“SAFE HOUSE. NESSUNO E’ AL SICURO”.
A Città del Capo in una delle Safe House, case iperprotette della CIA, è custodito l’ex agente Frost: ma sono in molti a volerlo far furori. Perché? Il film (USA, 12) è tosto e adrenalinico: vede il protagonista Denzel Washington, che sembra un cattivo, alle prese con altri peggiori. La tostaggine del suo fare ricorda un altro film da lui interpretato ”Codice: Genesi” (2010). Tutti e due obbediscono a due caratteristiche: sono da lui coprodotti, e lanciano un messaggio civile. Nel primo si parla di un futuro apocalittico, causato dall’incuria ambientale; in questo di un intervento alla WikiLeaks: la messa in rete, come unica garanzia di trasparenza e di sicurezza, di un nutrito elenco di agenti corrotti delle varie Agenzie Usa. Ed è anche l’unico modo per farli acchiappare. Ovvero: un ineccepibile film commerciale, del più tradizionale mainstream hollywoodiano, sposa il messaggio degli Indignati, che con la Rete, danno un nome e cognome ad alcuni dei molti colpevoli del catafascio contemporaneo. Il film si lascia seguire per l’efficacia della tenuta narrativa e della strana ambientazione. Il lavoro che ha fatto il Direttore della Fotografia, Oliver Wood, è valido per l’originale atmosfera che ne è resa. Ma il montaggio di Richard Pearson, è la vera arma che rende smagliante il film: il suo ritmo è tradizionale, ma mozzafiato e altamente professionale. I vari protagonisti, sia il carisma di Washington che la concentrazione di Ryan Reynolds, che degli altri eccellenti comprimari, sono seguiti dalla regia dell’esordiente su grande schermo Daniel Espinosa.
Ciccio Capozzi