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Cake: una Jennifer Aniston come non l’avete mai vista

“Cake” in inglese significa torta ed è lecito domandarsi la ragione del titolo dell’ultimo film di Daniel Barnz, specialmente se si pensa al fatto che non parla esattamente di pasticcerie e concorsi culinari.

Al centro del lungometraggio Jennifer Aniston interpreta la protagonista, Claire Simmons, affetta da dolore cronico. Per chi non lo sapesse, il dolore cronico è una sindrome incurabile che provoca un dolore che dura più a lungo dei termini previsti per la guarigione. La malattia viene spesso trattata nel mondo del cinema, ma stavolta la patologia scelta non è mai abusata e sicuramente originale. Questa sindrome, infatti, costituisce uno dei principali problemi sanitari in Europa ed è un bene che finalmente il cinema abbia fornito un valido esempio di rappresentazione e sensibilizzazione alla problematica.

Claire è una ricca borghese con una personalità non sempre piacevole. È altezzosa, cinica, terribilmente sarcastica e apparentemente forte e sicura di sé. Dietro alla corazza che si è costruita, tuttavia, si nasconde una sensibilità non indifferente, un’inibita bontà d’animo e un dolore fortissimo scaturito dalla malattia, dall’abbandono e dalla perdita. A causa del suo carattere Claire viene cacciata addirittura dal suo gruppo di sostegno, per aver usato parole non troppo rispettose nei riguardi di Nina (Anna Kendrick), anche lei affetta da dolore cronico, suicidatasi poco tempo prima. La vicenda di questa ragazza, che Claire conosceva a malapena, comincia a incuriosirla in maniera quasi ossessiva e la conduce dal marito e dal figlio di Nina che, paradossalmente, saranno per lei fonte di sostegno insieme a Silvana (Adriana Barraza), la sua badante.

Ciò che si nota immediatamente in questo film è il personaggio interpretato dalla Aniston che, con una drammatica performance abbastanza insolita per l’attrice, ma comunque ben riuscita, oscura tutti gli altri. Se questo conferisce a Claire una caratterizzazione bella pesante, finisce per sminuire i personaggi secondari che si riducono inevitabilmente a figure strettamente comprimarie, nonostante presentino un ruolo importante e funzionale per lo svolgimento della storia. La Aniston, che è anche produttrice esecutiva del film, è sicuramente riuscita a entrare perfettamente nel personaggio mostrandosi estremamente naturale, mai forzata e praticamente perfetta per la sua parte.

Quello a cui assiste lo spettatore è una sorta di iter psicologico che Claire affronta man mano, nella sua dipendenza da antidolorifici, nelle sue risposte pungenti, nel dolore dei suoi ricordi, nella consapevolezza che finalmente acquista e che la aiuterà a rialzarsi con coraggio.

Tinte leggere che ricordano tantissimo La sposa fantasma (Jeff Lowell), avvenimenti che non vogliono impressionare lo spettatore ma solo coinvolgerlo emotivamente. Un dramma che commuove ma che, al tempo stesso, riesce a far sorridere.

Anna Scassillo

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