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Arresti domiciliari? Si Penta Riina

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Siamo in uno Stato in cui a tutti, a prescindere dai reati o dai miracoli compiuti in vita, sono concessi diritti. In tal senso, la richiesta di scarcerazione da parte dell’avvocato di Totò Riina ha acceso polemiche soprattutto per la sbagliata interpretazione della sentenza della Cassazione (che rimanda la responsabilità ai giudici del Tribunale di Sorveglianza) e aperto un dibattito importante su quelle che sono le condizioni dei detenuti e delle strutture penitenziarie in Italia.

 

Tornando allo Stato di diritto: è giusto che un avvocato chieda ai giudici che il suo assistito non termini la sua esistenza in condizioni inumane? Sì, lo è e vale per tutti a prescindere dai reati compiuti.

 

 

Ma è altrettanto giusto che i giudici rifiutino la richiesta perché ritengono Riina ancora pericoloso, ancora capo di “Cosa Nostra” nonostante gli 86 anni, di cui 24 trascorsi in carcere? Sì, anche questo è giusto.

 

 

E quindi dov’è il problema? Perché porsi questioni che probabilmente verranno risolte agevolmente dal tribunale di competenza?

 

Perché come Riina sono tantissimi i detenuti che soffrono per le condizioni in cui versano nelle carceri ed è tempo che se ne discuta. Perché non tutti, anzi, quasi nessuno, hanno commesso gli stessi reati di Riina, ma tutti – Riina compreso – non meriterebbero pene oltre quelle che gli sono state inflitte dal tribunale. E allora parliamone, ragioniamone, ma facciamolo seriamente, affrontiamo nel merito la questione del carcere rieducativo e/o punitivo, degli svuota carceri per sovraffollamento e dei carceri chiusi e abbandonati. Facciamolo, anche attraverso un referendum.

 

Ma per il capomafia, criminale, stragista Riina ci sarebbe una più che degna soluzione…. SI PENTA e ci racconti un po’ di verità, fatti ancora oggi nascosti e sconosciuti. Ci parli della stagione stragista, di come sono andati veramente i fatti, di come sono arrivati i chili di tritolo a Palermo, con chi ragionava Totò, chi erano i suoi interlocutori, del rapporto con la politica e le istituzioni, dell’agenda rossa di Borsellino, CI ILLUMINI il “grande capo”… era ed è veramente lui il “grande capo”?

 

Questa si che sarebbe una fine dignitosa. Perchè Riina non usa questa soluzione? Di chi ha paura Riina? Forse la fine dell’amico Bernardo è stato un segnale chiaro e diretto? Se ciò non accade risulta davvero difficile impietosirsi per chi ha strappato vite di bambini nell’acido.

 

Sull’ipotesi avanzata dalla Cassazione di una mutazione della pena detentiva in arresti domiciliari, come scrive Don Ciotti: “ci rimettiamo al Tribunale di Bologna che valuterà con saggezza e piena cognizione di causa, tenendo conto di tutti i fattori di gioco. C’è un diritto del singolo che va salvaguardato, ma c’è anche una più ampia logica di giustizia di cui non si possono dimenticare le più profonde e indiscutibili ragioni.”

 

 

Vincenzo Strino e Giuseppe Scognamiglio

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