombra delle cosche di ‘ndrangheta si allunga sui due gioielli della sanità cattolica romana, l’Idi e il San Carlo di Nancy, i due ospedali della Congregazione dei figli dell’immacolata concezione al centro di una vera e propria bufera. Un colosso, un gruppo potente, sponsorizzato da pezzi importanti del vaticano, con 1600 dipendenti, caduto da mesi in una profonda crisi, con un buco nei bilanci che – secondo fonti accreditate – sfiora i 600 milioni di euro, facendo presagire un nuovo caso San Raffaele.

A pronunciare il nome della mafia più potente è Giuseppe Incarnato, manager arrivato lo scorso 6 aprile con in tasca un nuovo piano industriale, che riveste oggi la massima carica di direttore generale dei due ospedali romani. Ha sul tavolo il decreto di perquisizione firmato dal pm romano Michele Nardi, lo rilegge a voce alta, ed è un fiume in piena. E’ indagato per associazione a delinquere finalizzata all’appropriazione indebita, insieme a gran parte dell’ex management e ai tre religiosi ai vertici della Congregazione dei figli dell’immacolata concezione: Franco Decaminada, Eugenio Lucchetti e Aleandro Paritanti. Punta il dito sulla passata gestione, con accuse sconvolgenti e incredibili. Chiede riservatezza ai cronisti, ma è una storia da raccontare per le sue gravi implicazioni. Oggi si è celebrato anche il suo interrogatorio davanti ai magistrati. Quello che racconta getta una luce nuova sulla vicenda sulla quale indaga ormai da mesi la procura romana. “Mi hanno detto che mi sparano”, spiega quasi sussurrando. “E’ la ‘ndrangheta”, aggiunge. Una presenza discreta, spiega, che si sarebbe infilata nei rivoli di spesa inutili e negli sprechi, portando l’Idi e il San Carlo di Nancy sull’orlo del baratro, con 256 milioni di ammanchi.

Le minacce di morte

L’ex capo assoluto dei due ospedali cattolici romani, padre Franco Decaminada, il don Verzè alla romana, lo ha chiamato in causa durante il suo interrogatorio davanti al pm romano Michele Nardi: “Incarnato l’ho presentato a Paritanti (attuale priore della provincia italiana della congregazione, ndr) consigliando la sua assunzione”, ha raccontato lo scorso maggio. Una continuità che Incarnato respinge spiegando: “C’è un solo potere forte dentro questa struttura e sono io, non penso che Decaminada possa influenzare una persona del mio calibro”. E allora la ‘ndrangheta? “Molto semplice. Io con la vecchia gestione non ho nulla a che fare, i problemi sono nati quando ho iniziato a tagliare i vecchi fornitori, ho cancellato contratti importanti. Si è avvicinata una persona, mi ha beccato qui davanti, e mi ha detto: ‘Diretto’, qua ci tocca sparare’. Per questo c’è la guardia armata qui fuori”. Ma chi era questa persona? “Era un calabrese, secondo me uno della ‘ndrangheta, ma non so come si chiama”. I cronisti chiedono, su questo punto, una conferma: “Oh, accento calabrese. Mi hanno minacciato di morte, non scherziamo”. Notizie che, spiega, ha già riferito oltretevere.

Incarnato continua a ripetere di aver rotto tutti i ponti con il passato, con i fornitori scelti dal vecchio management, troppi e costosi, con contratti a perdere infarciti di penali milionarie. E fornisce una versione inedita della crisi finanziaria dei mesi scorsi: “Ho deciso di pagare tre mensilità ai dipendenti per fermare le agitazioni che servono per svendere questa struttura agli offerenti, cari al vecchio management”. Una scelta che avrebbe causato nuovi avvertimenti. “A quel punto sono andati sotto casa di Rosichini, il mio collaboratore e lo hanno minacciato. Rosichini fa una denuncia ai carabinieri , spiegando la cosa e mo’ sta sotto scorta.. Io sto scardinando un sistema e i magistrati indagano me?”.

