
Del Rione Sanità e del suo percorso di riscatto e dignità ne abbiamo già parlato tante volte:
Il Rione Sanità riscoperto: da quartiere ghetto a modello economico da esportare;
Resis-Ti-Amo, la street art di Bosoletti al Rione Sanità.
Ora che anche l’Onu ha iniziato ad analizzare il fenomeno come modello di cultura e partecipazione attiva allo sviluppo del quartiere, racconteremo chi c’è dietro alle tante attività che hanno trasformato il Rione in una vera e propria officina culturale. Da quartiere ghetto è diventato un polo di attrazione turistica con le Catacombe ed il Cimitero delle Fontanelle; un laboratorio di idee e cultura con il Nuovo Teatro Sanità, l’Orchestra Nuova Sanità Ensembe e da poco anche con una biblioteca pubblica in un bene confiscato alla camorra ma soprattutto si è trasformato nel quartiere di Napoli con il più alto tasso di associazioni e movimenti cittadini, un numero in notevole crescita durante il 2016.
Da un lato c’è la sperimentazione, la partecipazione e l’attivisimo mentre dall’altro continuano ad essere presenti problemi come disoccupazione giovanile, abbandono scolastico e i ragazzini arruolati dalla camorra. I militari in divisa ormai sono una presenza fissa dinnanzi alla Chiesa di Santa Maria alla Sanità, controllano il territorio con un fucile in braccio ma in realtà chi ha davvero la percezione di quello che accade in questo luogo ricco di contraddizioni è chi lavora tutti i giorni con bambini e ragazzi fino ai 18 anni.
Proprio per questo abbiamo intervistato Giuseppina Ottieri, presidente dell’ASD il Fazzoletto di Perle e ideatrice del progetto Ultravioletto, il quale abbina l’arte urbana con artisti internazionali come Francisco Bosoletti, Tono Cruz, Mono Gonzalez e Matu al recupero della memoria storica della zona delle Fontanelle attraverso laboratori creativi ed occasioni di incontro e studio.
1) Che cosa è il progetto Ultravioletto e da cosa deriva il titolo? Come è nata l’idea?
Ultravioletto è quello che c’è oltre i colori dell’arcobaleno. I nostri occhi non lo vedono, sebbene i nostri corpi ne subiscano gli effetti, sia buoni che cattivi. Ma la cosa incredibile è che ci sono altre specie viventi, come le farfalle, che hanno occhi in grado di percepire queste lunghezze d’onda e di renderle funzionali alla sopravvivenza.
Il titolo del progetto è un invito ad allargare i nostri confini percettivi e interpretativi del mondo aprendoci al dialogo con chi è diverso e rispettandolo per le sue peculiarità, che possono portarci un arricchimento nemmeno immaginabile.
Ultravioletto è un progetto che lavora in maniera trasversale sul tema della diversità come risorsa. Lo fa attraverso alcuni canali come l’arte, la musica, le attività di educazione al rispetto per l’ambiente e le minoranze. Lo fa a partire dalle persone e dai luoghi del rione Sanità di Napoli, impegnate sia nella fase di ideazione che in quella operativa., ma attua collegamenti con realtà affini sia in Italia che nel mondo.
Oltre alle opere d’arte partecipata che stanno colorando il quartiere grazie alle mani e al cuore generoso degli artisti coinvolti nel progetto (Francisco Bosoletti, Mono Gonzalez, Tono Cruz e Matu), stiamo lavorando anche a uno spettacolo teatrale nato da un laboratorio volto al recupero della memoria storica delle Fontanelle, che verrà rappresentato a Città della Scienza domenica 18 dicembre attraverso una narrazione tessuta da Roberta Balestrucci e Imma Napodano. Una immersione in un rione Sanità ormai invisibile, riscostruito grazie alle persone originarie del quartiere, i cui ricordi sono stati intrecciati con le suggestioni evocate da parole ormai sconosciute nei bambini del laboratorio teatrale di Pizzicalaluna, un centro infanzia di Bagnoli.
C’è una mostra, inaugurata il 3 dicembre alle Fontanelle, che girerà l’Italia e a febbraio sarà al teatro del Lido di Ostia, e un progetto di zooantropologia didattica che ha già un primo appuntamento a gennaio a Ragusa.
E tante altre cose…
2) Ormai tra l’artista argentino Bosoletti ed il Rione Sanità c’è un legame particolare, crede che ci sia la possibilità di nuove collaborazioni per il futuro?
Francisco è una grande anima. Come ogni pezzetto di mondo in cui ha viaggiato, anche il rione Sanità ama molto lui e la sua arte, in un modo forse più impetuoso e appassionato.
Ci sono nuovi progetti, che presto vedranno la luce.
3) Attraverso la street art e tante altre attività, il Rione Sanità sta riscoprendo una nuova consapevolezza del territorio e delle tante risorse promosse in questi anni, come vede il futuro di questo quartiere e soprattutto come vede il cambiamento nella quotidianità dei cittadini che ci vivono?
“La mappa non è il territorio, e il nome non è la cosa designata.” E’ la frase di Alfred Korzybski che è una sorta di epigrafe del nostro progetto. La Sanità viene spesso raccontata attraverso filtri percettivi opprimenti, che non lasciano nemmeno trasparire tutto il lavoro che si sta facendo.
Le persone del quartiere hanno ora nuovi linguaggi e differenti canali per raccontare un territorio attraverso mappe che loro stessi possono contribuire a disegnare.
“Speranza nascosta”, l’opera che Francisco Bosoletti ha dipinto sul muro della Tenda per Ultravioletto, richiede un filtro per essere decifrata, una percezione attiva che dimostri la volontà, in chi osserva, di spingersi oltre quello che gli occhi fuggevolmente testimoniano e di partecipare alla costruzione dell’immagine rappresentata.
4) L’Onu sta studiando il Rione Sanità come modello di sviluppo locale attraverso la partecipazione dei cittadini alla promozione dei un patrimonio turistico e culturale inestimabile, quale è secondo lei l’elemento vincente della rete di associazioni ed imprese private che ha portato questo risultato così soddisfacente?
Il rione Sanità è il luogo dell’accoglienza. Da sempre. Sotto la basilica di Santa Maria della Sanità ci sono le catacombe di San Gaudioso, un vescovo africano che scampò alle persecuzioni di Genserico fuggendo in Italia insieme ad altri esuli su una nave senza vele e senza remi che non doveva essere molto diversa da quelle con cui arrivano oggi altri esuli. Credo che l’elemento vincente sia pensare al proprio pezzetto di mondo come a un territorio di ricerca sulle ricchezze che nascono dall’incontro di ambienti e culture differenti. Spesso i luoghi abbandonati dall’uomo sono per la natura le uniche oasi urbane in cui può trovare campo espressivo la biodiversità. Gilles Clement, nel Manifesto del terzo paesaggio, ha affermato la necessità di nobilitare gli spazi residuali, rendendoli visibili all’uomo e facendo accettare il presupposto che questi spazi hanno un loro codice che può rimanere indecifrabile. A meno che non siamo disposti a lasciarcelo raccontare imparando un codice differente….
Nicoletta De Vita
Radio Siani la radio della legalità