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Senato approva ddl contro il voto di scambio politico mafioso

Nel tardo pomeriggio di ieri il Senato della Repubblica ha approvato il ddl contro il voto di scambio politico mafioso. In aula, al momento del voto, erano presenti 240 senatori, dei quali 238 hanno votato. Di questi 168 favorevoli, 4 contrari e 66 astenuti. Sul voto la maggioranza si è divisa, mentre hanno votato compatti in maniera favorevole la Lega e il Movimento Cinque Stelle.

Il testo del ddl era stato modificato alla Camera dei Deputati, per questo nei prossimi giorni il provvedimento tornerà a Palazzo Madama per la conversione definitiva in legge. Bocciati alcuni emendamenti proposti dai senatori in quota centrodestra, che avrebbero puntato a rendere meno grave la pena per questo reato. Sparito dal testo l’avverbio “consapevolmente”, presente nel testo licenziato dalla Camera. Pertanto ora sarà necessario provare in sede di tribunale l’appoggio elettorale della criminalità.

“Chiunque accetta la promessa di procurare voti mediante le modalità di cui al terzo comma dell’articolo 416-bis in cambio dell’erogazione o della promessa di erogazione di denaro o di qualunque altra utilità ovvero in cambio della disponibilità a soddisfare gli interessi o le esigenze dell’associazione è punito con la stessa pena stabilita nel primo comma dell’articolo 416-bis (dunque con la reclusione da sette a dodici anni, ndr). La stessa pena si applica a chi promette di procurare voti con le modalità di cui al primo comma”. Questo il testo del nuovo disegno di legge che andrebbe a sostituire l’attuale articolo 416-ter del Codice penale. Un testo che coglie anche quelle che erano state negli anni le intenzioni di magistrati e associazioni, andando così a colpire non solo lo scambio di denaro, ma anche di favori di qualsivoglia genere, equiparandoli appunto allo scambio di denaro.

In una nota diffusa a margine della notizia dell’approvazione da parte del Senato del testo il fondatore di Libera, don Ciotti, ha dichiarato che “è estremamente importante che la norma definisca il reato non più solo attraverso il criterio, ormai insufficiente, dello scambio in denaro, ma chiamando in causa le ‘altre utilità’ e ‘promesse’ (informazioni sensibili, raccomandazioni, prestazioni sessuali, protezioni dai controlli e così via) attraverso cui si può sviluppare un rapporto corruttivo. Si tratta però solo di un primo passo, di un doveroso atto politico di trasparenza e bonifica delle istituzioni democratiche”.

Ciro Oliviero

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