I costi gonfiati e la parentopoli

Il sistema di cui parla il direttore generale è quello che ha portato l’Idi al collasso economico, fatto di sprechi e parentopoli: “Ora vi spiego come funziona. Quando io sono arrivato qua una siringa la pagavano 4 euro. La stessa siringa al negozio costa 0,2. A me è rimasto impresso e mi sono fatto spiegare il meccanismo”. Un colosso come l’Idi potrebbe avere accesso direttamente alle fabbriche, ma, spiega Incarnato, si era creato un circuito infernale, dove i prezzi saliva vertiginosamente: “La fabbrica al nord vendeva al rappresentante in Lombardia, il rappresentante della Lombardia vendeva al rappresentante del Lazio, il rappresentante del Lazio vendeva al negozio di distribuzione, e il negozio di distribuzione vendeva all’ospedale”. Sprechi che finanziavano anche il vecchio management, spiega: “Hanno succhiato le tette alla vacca. La società di vigilanza è legata a Temperini, il vecchio direttore generale. Il primario si è fatto la società di rappresentanza medica… quando mangia il capo, mano mano mangiano tutti. L’Idi è diventato un magna magna”. Di sprechi ne elenca a decine: “Hanno preso in affitto in Calabria i saloni della Nautilus a 180mila euro al mese, che ora non pago più, per realizzare un centro di ricerca. Se vai ora non trovi niente neanche una scrivania”.

Negli elenchi del personale sarebbe poi spuntata una gigantesca parentopoli, con assunzioni pilotate, saltando i concorsi che, per legge, in questo di struttura sono obbligatori: “Il responsabile dell’ufficio relazioni con il pubblico è Gianni Decaminada, fratello di Decaminada, uno su due ha un parente diretto qua dentro. Ci sono cinque Nicolella, ci sono sei Temperini, ci sono quarantaquattro Decaminada”.

Quando Giuseppe Incarnato ha firmato il contratto di direttore generale degli ospedali della congregazione il vecchio management aveva già avviato l’ingresso di nuovi soci. La ricostruzione del direttore generale di Idi e San Carlo di Nancy apre uno scenario inedito su ciò che sta avvenendo nella sanità laziale: “Il fatto è molto semplice. La regione Lazio toglie il convenzionamento a tutti i privati e quindi a quel punto rimangono solo gli ospedali del Vaticano. Dicono: scassiamo questi ospedali, con l’aiuto dei manager interni facciamo in modo che vadano alla deriva e arriviamo con tre lire e ci prendiamo la gestione di tutto”. Un vero e proprio piano di conquista.

Il Congo e il petrolio

Giuseppe Incarnato conferma poi pienamente gli interessi dell’Idi nell’estrazione del petrolio in Congo, storia rivelata da Il Fatto Quotidiano lo scorso anno. “In cambio degli ospedali – racconta – il governo congolese passa alla congregazione le royalties sulle estrazioni petrolifere”. L’affare gira attorno alla società Ibos II di Kinshasa, diretta dall’ex Sismi Antonio Nicolella. Con una sigla fotocopia registrata in Lussemburgo, nel cui board entra lo stesso Nicolella il 22 febbraio dello scorso anno, come risulta da un verbale di assemblea dei soci depositato nella camera di commercio lussemburghese. “Il problema in realtà è che il 50% di queste royalties se li prendono Decaminada e i suoi uomini”, spiega l’ex manager di Unicredit. Il prelato, inoltre, sarebbe stato ridotto “ad obbedienza” nei mesi scorsi, “con una decisione presa direttamente da Benedetto XVI”. Posizione, quella di Decaminada, poi alleggerita – sostiene Incarnato – per i suoi stretti rapporti con il cardinal Bertone. Decaminada, contattato dal Fattoquotidiano.it, non risponde né sulla parentopoli, né sul Congo, né sull’obbedienza. “Parlate con il mio avvocato” dice. Il suo legale, contattato, non commenta. Parole pesanti quelle di Incarnato, dirigente di peso con un ruolo ai vertici del Crif, un istituto di rating europeo e membro dell’importante Ordine equestre dei cavalieri del santo sepolcro, associazione legata direttamente alla santa sede. Racconti che ora dovranno essere verificati dalla procura di Roma, in una sorta di caccia al tesoro perduto della Congregazione dei figli dell’immacolata concezione.

Fonte: Il Fatto Quotidiano 

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