(…) e poi rinascerò/ sopra le nuvole/ gabbiano in volo/ e ritornerò come nelle favole/ (…)
(Da Bruno, testo di Madlaina Pollina, musica Pippo Pollina, nell’album “Süden”, 2012)
FOTOGRAFI DI TUTTO IL MONDO UNITEVI. E FATELO IN FRETTA
Non ci si può più nascondere. Madre Terra versa in uno stato che allerta non solo le coscienze sensibili, quelle che incentrano da tempo l’attenzione sul precipizio verso cui ci si dirige. È il tema che coinvolge la Natura: da nostra vittima si trasforma in Caino e “ci fa un mazzo tanto”. Traducendo: reagisce anche quando meno te lo aspetti e ci fa pagare le pene dell’inferno in termini di morti e distruzione. Non è certo il caso di parlare di previsioni infauste, di credenze apocalittiche cristiane, già presenti nel giudaismo. Non è neppure il caso di rifarsi ai Maya. Tutto sommato, anche la data del 21 dicembre 2012, che secondo taluni i Maya avevano indicato come la fine del mondo, trascorse senza tracce gravose. Ciò ha dato ragione agli storici della cultura Maya. Hanno sempre respinto quella previsione, confutata, peraltro, anche dagli scienziati. In tanti si sono pronunciati in risposta a chi aveva creato allarmismi, fondati su tesi pseudo scientifiche come l’allineamento galattico, a esempio. Uno degli allarmisti per tutti: John M. Jenkins. Pare fosse convinto che i Maya avessero studiato il loro famoso calendario alla luce della conoscenza della Fenditura del Cigno. Si tratta, invece, solo di osservare l’evoluzione della meteorologia. Non sfuggono neppure allo sguardo distratto i repentini cambiamenti climatici e appare chiaro che l’essere umano ha fatto molto per determinarli, a cominciare dai disboscamenti per giungere alla cementificazione continua e all’inquinamento atmosferico. Eppure, rispetto agli eventi climatici infausti, in fondo, non ci si può che rassegnare, individualmente, a fronte del disinteresse decennale di molti Stati. Tuttavia, non si va verso un ineluttabile destino, non è detto che la fine del mondo giunga prima che il sole esploda. Si potrebbe, infatti, ancora collettivamente indignarsi e pretendere la pianificazione di meccanismi produttivi e l’uso di fonti energetiche meno inquinanti, finendola con i disboscamenti e la cementificazione entro un certo numero di anni, sapendo che prima accadrà e meglio sarà. Si tratta di individuare i solchi tracciati da menti illuminate per seminarli con la propria passione ed entusiasmo e unirsi in una lotta senza tregua. In tal senso, non è certo trascurabile l’impegno di Bruno Manser, antropologo e attivista svizzero di Basilea. Da segnalarsi, in particolar modo, la sua battaglia per sensibilizzare il mondo cosiddetto civile sul tema della distruzione delle foreste pluviali e contro i reiterati soprusi in danno delle popolazioni nomadi delle foreste pluviali. Guarda caso, come sin troppe volte è accaduto, nell’aprile del 1990, Manser fu costretto a fuggire dalla Malesia e rifugiarsi in Svizzera poiché non solo era sgradito, ma era stata messa una taglia sulla sua testa. Non si arrese e, considerando le continue deforestazioni che ledevano le possibilità di sopravvivenza dei Penan, popolo dalla singolare cultura e particolare Lingua in via di estinzione, trascurò il divieto di varcare i confini malesi e la taglia ancora pendente, rientrando nel Sarawak. Lo fece per raggiungere e sostenere quel popolo nomade. Da allora si persero le sue tracce e il 22 maggio 2005 Bruno Manser fu ufficialmente dichiarato disperso dal tribunale civile di Basilea. E adesso? Adesso occorre fare in fretta. Documentare lo stato di Madre Terra è necessario, magari usando i droni soprattutto considerando che non manca certo chi si prende la briga di aiutare Madre Natura per distruggere volontariamente aree archeologiche di straordinaria importanza, a furia di picconate o tonnellate di proiettili e dinamite, o ne trascura altre, altrettanto rilevanti. Sussiste il fondato timore che i viaggiatori per passione, ma anche i meri turisti, qualora ritornassero in luoghi già frequentati e fotografati, a seguito delle esplosioni e bombardamenti, non vi troveranno che polvere. Ovviamente non potrà bastare il solo fotografare, non sarà sufficiente realizzare una bella immagine di un reperto importante, di una bella facciata o di una foresta secolare. Occorrerà darsi altri obiettivi. Ma questa è tutta un’altra storia.
Alessia Orlando e
Michela Orlando