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“Premio Musica e Cultura Felicia e Peppino Impastato”, riconoscimento all’ artista e musicista campano Maurizio Capone

Capone & BungtBangt

Tra i pionieri della junk music in Italia e leader degli storici Capone & BungtBangt il poliedrico artista campano Maurizio Capone ha ricevuto lo scorso 9 Maggio a Cinisi il prestigioso “Premio Musica e Cultura Felicia e Peppino Impastato” per il suo impegno da sempre contro l’illegalità e a favore dell’integrazione culturale.

 Un riconoscimento importante quello del “Premio Musica e Cultura Felicia e Peppino Impastato” in un momento storico molto delicato per il nostro paese dal punto di vista politico, dell’integrazione e anche della legalità. Quando inizia il tuo lavoro artistico e musicale sul territorio campano e nazionale di contrasto all’illegalità e all’esclusione e quali sono stati i momenti che ricordi con più affetto?

Sicuramente il mio impegno nasce da subito, in adolescenza quando in città si viveva un’assurda guerriglia urbana tra ragazzi di sinistra e fascisti, una cosa che racconto di rado è che sono stato anche vittima di un agguato nel ’79 a quattordici anni, quando una decina di fascisti mi assalirono al Vomero, il mio quartiere, e se non fosse passata una macchina in quel vicolo buio non so se oggi avrei potuto raccontarlo. In ogni caso i soprusi e la violenza non mi sono mai piaciuti, non li ho fatti ma neanche mi piace subirli e cosi quando nell’84 fu ucciso Giancarlo Siani a due passi da casa mia, sempre al Vomero con i 666, la mia band storica degli anni ’80, scrivemmo una canzone per lui che poi ho scoperto essere stata la prima canzone anticamorra mai scritta da artisti napoletani. La cosa bella che questa fu la canzone che Pino Daniele, nostro produttore in quegli anni, scelse come primo singolo e che purtroppo fu bocciata dai discografici perchè troppo impegnata. Al tempo nessuno voleva parlare di camorra, anzi si diceva che neanche esistesse.

 

Hai avuto modo e il piacere di condividere il premio con Mimmo Lucano. Che impressioni hai avuto, e che persona umanamente e culturalmente parlando hai avuto modo di conoscere?

Mimmo è una persona molto dolce e riservata, anche un po affaticato da questo caos che si è creato intorno a lui. In fondo è il sindaco di un piccolo paese che ha fatto delle scelte graduali e soprattutto di cuore, per questo trovarsi adesso al centro di questa situazione che lo ha reso improvvisamente il simbolo nel bene, e per alcuni nel male, di un movimento nazionale credo che lo inquieti. Devo però anche dire che ha le idee molto chiare ed anche se i modi sono pacati dice delle cose forti che non lasciano dubbi. In ogni caso posso garantirvi che è una persona dal cuore d’oro.

Hai parlato nel tuo ultimo singolo intitolato “ Whiteblack” di emigranti e dei tanti italiani che negli anni 50’ cercavano fortuna partendo per gli Stati Uniti. Quanto è importante ricordare che siamo stati per primi ad essere emigranti in questo momento storico per il nostro paese?

Si in White Black abbiamo affiancato i vecchi emigranti italiani ai nuovi migranti extracomunitari, è una cosa che ha suscitato parecchia inquietudine nei razzisti perchè la provocazione viaggia sul filo dell’uguaglianza delle emozioni. Chiunque ha dovuto lasciare la propria terra per problemi di sopravvivenza ha provato le stesse terribili sensazioni e questo ci rende uguali, è innegabile. Il nostro problema è che lo abbiamo dimenticato, ed anche se le condizioni erano diverse, cosa ovvia, la dimensione umanamente tragica era la stessa. Non è che ci vuole tanto a capirlo, ma è chiaro che se lo si capisse tutta la campagna elettorale della Lega crollerebbe.

 

Hai avuto modo di sperimentare con i tuoi laboratori, la creatività e la passione di tanti giovani che vogliono avvicinarsi al mondo della musica. Che momento vive secondo te attualmente la scena musicale campana e quali sono le giovani realtà partenopee che più ti affascinano?

La Campania ha sempre avuto un grande fermento che non si è mai fermato, magari si sono spenti i riflettori e nessuno ha più saputo cosa accadeva. Finalmente le luci si sono riaccese anche perchè quando la musica va in crisi tutti tornano qui da noi perchè sanno che qui ci sono idee e risorse che generano le nuove onde. Credo che al momento i due movimenti più attivi siano il neo folk che ha nei Foja e ne La Maschera le punte dell’iceberg.

 

E poi c’è tutta l’area hip hop e trap che è in grande espansione anche a livello nazionale, con tanti giovanissimi che si impegnano cercando una loro strada. Quello che mi piace molto è vedere che le diverse aree non sono dei compartimenti stagni ma dialogano e si incontrano artisticamente. Questa è una grossa novità che genererà risultati interessanti. Sicuramente un buon esempio di questo nuovo modo di stare insieme tra musicisti napoletani sono i Terroni Uniti e prima Capitan Capitone e i Fratelli della Costa dove le generazioni ed ingeneri si uniscono nel nome della musica a prescindere dai generi di appartenenza. Ho preso parte ad entrambe queste esperienze e posso dire che sono stati degli esempi importanti per i giovani napoletani.

 

Il pianeta Terra vive dal punto di vista ambientale un importante momento di sensibilizzazione incanalato nei movimenti plastic free e Fridays for future. Sei stato un pioniere della junk music e dell’arte del riciclo sin dagli ani 90. Qual è la tua posizione su questi movimenti e cosa bisogna fare veramente di concreto per ridurre a zero l’impatto ambientale ?

Il mio secondo disco nel ’94 si chiamava La Foresta ed era un disco dove il tema del rispetto della natura era centrale. Ho sempre percepito questo come un argomento importantissimo che sarebbe dovuto essere una priorità della nostra società, ma così non è stato ed a distanza di vent’anni da quel disco siamo ancora qui a discutere se sia necessario intervenire. C’è voluto il grido di dolore di Greta, una ragazzina di sedici anni, per riparlarne. Naturalmente sono assolutamente a favore di questi movimenti spontanei che partono principalmente dai ragazzi.

 

Dovremmo dare molto più potere a loro che hanno idee e voglia di cambiamento vero. Per ridurre l’impatto bisognerebbe prima di tutto agire sui si temi intensivi di sfruttamento delle risorse, fermare le produzioni di prodotti “usa e getta”, ridurre gli imballaggi. Tutte cose che non cambierebbero tanto le abitudini delle persone, anzi poterebbero ad un risparmio per le famiglie. Ma ovviamente renderebbero meno rosei i guadagni delle multinazionali, quindi volendo fare un rapido volo al nocciolo della questione la cosa più antiecologica che abbiamo sul pianeta è la schiavitù al denaro e finchè sarà questo il parametro delle scelte non sarà facile sovvertire l’andamento delle cose.

 

Sergio Cimmino

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