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Esempio di vita oltre l’abito talare

Quando si scrive o si racconta con qualunque mezzo una vittima innocente di criminalità, una vittima di amfia, il momento topico è il racconto della morte. L’accento viene posto quasi sempre sul punto più doloroso e di sicuro di alto rilievo storico, ma al contempo anche l’atto finale di una vita intera. Si stata essa breve o lunga.
Il 19 marzo si ricordano tre vittime, come abbiamo scritto nella sezione dedicata, che quotidianamente aggiorniamo per mantenere vivo il ricordo di queste persone. Tra queste quella più riconosciuta è don Peppe Diana. Ucciso nella sagrestia della sua parrocchia nel comune del casertano Casal di Principe.

Giuseppe Diana nasce in quella stessa città il 4 luglio del 1958. La sua si può definire di impegno civile. Don Diana andava oltre l’abito talare. Non si limitava a fare il sacerdote e a sanare le anime in vista di quello che i credenti di fede cristiana chiamano paradiso.
Peppe Diana entra nel gruppo scout, dove assume il ruolo di guida, e dove resta anche dopo l’ordinazione sacerdotale del 1982. Sette anni più tardi diventa
 parroco della parrocchia di San Nicola di Bari in Casal di Principe.
Negli anni dell’assoluto dominio della camorra casalese don Diana mette le parole e la faccia contro questo potere. Una sola persona non può però abbattere un sistema, soprattutto se fiorente anche nelle connivenze amministrative, politiche e imprenditoriali, come era in quegli anni, e ancora oggi, la camorra di Casale.

Alle 7.25 del mattino del 19 marzo del 1994, nel giorno del suo onomastico, la camorra decide di mettere fine alla vita di don Peppe Diana. Mentre si accinge a indossare i paramenti per celebrare la santa messa un killer irrompe nella sagrestia e con cinque colpi di pistola mette fine alla vita del sacerdote. Due proiettili alla testa, uno al volto, uno alla mano e uno al collo: muore all’istante.

A diciannove anni di distanza da quel tragico giorno don Giuseppe Diana viene ricordato in diverse scuole, piazze e sedi di associazioni della Campania, e di altre zone d’Italia. Una frase celebre di don Peppe Diana è conosciuta da molti. Spesso anche abusata. “Per amore del mio popolo non tacerò”, disse durante un’omelia, dal pulpito della sua chiesa il sacerdote di Casale. Un monito che è di esempio, così come l’esempio di vita di questo uomo ha spinto molti nel casertano a mobilitasi nell’impegno civile quotidiano e fattivo. Purtroppo non tutta Casal di Principe risponde presente alla commemorazione. Senza scomodare la camorra, che chiaramente osserva quanto avviene in queste ore, basta fermarsi ad una scuola. La dirigente scolastica dell’Itc “Guido Carli” di Casal di Principe ha deciso di non far partecipare i suoi alunni alla manifestazione in ricordo di don Diana prevista per questa mattina. Una sconfitta. Senza ombra di dubbio.

Ciro Oliviero

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