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Sciasciarsi con i dischi di vinile

Anche le cose vere gridate dagli altoparlanti cominciano a suonare come menzogne (Leonardo Sciascia)

SCIASCÏARSI CON I DISCHI IN VINILE

Addò c’è gusto nun ce sta perdenza, ovvero: se fai qualcosa con passione non ci rifondi nulla. In realtà non è sempre vero. Sono molteplici gli esempi possibili ma se ne può focalizzare uno che ha a che fare con la musica e il web: i dischi in vinile ed eBay. C’è chi di recente si è lasciato conquistare dall’oggetto disco, sia 45 giri che 33 e addirittura 78, ovvero quelli non in vinile bensì in gommalacca e cioè la prima forma di disco fonografico che imperò nella prima metà del XX secolo. In qualsiasi fiera o iniziativa organizzata dai collezionisti è possibile trovare “pezzi”, non certo rari, a prezzi stracciati oppure eccessivi. Ovviamente, in genere il venditore saprà tirar fuori il meglio, con voce urlata e dispendio di aggettivi, per magnificarne sia la rarità che la qualità. Con due o tre euro ti puoi portare a casa dischi con copertine integre e mai usati oppure dissanguarti per un falso. In eBay, d’altronde, si spende anche dieci-venti volte tanto per prodotti usurati, cui vanno aggiunte le spese di spedizione. Molto meglio, quindi, girare, familiarizzare, conoscere gente, trattare. Ovviamente sussiste il rischio che i venditori, conoscendo i prezzi di eBay, si adattino tentando di lucrare il più possibile. È importante, pertanto, saper individuare le occasioni vere, avvicinandosi all’affare consapevolmente e, guarda caso, essere in condizione di navigare seduta stante, per confrontare i prezzi, può essere un ottimo strumento di conoscenza, di confronto. Tuttavia, va considerato anche che numerosi cantanti hanno ripreso a pubblicare dischi in vinile (Baustelle, Franco Battiato, Mario Biondi, Loredana Bertè, Carmen Consoli, Giorgia, Gianna Nannini …). Considerato che in Italia si smise di produrre dischi in vinile in larga scala nel 1993, plausibilmente il fenomeno prenderà piede, incidendo anche sui prezzi di mercato dei vecchi dischi del genere. Ciò dovrebbe accadere poiché soddisfa il bisogno dei non più giovani che per ragioni nostalgiche, ricordando quel particolare sonoro, volentieri sceglieranno dischi tra le nuove produzioni. Anche i giovani acquirenti dovrebbero essere interessati, essendo motivati dal bisogno di tenere tra le mani un disco che si presenta innanzitutto con la copertina, inevitabilmente appetibile, prodotta con le nuove tecniche di realizzazione delle immagini. Altre potenzialità non mancano certo a Napoli, dove qualcuno ha avviato un commercio inventandosi usi alternativi, trasformando i dischi in orologi da muro … Tutte categorie, queste, che potranno “sciascïarsi”, ma soprattutto le prime due, poiché anche l’occhio vuole la sua parte e i dischi in vinile sanno innestare il piacevole meccanismo che di solito è scatenato dai libri cartacei: c’è l’odore, c’è il fruscio dei fogli (della carta della cover), c’è qualcosa che ha a che fare comunque con ricordi più radicati dei prodotti tecnologicamente avanzati. È la stessa diversità che può emergere tra il guardare una fotografia della chitarra di Lenny Kravitz realizzata da altri o vedere lo strumento, invece, appeso a un muro, incorniciato, e fotografarlo così come ti va, magari cogliendo un riflesso che in futuro sarà capace di farti ricordare altre suggestioni. Per approfondimenti anche sulla tecnica di riproduzione del suono inciso su disco. Per saperne di più, invece, su “sciascïarsi” e “sciascïà” ma anche su sciàscia, sciascèlla, sciùscio, sciuscèlla, e catecatàscia. Sebbene non c’entri nulla e sia chiaramente una divagazione, profilandosi grazie al suono delle parole il ricordo di Leonardo Sciascia, è interessante anche l’analisi del cognome Sciascia, da cui emerge pure un legame con il mondo arabo e con quello ebraico. Infine, ricollegandosi al piacere di tenere tra le mani un disco in vinile protetto da una bella cover, non sfugge il termine “shasha” (suona sciascìa; in arabo: ﺷﺎﺷﻴـة, shāshiyya): è un copricapo tunisino, indossato dal mondo musulmano. La stoffa è prodotta da artigiani specializzati. Si lavora a lungo per farla infeltrire, dopo che le donne l’hanno lavorata a maglia, dando la forma di calotta. In seguito viene inzuppata e insaponata e sono i maschi a pestare le calotte con i piedi fino all’infeltrimento. Infine, si cardano ottenendo l’effetto del velluto colorato prevalentemente rosso vermiglio. Si può vederlo e approfondire. Non è difficile cogliere come possa essere bello “sciasciarsi” accarezzando la shasha e poi metterlo in testa. È un po’ come tenere tra le mani un disco, un libro e poi ascoltarlo, leggerlo.

Alessia Orlando e
Michela Orlando

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