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Veleno

In un paese del casertano Cosimo ed Enzo, fratelli agricoltori hanno un approccio opposto al loro rapporto con la terra. Enzo vorrebbe disfarsene e abbandonarla a abietti speculatori che vi vogliono interrare rifiuti pericolosi;

Cosimo, invece vuole resistere e non piegarsi. Ma il veleno dei rifiuti ha corrotto irrimediabilmente l’acqua e la stessa aria. Diego Olivares, è il regista e sceneggiatore (con la collaborazione di Marcello Oliviero) del film (ITA, 17), che è stato in concorso a Venezia 17. Ha tratto l’idea da uno spunto reale documentatogli dal produttore del film Gaetano Di Vaio, con la sua Company “Figli del Bronx”. Già il produttore è un personaggio veramente particolare e degno di nota: si è accostato al cinema provenendo da ambienti non propriamente tradizionali: non è che sia un cinefilo o un intellettuale. Spesso ha dichiarato di essere uno “del popolo” (“..e’ mmiez’a’via”, di mezzo alla strada: ovvero ha praticato quelle zone grigie di contorno alla malavita). Però, non solo ne è uscito, ma ha deciso di dedicare la sua vita all’impegnoculturale: che per lui è letto come una liberazione da quella passività mentale di cui si nutre la malavita in ambienti degradati. Vi ha profuso grandi energie e intelligenza. Ha prodotto film come il presente, l’interessante “La bas. Educazione criminale” di Guido Lombardi(11) e l’acclamato “Per amor vostro” di Beppe Gaudino (15). Ma anche il regista non scherza quanto a singolarità. Gli sono accreditati alcuni film di realtà, ma di fatto ha scritto e diretto un solo altro filmfictional, “ICinghiali di Portici” (03) su una squadra di Rugby, ambientato nella nostra ridente cittadina vesuviana: opera di tipo particolare e sperimentale; però intrigante e ricca di umanità. Eppure, il controllo professionale e artistico del film del 17 -di 14 anni successivo al primo-, è assoluto: rivela talento a capacità di padroneggiare una storia così drammatica senza farsi distogliere dalla coerenza e tenuta rispetto ai temi messi in campo. E’ costruito un rapporto visuale con la terra, intesa in senso non solo produttivo, ma anche come dimensione ambientale e personale: ed è un rapporto profondo, da parte dei due protagonisti. Rapporto vissuto in senso opposto: l’uno come desiderio di fuga, l’altro come senso di appartenenza e di dignità ottenuta attraverso il lavoro. Come il regista ha precisato nelle sue “Note”. Non vi sono svenevolezze cromatiche: anzi, la foto, curata da Andrea Locatelli, accomuna la sua descrizione di luce attraverso toni ingrigiti, non squillanti. Essi sono tali da far risaltare sempre più le dimensioni globali e il loro rapporto spaziale-narrativo con le persone dell’insieme delle cose, siano esse oggetti, macchine, masserizie e perfino mobili in casa. Insomma: essi tutti, buoni e cattivi, spregevoli o ambigui, “appartengono” e sono la risultante dinamica di quelle terre. E’ una scelta che rivela polso autorale. Gli stessi cattivi lo sono in una dimensione verghiana (mi riferisco a “I Malvoglia”): sono tali, ma sono parte di una comunità, in cui i rapporti vengono dal passto, non sono impersonali: si conoscono e si praticano, non sono lontani l’uno dall’altro. Sono costretti a mantenere nell’esteriorità sociale un tono non immediatamente violento. Eppure la limacciositàe la violenza oscura della cultura camorristica è fortemente presente; invade gli ambienti e avvelena terra e aria: vi prende il sopravvento. E là vi è compresa anche la sua auto distruttività, che funziona da “giustizia poetica”. Anche se la speranza riparte dalla positività dell’atteggiamento della moglie, una splendida e matura Luisa Ranieri, perfettamente in parte: anzi, se volete saperlo, a me ricorda la Magnani… Massimiliano Gallo ha quel mix di umanità e di forza, e di senso di appartenenza a quella linearità familiare, molto profondo e silente, non esibito. Nando Paone è perfettamente osceno nel suo essere ipocrita e lurido: è dei grandi attori comici sapere essere tragici: raramente il contrario. Salvatore Esposito, sa tenere botta a questi suoi grandi colleghi.

 

Francesco Capozzi

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