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Demone tornato al cielo, Kurt Cobain

Era il giorno 8 aprile 1994 quando la radio locale di Seattle trasmise le prime, agghiaccianti indiscrezioni circa la tragica fine di uno dei padri del grunge: “Il cantante dei Nirvana, Kurt Cobain, si è ucciso con un colpo di arma da fuoco nella sua abitazione”, così gracchiò la voce dell’annunciatrice. Una notizia che gettò nella disperazione un’intera schiera di fan, un numero imprecisato di ragazzi che si riconoscevano nei testi amari e privi di speranza del sensibile Kurt.

Cronicamente malinconico, perennemente triste e da anni, prima del fatale gesto, privo di alcuno stimolo vitale (come si evince dai suoi diari recentemente pubblicati), il leader dei Nirvana, nacque nel 1967 in una piccola città nello stato di Washington. I genitori, neanche a dirlo, erano di umili origini, così come si confà ad ogni rockstar che si rispetti. Il padre meccanico era un uomo sensibile e dall’animo generoso, mentre la madre, casalinga, rappresentava il carattere forte della famiglia, colei che mandava avanti al casa a prendeva le decisioni più importanti. Stufa di stare in casa, un giorno decide di fare la segretaria per arrotondare lo stipendio, incapace di accettare il ruolo subalterno di massaia.

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