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Quando un album di Johnny Lee Hooker può cambiarti la vita

Quale migliore occasione di un concerto blues per donare al Cpa di Port’Alba quel colore e quella dimensione che merita. Un live intimo, dall’atmosfera intensa e rilassata, come quello offerto da Gennaro Porcelli & The Highway 61 merita una location così: cupa, con luci soffuse, rigorosamente coperte di blu, con spazi sufficientemente zeppi di tavoli e sedie, perfettamente incastrati tra loro, candele e tanti (non è vero – non ne ho visti tanti) bicchieri di scotch. Se non lo avessi intervistato qualche ora prima e avesse suonato senza introdurre le sue canzoni con un confortevole accento napoletano, avrei pensato di essere al Bitter End.

Il percorso artistico di Gennaro Porcelli inizia da piccolissimo, ascoltando Johnny Lee Hooker e sognando di suonare in un posto come il B.B. King Blues di New York. Poi cresce, comincia a suonare, lo fa bene tanto da realizzare quel suo sogno. Da dieci anni, poi, accompagna Edoardo Bennato nei suoi tour. E adesso quale sarà il suo sogno? Mi dice che è continuare a suonare e farlo sempre meglio. Si sente ad inizio carriera. Vorrebbe poter vivere di musica e fare un unico grande tour mondiale.

Oggi, nel frattempo, si suona al Cpa. La formazione degli Highway 61 è completata da due musicisti solidi e precisi come Diego Imparato al basso e Carmine Landolfi alla batteria. Virtuosismi fini a se stessi al minimo e tanta sostanza che spazia, proprio come la famosa autostrada americana, dallo stile di Chicago a quello di Austin e di New Orleans.

L’Highway 61, già cantata da Bob Dylan e usata dai nostri per chiudere il concerto, è un percorso anche di vita vissuta che, come tutti i bluesman amano fare, va raccontata attraverso note, accordi e testi.

È il caso di “Immigration Man”: chitarra ruvida che lamenta una situazione ironicamente descritta nel testo (“I’m not a terrorist”). Lo dice a noi e lo ribadisce sul palco che “da buon bluesman sono stato anche in prigione negli stati uniti per presunta evasione fiscale”. E ha pensato di dedicare una canzone al poliziotto che l’ha arrestato!

La parlata, dicevamo, è napoletana, ma il sound, quello non ha molti precedenti partenopei. Ricorda sicuramente tutti i mostri sacri del blues d’oltreoceano, da Robert Johnson a John Mayall. Quando glielo chiediamo, ci confida che Buddy Whittington (turnista proprio di John Mayall) è stata una delle collaborazioni che gli hanno portato di più in termini umani, “e infatti siamo rimasti amici e quando ci sentiamo non parliamo solo di musica”.

Le canzoni scorrono via a volte senza pause. Grandi classici della tradizione americana “It takes a lot to laugh, it takes a train to cry” (sempre di Bob Dylan), “Woman across the river” di Freddie King, “Irene, goodnight” (tradizionale folksong) si susseguono coinvolgendo sempre più il pubblico che, forse per la giovane età di Gennaro Porcelli (classe ’81, nda), non si aspettava una qualità e un’esperienza così evidenti. Sta di fatto che i clap di supporto al ritmo arrivano solo dopo espressa richiesta dal palco.

La delicatissima “I’m Here”, scritta insieme a Mark Epstein, è perfettamente inserita all’interno della scaletta. Lo stile nulla ha da invidiare ai succitati titoli.

L’unica pecca di questo concerto è che forse, come ci racconta, sarà l’ultima data a chiusura del tour invernale. “Poi si comincia a suonare nel tour estivo di Edoardo Bennato”. Bennato che, tra l’altro, è “felicissimo” di questo suo progetto solista e “anzi, quando può viene sempre a sentirmi. Ci scambiamo le sensazioni”. Progetto che gli porta tanta energia che lui e noi speriamo confluirà in un live in studio, prossimo progetto di Gennaro.

Ospite d’eccezione, che ha accompagnato gli Highway 61 per i tre brani centrali della scaletta, Alfredo Edo Notarloberti che col suo violino ha impreziosito e dato ancor più spessore e corpo ad una serata in cui la musica è risultata protagonista indiscussa. Ci chiediamo, un po’ polemicamente, come mai Gennaro Porcelli suoni così poco a Napoli e così tanto lontano da essa. Gioielli così, andrebbero coccolati e seguiti di più di quanto non facciamo.

Luigi Oliviero

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