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Luca Pollini: “Il Festival di Re Nudo un opportunità artistica che mantiene viva la cultura alternativa”

Grande successo per la seconda edizione della rassegna di cultura alternativa “Le notti dell’Underground – Il Festival di Re Nudo”, organizzato da Re Nudo in collaborazione con La Fabbrica del vapore e svoltasi dal 5 al 8 Giugno a Milano. Un affluenza incredibile, che ha riconfermato e aumentato, in termine di presenza, quella del 2024, grazie anche al coinvolgimento di tantissimi giovani artisti indipendenti, veri protagonisti della manifestazione, che hanno deciso di sposare il tema scelto per questa edizione, il change engagement. Gli eventi in cartellone sono stati 52, tra presentazioni, talk, dibattiti, musica e cinema, ma anche forte la presenza di proposte teatrali. Un festival, che incarna e tutela la vera cultura alternativa, e si propone di far da ponte tra la proposta e l’impegno civile – come ha ricordato Luca Pollini, direttore di Re Nudo. In un momento storico delicato, e labile, emerge la voglia di speranza, soprattutto per una cultura underground priva di veri spazi alternativi, e dominata da uno schiacciante mainstream, la rassegna, incarna un baluardo di libertà artistica, tutt’oggi, di fondamentale importanza per il contesto culturale del nostro paese.

Dottor Pollini, innanzitutto quali sono state le differenze, rispetto alla prima edizione, del festival “Le Notti del Underground- – Il Festival di Re Nudo”?

Le differenze sono diverse, innanzitutto si parte dalla durata, la manifestazione quest’anno si è allungata di una giornata, con un maggior numero di spazi. Siamo stati molto entusiasti perché abbiamo ricevuto un gran numero di proposte, rispetto allo scorso anno, precisamente 164 per il 2025, contro le 140 del 2024, e abbiamo ritenuto opportuno accettarne 46. Il calendario è stato ricco, con ben 52 eventi in programma, e cosa importante, hanno parteciperanno 103 artisti under 30.

Il Tema scelto per questa edizione è stato Change Engagement. Come mai questa scelta?

La nostra missione è utilizzare l’arte come strumento di critica sociale. Riteniamo importante creare un ponte, tra la formazione artistica e l’impegno civile, quindi abbiamo ritenuto necessario, chiedere ai ragazzi che cosa ritenevano opportuno cambiare per essere “ingaggiati”. Quindi, la nostra richiesta nei loro confronti è partecipare al cambiamento, che passa attraverso le loro proposte artistiche. Questa svolta, deve partire da loro stessi. Noi offriamo sicuramente gli spazi, la comunicazione e un panorama di opportunità, ma sta a loro essere in prima fila.

Oggi i giovani artisti convivono in un contesto socioculturale molto labile e sottile, dalle guerre sino alla violenza. Cosa raccontano i 46 progetti selezionati?

Sicuramente emerge dalle loro opere una consapevolezza del momento che stanno vivendo e soprattutto una preoccupazione sul domani, o meglio il loro futuro. Tra le loro proposte emerge però, anche tanta speranza, fortunatamente, ma cosa meravigliosa è che si è creata una bellissima rete tra di loro, di comunicazione e dialogo sia artistico che culturale, che fa sperare bene per un domani migliore.

Che valenza e che apporto può dare, in termini di creatività e cultura alternativa, il vostro Festival?

Può dare sicuramente un buon apporto, in termini culturali e artistici, soprattutto perché spazi per proporre una cultura undergorund e alternativa sono sempre più rari, anzi quasi inesistenti. Questo mi è stato riportato proprio dai giovani che hanno partecipato al call. Il fatto di averli ingaggiati e accomunati in questo gruppo, fa si, che nel nostro piccolo, diamo comunque una visibilità e un opportunità ad tante figure che rimarrebbero nascoste. Purtroppo, non ci sono spazi, o sono sempre minori, è tutto rivolto al mainstream, quindi chi ha una vena artistica, maggiormente alternativa, fa davvero tanta fatica ad emergere. Nel nostro piccolo, ci impegniamo a regalare una possibilità.

Un festival pensato come laboratorio culturale, infatti, quest’anno ci sono state tante iniziative legate al mondo dei cortometraggi e della musica. Giusto?

Si, quest’anno abbiamo avuto la sezione “alternativa corta”, a cui hanno partecipato 14 giovani registi, che hanno proposto i loro lavori, pellicole che andavano dai 18 ai 35 minuti, poi abbiamo avuto due set musicali, uno acustico e uno elettrico,. Tra le proposte ricevute, la parte del leone, l’ha fatta l’arte del teatro, con monologhi, performer teatrali, piccole rappresentazioni, poi abbiamo avuto anche momenti dedicati a talk, laboratori, anche presentazioni di libri. In questa edizione abbiamo abbracciato la cultura a tutto tondo e a 360 gradi.

Se dovesse definire con un aggettivo, il festival di quest’anno, quale sceglierebbe?

Sicuramente l’aggettivo che sceglierei è coraggioso, perché i ragazzi hanno dimostrato di andare controcorrente, contro un flusso di omologazione molto forte, e invece cercano di realizzare o proporre idee molto alternative, in un mondo dove prevale la commercializzazione e il mainstream. Direi che la loro strada è piuttosto difficile, proprio perché sono di tendenza, il loro è un coraggio, come quello de festival, che si inserisce in un momento storico altrettanto difficoltoso. 

Sergio Cimmino

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