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“DIAZ. DON’T CLEAN UP THIS BLOOD”.

21 Luglio 2001: a Genova, in occasione del G8 ci furono grandi manifestazioni di protesta calma e festosa indette dal Genoa Social Forum. Prendendo a pretesto l’ipotetica presenza dei misteriosi e famigerati  Black Block, che avevano cercato di stravolgerne il senso pacifico, la Polizia sferrò nelle notte un attacco alla scuola Diaz, in cui pernottavano pacifici cittadini. Fu “la più grave sospensione delle libertà democratiche e dei diritti umani ai danni  di cittadini, mai avvenuta nel nostro paese dopo il fascismo”: così ha definito l’episodio gravissimo il regista Daniele Vicari, che ha diretto e sceneggiato il film (ITA-FRA-ROM,12), insieme ai giovani Laura Paolucci e Alessandro Bandinelli. Mettendo in scena gli episodi descritti dagli atti giudiziari relativi ai processi, senza neppure caricarne eccessivamente l’enfasi,  in cui furono giudicati colpevoli, diversi semplici agenti e dirigenti della polizia, ha descritto l’inferno di violenza e perfino di torture cui furono sottoposti 93 cittadini italiani e stranieri. E’ un film di grande impatto. Costruito con un ardito ed efficacissimo gioco di montaggio, a cura del bravo Benni Atria, mette a confronto diverse storie che convergono in quei luoghi maledetti; che sono attraversati da  un’atmosfera allucinata che pervade i tutori dell’ordine fuorviandone totalmente i comportamenti collettivi. In questo la fotografia di Gherardo Gossi, che è considerato uno dei migliori cinematographer del cinema documentario italiani, è di grande aiuto. Sospesa tra i colori spenti della partecipazione a questa tragedia e i cromatismi secchi del documento, aiuta a definire con forza la portata degli avvenimenti, agganciandoci ad essi con forte empatia. Il gioco complessivo degli attori, tutto in sottrazione, è esemplare.

Ciccio Capozzi

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