C’è tanto, anzi tantissimo dolore, nelle parole della mamma di Ciro Esposito, il giovane che ha perso la vita quel 3 maggio in via Tor di Quinto a Roma. Non cerca vendetta, ma giustizia. Questo è il significato delle sue parole, con la speranza che nessuna forma di violenza arrivi in futuro in nome di Ciro. La vicenda ha fatto il giro del mondo, e narrare di un giovane morto in uno scontro tra tifosi, al di fuori dello stadio, aggiungerebbe soltanto un tassello in più nel puzzle di violenza che sta avvolgendo il nostro calcio. Si parla di un ragazzo di ventinove anni che ha perso la vita per seguire la propria passione, di un ragazzo che ha lasciato famiglia, ragazza ed amici. Si parla di uno Stato capace di arrivare solo in ritardo, quando tutto ha già preso la strada sbagliata, quando oramai non si può far altro che piangere.
Chi ha sbagliato dovrebbe pagare, ma in un Paese come il nostro potrebbe non accadere. Ciò che si percepisce ancora ad oggi, a quasi due mesi di distanza da quel giorno, è che ci sia stata molta negligenza da parte dell’organizzazione generale e dei servizi di sicurezza, che dovrebbero garantire l’incolumità da quelle menti malate intenzionate a rovinare quello che una volta era considerato lo sport più bello al mondo.
Fabio Noviello