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La Napoli dimenticata

Quando fatti di cronaca come l’omicidio del piccolo Genny, si ripropongono in maniera seriale, sarebbe giusto porsi molti interrogativi, del tipo, perché questi ragazzi non vanno a scuola? Perché non lavorano? Perché sono scelti dalle famiglie malavitose? Perché accettano e preferiscono diventare spacciatori? Perché questi ragazzi non sono seguiti? E perché lo Stato si è dimenticato di loro? Troppe domande vero, ma cercare la risposta a queste domande, sarebbe forse il più grande passo avanti che si possa mai fare nel contrasto alla camorra, ed alla malavita in generale. Scegliere di inviare altri cinquanta poliziotti, nella città di Napoli, per tenere sotto controllo lo spaccio e le azioni criminali, agli occhi di tanti è sembrato, un gesto immediato, spinto dall’impulso, ma con poco impatto, per poter dare una sterzata a questa piaga; coloro che conoscono davvero il tessuto sociale dei quartieri di Napoli, sanno bene quali sono le necessità, dei molti giovani, e sanno bene che il vero contrasto alla camorra si fa rispondendo alle benedette domande su elencate.

L’unico Stato, citando Saviano, che è presente in questi quartieri, sono la parrocchia, e le associazioni di turno, che costantemente, quotidianamente, combattono, contro qualcuno e qualcosa, che, solo a volte, può sembrare più forte di loro. E il grido di noi tutti, è proprio questo, quel ‘solo a volte’, purtroppo è già sufficiente per rigettarti nell’oblio, e fa perdere le certezze. La faida, richiamando Saviano e, come anche detto da Padre Alex Zanotelli, si è spostata tra le nuove generazioni, e la continuità che questi possono garantire a questa guerra fa venire la pelle d’oca. La cosa più brutta che si può riscontrare per strada, è l’abitudine a tutto ciò che ci circonda, consapevoli che un morto ammazzato c’era e ci sarà sempre, perché Napoli è questa, pizza, mare e camorra.

Fabio Noviello

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