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10 febbraio: una vittima a Napoli

10 febbraio 2001 NAPOLI

Muore a Napoli il giovane Giuseppe Zizolfi, 20 anni, che aveva tentato di inseguire due ladruncoli sorpresi a rubare nell’auto di un amico e aveva subìto un trauma cranico per lo speronamento del suo motorino. Era magra la vita che gli hanno rubato. Magra come lui, che l’aveva consumata per metà dietro il bancone di una macelleria. Magra come la speranza di tornare al lavoro dopo che, due settimane fa, il principale l’aveva licenziato. «Peppi’ , mi spiace – gli aveva detto -. Con ‘ sta storia della Mucca pazza, gli affari vanno male… Ripassa fra una quindicina di giorni, può darsi che le cose s’ aggiustano e allora…». E allora Giuseppe Zizolfi, con i suoi vent’ anni che sapevano poco di sorrisi, era tornato in negozio per vedere se c’ erano novità. Non immaginava certo che, di lì a poco, il destino gli avrebbe teso l’ ultima trappola, spingendolo a inseguire una coppia di balordi che aveva rubato lo stereo dalla macchina di Gennaro Grimaldi, un amico che lavorava nella stessa macelleria. I malviventi l’hanno prima seminato, poi si sono appostati a un angolo di strada e, appena Giuseppe è passato in sella al motorino, l’hanno affiancato e fatto rotolare sull’asfalto con un calcio. Per tre giorni, il ragazzo è stato ricoverato nel reparto rianimazione del Cardarelli. Alla fine, però, il suo cuore non ha retto. E soltanto quando le prime testimonianze sono venute a galla, s’è scoperto che quel decesso, in procinto di essere archiviato come uno dei tanti incidenti mortali provocati dal mancato uso del casco, nascondeva in realtà una terribile storia di violenza metropolitana, l’ennesima scritta con il sangue di un innocente. Peppe Zizolfi lavorava da quando aveva 10 anni e gli occhi spuntavano appena sul bancone della macelleria. Con un fratello e due sorelle più piccole di lui, il padre e la madre disoccupati, un alloggio pubblico promesso mille volte e mille volte sfumato dopo il terremoto dell’ 80, Giuseppe non aveva avuto scelta. Gli era rimasto un sogno, però. Uno solo. E se lo teneva stretto: voleva sposarsi nella Basilica dell’ Incoronata, a Capodimonte, una chiesa bianca e grande come una nuvola nel cielo d’estate. L’ aveva vista da bambino e se n’ era innamorato. Lì in quella chiesa è stato celebrato il funerale.

FONTE: fondazionepolis.regione.campania.it

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