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Il Tempo e la Speranza

Il tempo sembra correre e gli anni passano. Un nuovo anno inizia e, in fondo, forse non sarà tanto diverso dagli altri. Nella nostra società, sempre più gli anni sono non solo misura convenzionale del tempo, ma il tempo stesso è sempre più misurato e sempre più ci sfugge, si perde nei mille rivoli degli impegni stressanti, del rincorrere e del ricorrersi delle ore nell’affanno del fare inutile che ci fa perdere il nostro essere e il comunicare con gli altri e con l’Altro.

Con il Qoelet viene da dire: ”Niente di nuovo sotto il sole”; inutile sperare in qualcosa di diverso.

Tuttavia, c’è tempo e Tempo, speranza e Speranza.

Esiste un tempo cronologico e cronometrato (Kronos), ma anche un Tempo di Salvezza, un Tempo dello Spirito (Kairòs), in cui accogliere e  conferire un senso diverso e profondo alla vita, alle cose, all’impegno: il senso dell’essere al di là dell’avere e dell’apparire.

Compito del cristiano è cogliere il kairòs, il Tempo della Salvezza e dello Spirito nello svolgersi del kronos degli eventi quotidiani, nel qui ed ora della nostra storia e della nostra condizione umana, sapendo cogliere i segni dei tempi ossia i segni della Speranza nel Dio che viene, sempre e nonostante le brutture della storia e del peccato dell’uomo.

Siamo chiamati a coltivare e a rendere ragione della Speranza, sempre ed anche contro ogni speranza. La lingua francese rende meglio il concetto distinguendo i termini esperance ed espoir.

L’Esperance è virtù vivificante, teologale nella sua essenza, cioè che ha Dio come oggetto.

L’espoir, invece, è quella del proverbio: ”Chi di speranza vive disperato muore”. L’espoir può deludere, è la speranza di vincere al superenalotto, la speranza degli spazi limitati e degli orizzonti corti, prevalentemente intramondana, speranza dell’avere, del dominio, del possesso delle cose, delle mete ben definite di un viaggio senza rischi.

L’Esperance è virtù teologale, invincibile e nascosta nel cuore dell’uomo e che gli permette di agire, seminare, lottare. E’ virtù dell’essere, fede nell’avvenire oscuro, per cui non basta sperare per essere felici nel futuro, ma disporsi alla prospettiva del meglio; non accontentarsi del finito e del sicuro, ma aprirsi agli orizzonti dell’infinito e tendervi; non la navigazione a vista e di piccolo cabotaggio, ma in mare aperto e prendendo il largo (Lc. 5,4). L’Esperance, la grande e autentica Speranza, è la virtù dei forti e dei ribelli alla mediocrità e alla viltà della vita comoda e insignificante, non è rinunzia ma lotta fino alla fine, sostegno alla Fede e alla Carità.

“ La Fede è una sposa fedele/ La Carità è madre/ La Speranza è una bimba piccina fatta di nulla/ Eppure questa bimba passerà per tutti i mondi/ Cammina/ Tra le sue grandi sorelle sembra farsi portare/ Ma è lei che le fa camminare/ e le trascina/ E le due grandi seguono la via per la piccina”. (Charles Peguy).

La Speranza cristiana è l’attesa della beatitudine nel cammino della storia e l’impegno nella costruzione del Regno qui ed ora, è fede nella parola di Cristo che ci rivela che Dio è amore (1Gv.4,8) e l’amore tutto spera (1Cor.13,7).

In questo contesto possiamo anche cogliere l’essenza di un autentico ottimismo che “non è soltanto guardare al di là della situazione presente, ma è una forza vitale, la forza di sperare quando gli altri si rassegnano, la forza di tenere alta la testa quando sembra che tutto fallisca, la forza di sopportare gli insuccessi, una forza che non lascia mai il futuro agli avversari, il futuro lo rivendica per sé” (Dietrich Bonhoeffer).

Lasciamo quindi aperta questa conclusione con la Parola ultima e tuttavia sospesa, che è fede e invocazione: “Maranathà: il Signore viene, vieni Signore” (1Cor.16,22; Ap. 22,20).

Possa un nuovo anno essere veramente un anno nuovo, tempo di salvezza e impegno di costruzione del Regno per ciascuno di noi.

 

Franco Accardo

 

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