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Legacoop Campania: un racconto attraverso la memoria

La vita di una nazione, come quella degli alberi, può essere misurata attraverso quei cerchi concentrici che la attraversano. Cerchi fatti di storie come quella della Legacoop che quest’anno compie 130 anni.

Per capirne l’evoluzione è quindi necessario ripercorrere ciò che è stata la Legacoop in Campania, partendo da una palazzina adagiata sulla collina di Capodimonte, a Napoli, dove vive Amalia Sifo, ex segretaria della presidenza e memoria storica dell’organizzazione.
Minuta ed emozionata, ci apre casa sua accogliendoci con un gran sorriso insieme ad Italia Palmieri, figura storica di Legacoop Campania dell’ufficio amministrativo.
L’odore dolciastro dei mobili in legno contrasta subito con l’odore acre degli album di fotografie che ormai contano troppi anni per essere a colori.

“Da brava segretaria, ricordavo tutti i numeri di telefono a memoria – ci dice – perché all’epoca mail o cellulari erano solo fantasie”.
Amalia è entrata nel mondo delle cooperative quando aveva diciott’anni.
Per volere del padre, per ammirazione verso di lui, divenne segretaria di quella che sarebbe diventata poi Legacoop.
“Raccontarne la storia è raccontare la mia storia e, in qualche modo, il rapporto con mio padre, un sindacalista tutto d’un pezzo”.
Si parte dal 1954, data di nascita della cooperativa edificatrice elettrica, quando lei aveva solo nove anni.
Sin dal ’68 però, tra padre e figlia, c’era un progetto nuovo, “speciale”: quello di costruire una cooperativa polisettoriale.
Il 16 ottobre del 1968 nasce la SVAIMEC, Ente per lo sviluppo dell’Italia Meridionale e Centrale, che costruì poi il rione 167 di Scampia.

“Nel 1980 ebbi una chiamata diretta nella quale mi si chiedeva di entrare nell’organico della Lega Campana. Accettai di coordinare le associazioni che ne facevano parte”.
Il terremoto in Irpinia, le dimissioni di Antinolfi, l’arrivo di Luciano Miraglia come presidente e delle Brigate Rosse, i movimenti dei disoccupati e i loro sit-in fuori la sede di Santa Lucia, ma anche le forti pressioni politiche a livello nazionale: Amalia ricorda tutto con una lucidità incredibile, come se non fossero passati più di trent’anni.
L’analisi di quell’esperienza potrebbe continuare all’infinito. Ad ogni episodio, Amalia potrebbe apportare una sfumatura diversa, fare una lista più completa di nomi e numeri. Raccontare episodi, esaltarsi nel ricordo di mesi in cui tutto sembrava possibile. La magia più grande era che l’epopea si svolgeva a Napoli, una città in cui la disperazione sociale è riuscita nei secoli a diventare addirittura cultura e filosofia.

“La Lega attraversò momenti economicamente difficili, il rapporto coi partiti stava cambiando e lavorammo per un bel periodo senza percepire stipendio. Dopo la confusione, arrivò Vanda Spoto e io iniziai a collaborare con lei per il Centro Studi. Vanda è stata un esempio per tutti di costante e appassionato impegno per lo sviluppo del Mezzogiorno, per l’affermazione del ruolo delle donne nella società italiana e per radicare i valori di solidarietà e uguaglianza.
E poi noi eravamo giovani, avevamo un entusiasmo che ci permise di portare a casa risultati importanti nonostante tutto e tutti”.
Gli anni duemila sono di altro tenore: “Per far fronte ai problemi che di volta in volta si presentavano il presidente di allora operò tagli al personale, provai a dissuaderlo convincendolo ad accettare che dividessi il mio stipendio ma, alla fine, le scelte furono altre.
Una parentesi di serenità fu quando venne eletta presidente di Legacoop Campania Vanda Spoto, ritrovavo la mia amica, sembrava essere tornati ai vecchi tempi. Vanda era un punto di riferimento per le cooperative regionali e non solo, era anche Vice Presidente Nazionale, la prima donna nella storia di Legacoop a ricoprire quel ruolo e fu eletta senza quote rosa”.

Dai tempi in cui ci si chiamava tutti “compagni” all’era dei social network, il cerchio di Amalia si chiude con una riflessione nostalgica che guarda al passato ma è un monito preciso verso chi verrà in futuro:
“L’entusiasmo deriva dal credere in ciò che si fa. Quando la tua storia diventa quella di un’intera organizzazione allora devi accettarne gioie e dolori.
Noi ci abbiamo sempre creduto perché potevamo considerarci un corpo unico, dalla presidenza in giù. Questo è il segreto, se così possiamo definirlo, di una storia come quella della Legacoop Campania”.

Marina Cioppa

 

 

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