Lasciami volare

Il ‘Pesciolinorosso‘ prova a trasformare il dolore in energia positiva

“Come diceva già 30 anni fa Ugo Mulas la Fotografia non deve essere bella, deve essere buona. Era facile farla bella una volta, è facilissimo oggi. I veri fotografi a questo dovrebbero servire, a fare della buona fotografia, non a fare della bella fotografia”. (Settimio Benedusi)

FOTOGRAFARE: UNO SCHERZO E LE PROFONDITÁ DELLE TRAGEDIE UMANE

Parlare di fotografia, così come il praticarla, è come parlare di vita, così come di viverla. Significa avere mille dubbi e porsi infinite domande. Ciò non fosse altro per il fatto che è la curiosità a spingerti a guardare il mondo attraverso quella specie di serratura che è, in fondo, l’obiettivo fotografico. Sì, dapprima ti poni domande. Possono avere il sapore leggero, magari divertente, spingersi sino alla comicità di uno scherzo o entrare lentamente nelle tenebre, giungere nelle profondità delle tragedie umane che non sono mai prive di ‘perché?’ senza risposte. Ma poi impugni la fotocamera, come ti hanno insegnato o hai visto fare per tenerla ben ferma, e scatti, scatti a ripetizione. Oggi si può farlo facilmente, tanto con le digitali non spendi altro che un po’ di energia per ricaricare la batteria e il tuo tempo … Ciò prima di capire che quella azione forse andrebbe meditata, almeno un attimo. O forse no? Forse possono bastare gli automatismi di cui la fotocamera è dotata e un intervento in post produzione (Photoshop e non solo)? Non accade lo stesso quando sei alla guida dell’automobile, dopo venti anni di esperienza? Mica te ne stai a dire: Quella è una curva a destra. Devo ruotare lo sterzo di 45° altrimenti finisco contro quel muro… Lo fai e basta. La tua cabina di regia, il cervello, lo sa. Tante domande, quindi, ma l’interrogativo più comune è: Basta la fotocamera a fare un grande fotografo? È sufficiente a produrre una bella fotografia (cosa ben diversa da buona fotografia)? D’impatto: se così fosse, ci verrebbero in mente i nomi di tutti i ricconi del mondo come grandi fotografi!

Non si tratta di una questione di lana caprina e la domanda non è posta solo dai fotoamatori principianti. Il quesito è stato sollevato ad altissimi livelli, di recente, da quel Maestro che è Settimio Benedusi, le cui immagini formidabili si possono vedere anche qui. E siccome questi grandi nomi sono per principio tenuti a passare dalla teoria alla prassi, si può scoprire cosa ha combinato, dimostrando ulteriormente la sua creatività, qui,  dove, tra l’altro, segnala: “Spesso e volentieri, nelle mie conferenze, racconto che, al giorno d’oggi, scattare delle belle fotografie sia estremamente semplice. Talmente semplice che, ho sempre teoricamente sostenuto, anche un non fotografo bendato potrebbe andare in giro e portare a casa del materiale che un po’ photoshoppato potrebbe essere definito bello”. Vediamo, in sintesi, la sostanza dello scherzo benedusiano: “Ho pensato allora di fare come negli esperimenti scientifici: andare a verificare sul campo la mia teoria”. E ha coinvolto il suo barbiere, Rocco (lo si può vedere nell’articolo di cui sopra), chiamato a scattare una fotografia ma da bendato! Come non bastasse e per conseguire la cosiddetta validazione scientifica, il risultato dell’esperimento, ovvero una buona fotografia, è stato spedito al prestigioso sito della rivista Vogue. Ovviamente: la foto è stata pubblicata, soddisfacendo la esigenza di verifica della teoria benedusiana ma non solo. Per la verità, il buon Rocco adesso è presente nel sito di Vogue, con il suo scatto in cui ha immortalato una modella inserita, per usare un termine sin troppo abusato, in una splendida location, ma grazie a un trucco che non si svela e che non ha nulla a che fare con la fotocamera. Ciò per non ridurre l’efficacia dell’articolo di cui sopra, che insegna anche a farli in proprio questi esperimenti. È garantita una buona dose di divertimento puro.

