En este santo lugar oró Colon (In questo santo luogo pregò Colombo).
Su una lapide all’ingresso del Museo di Casa de Colón, Las Palmas, Gran Canaria
“Viaggiare? Per viaggiare basta esistere (…). A che scopo viaggiare? A Madrid, a Berlino, in Persia, in Cina, al Polo; dove sarei se non dentro me stesso e nello stesso genere delle mie sensazioni? La vita è ciò che facciamo di essa. I viaggi sono i viaggiatori. Ciò che vediamo non è ciò che vediamo, ma ciò che siamo” (F. Pessoa).
FOTOGRAFANDO, VIAGGIANDO
“Sto fotografando” è una tipica perifrasi. È retta da un gerundivo di tipo intenzionale. L’azione è nel presente ma si individua una singolare sollecitazione che quasi la collega a un’altra perifrasi, a un altro gerundivo di tipo intenzionale, che in realtà è caratterizzata dall’azione collocata nel futuro: “Sto scendendo”. Il tempo in questo caso può dilatarsi e molto. Potrei decidere di lavarmi i denti, prima di avvicinarmi al primo gradino o di varcare la soglia; potrò essere costretta a rispondere al telefono o a spedire una mail; potrei andare in crisi nello scegliere le scarpe: Quali stanno meglio con il blu jeans (e la maglietta), quelle col tacco basso e senza lacci o quelle con i tacchi a spillo (così cadrò ancora più facilmente …)? E così via. L’azione potrebbe anche essere solo ipotetica. Si potrebbe, infatti, cambiare idea, non scendere più, così come potrebbe anche esserci un contrattempo. Si potrebbe ruzzolare per le scale, a esempio, così da essere poi trasportata in ospedale o, toccando ferro, al cimitero.
Va da sé che quando si fotografa si è comunque collocati in un viaggio. Esso può essere solo interiore o estetico; magari è un itinerario culturale che ti sta facendo ragionare sulla fotografia dei grandi fotografi, quelli che hanno tracciato solchi incancellabili e inarrivabili eppure ti attirano, costringendoti a confrontarti con sensibilità e tecniche irraggiungibili. Ti smonteranno le vette da loro raggiunte ma val la pena lo stesso tentare di produrre una immagine a tua somiglianza. Ovviamente si può anche viaggiare davvero e può bastare percorrere la strada dove risiedi con l’intento di guardarla attraverso l’obiettivo, scoprirne la vera natura, la gente, i problemi, le bellezze che certamente ha e che vorresti condividere. Può anche essere un viaggio vero che hai intrapreso in inverno perché sai di aver esposto troppo poco la tua pelle al sole nella scorsa estate (sempre protetta dalla crema con la giusta gradazione, ovvio … che altrimenti invecchia prima), essendo stata costretta a lavorare per sopravvivere, come tanti. Può anche darsi l’ipotesi che qualcuno ti ha raccontato di Cristoforo Colombo e che prima di partire per realizzare le sue scoperte, non da poco, usava andare a pregare in una certa chiesa, abbastanza lontana dai confini italici …
Insomma: ogni scusa è buona, sia per partire che per fotografare e si può fare se riesci a pianificare, a prenotare un volo per tempo, in maniera da spendere poco. La chiesa di cui si diceva è in Spagna, a due passi dal Marocco, dal deserto del Sahara ed è nota appunto come Casa di Colombo, Casa de Colón, uno degli edifici più affascinanti di Las Palmas, Gran Canaria. È dotata di portali con splendide decorazioni. Sulla piazzetta dove è collocata danno bellissimi balconi a graticcio. Nell’interno ci sono ampi cortili e i soffitti sono rifiniti con legno intagliato, tipici dell’isola. Era la residenza dei primi governatori e Cristoforo Colombo vi soggiornò nel 1492. Ancora, forse, non sapeva che avrebbe scoperto le Americhe ed era preoccupato: una delle sue tre navi aveva problemi e doveva essere riparata. La costruzione risale al 1777 e dal 1952 ospita un museo con tredici sale, oltre a una biblioteca e a un centro studi. In esposizione straordinari reperti precolombiani e anche la riproduzione di una cabina di La Niña …
È solo uno dei posti da vedere, come tanti altri dispersi per il mondo, e fotografare giacché anche nel web, tutto sommato, ce ne sono ancora poche di tracce apprezzabili.
Alessia Orlando e
Michela Orlando