Home / Magazine / Recensioni / Il ponte delle spie

Il ponte delle spie

1957, Guerra Fredda. A New York è scoperto lo spione sovietico Abel: è scelto l’avvocato Donovanper la sua difesa, che riesce a non farlo condannare a morte. 1961: nei cieli russi viene beccato il ricognitore spia U2; è catturato e condannato il pilota Gary Powers. Chi andrà a fare lo scambio tra i due? La caratteristica del cinema di David Spielberg, regista e produttore di questo film (USA, 15), è  la suaeticità; specialmente in quelli storici. Qui, l’agente della CIA comunica all’Avvocato (Tom Hanks) le “regole” del  “funzionamento” del conflitto USA-URS,costui risponde che l’unica “regola” valida, l’unica vera differenza “tra loro e noi”, è la Costituzione degli Stati Uniti. Il regista e i suoi sceneggiatori, tra cui i fratelli Coen(i registi, qui solo collaboratori di Spielberg), sono partiti dalla biografia dell’avv. Donovan. La sua è un’epica “quotidiana”, in tono minore: Hanks, bravissimo,  è il contrario dell’eroe Marvel. Lo spione sovietico, lo definisce “uomo tutto d’un pezzo”. Tale pertinacialo porta, a gestire la difficile trattativa dello scambio sul Ponte di Glienicke. E anche qui lui si “prende cura” di un altro giovane americano, rimasto nella Berlino sbagliata,da lui imposto nella trattativa.Il film affronta non solo sulla dicotomia valoriale USA-URSS, ma su come questa attraversi la nazione americana: come con la sciagurata e perdente aggressione in Vietnam. Ma quel sistema di valori ha facilitato l’implosione del “sistema mondo” sovietico. Le sequenze, di un’efficace orripilanza quasi horror, ritraggono un’allucinata Berlino Est, e un intero sistema sociale-politico. Accanto al protagonista, è da lodare lo “spento” ma attentissimo e umano spione: l’inglese Mark Rylance.

Francesco Capozzi

Vedi Anche

Creed II

Il giovane Adonis, riceve la sfida di Viktor, figlio di Ivan “ti spiezzo in due” …