Si tratterà di scoprire come non ci sia soluzione di continuità nell’apprendere le tecniche fotografiche e qualsiasi occasione è buona per fare sempre meglio. L’energia che induce a fotografare può erompere dal grembo di una donna e manifestarsi con il primo pianto di una creatura, così come la puoi individuare nel pulsare di una stella, perduta tra il buio dell’universo.

Si tratta solo di sguardi rivolti ad altezza d’uomo o di occhiate verso l’alto dei cieli. Apparentemente c’è poca differenza.

La fotocamera la si può utilizzare in entrambi i casi. Non si può certo trovare inopportuno fotografare il momento del parto. Lo si dovrebbe collegare a qualcosa di gioioso che, senza alludere a idee filosofiche, incide nella vita di una donna, di una coppia, di una famiglia e via via nell’umanità. Tante domande potrebbero collegarsi a faccende di questo tipo. Eccone due: Cosa si sarebbe se non ci fossero più eventi del genere? Dove andrebbe l’essere umano? La loro importanza induce ad armarsi di macchina fotografica e potrebbe andar bene anche una usa e getta. Conterebbe, ma è una costante per chi fotografa da tempo, più la situazione e l’approccio che lo strumento utilizzato per fissare attimi irripetibili. Chi negherebbe mai un ‘mi piace’ a una fotografia sfuocata, danneggiata da una dominante rossa o addirittura mossa?

Più facile e meno coinvolgente, forse, il gesto del fotografare l’impalpabile energia di una stella. La vedi, lì, che sembra occhieggiarti nella sua apparente immobilità. Sembra viva e vegeta, in ogni caso, e, pertanto: stupore. Bellezza estatica inspiegabile. Perché mai dovresti porti domande? Sai solo che quella staticità apparente la devi fissare in una immagine. E qui casca l’asino! Non è certo facile la fotografia notturna… Devi preoccuparti di mille aspetti, non escluso il cosiddetto ‘rumore’ (il rumore di luminanza, affrontato già qui, con l’indicazione di una pregevole pagina di approfondimento). Non basterà una usa e getta. 

E cosa accade se quel neonato o la stella vengono fotografati con una apparecchiatura di pregio, già predisposta per fare una ottima fotografia? È davvero richiesta la mano di un grande fotografo, magari di un artista della fotografia? 

Ritornando alla neonata creatura: inizia una avventura. Le foto si succederanno incessantemente, seguendola nel processo di crescita ma senza riuscire mai a diffondere il suo odore: le poppate, i primi tentativi di bere al bicchiere, i primi passi e le inevitabile cadute, il primo giorno di scuola, la prima gita scolastica, le prime feste, la prima uscita da soli e i genitori ad attendere ansiosi… È, forse, una preoccupazione inutile e priva di fondate ragioni quella che ti brucia dentro? Purtroppo no. I reiterati gesti d’amore di genitori che fotografano i figli, magari rispettando la fondamentale regola etica di non pubblicare le loro immagini nei cosiddetti social, non bastano. Non si può certo limitare a quello la fase di accompagnamento alla crescita come, purtroppo, insegnano mille vicende. E anche quando si fa tutto scrupolosamente, non mancano le storie che finiscono male, che restano inspiegabili. Una su tutte, struggente, è quella di Emanuele Ghidini. Se entri nel sito della Fondazione Ema.Pesciolino rosso, ti imbatti subito nel suo sorriso. Veloci approfondimenti; giri in qualche pagina facebook… e lo si vede in mille altri scatti. Domina sempre il suo sorriso formidabile. È presente nel web così come nella mente dei genitori e di quelli che lo conobbero. Eppure non c’è più. Scelse di fare un volo notturno, letteralmente volare, nelle acque gelide di un fiume, nel luogo dove da piccolo con il papà aveva tentato di ridare vitalità a un pesciolino rosso. È così Ema, come lo chiamano tutti, è come quella stella che hai tentato di fotografare, nella notte. Ne vedi ancora la luce ma è partita tanto tempo fa. Forse è spirata, ormai, ma è ancora bella. E sembrerebbe volerti abbracciare. Per sempre.

Alessia Orlando e
Michela Orlando

Vedi Anche

Marchette

Cambi di senso senza modificare l’ordine delle lettere … l’Italiano ma anche i vari vernacoli, …