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‘La comune’, dalla memoria un confronto col presente

Anni 70, Copenaghen: Erik e Anna, aprono la loro grande casa a gente disponibile alla condivisione. Ma Erik s’innamora di Emma, sua bellissima studentessa…Il film (DANIM, 16) è tratto da un testo teatrale dello stesso regista e sceneggiatore Thomas Vinterberg. Insieme al connazionale L. Von Trier (qui anche produttore), ha fondato la scuola del “Dogma 95”, il cui assunto era un cinema solo di realtà documentata, evitando la finzione, per loro una falsificazione. Poi Vinterberg è passato ad un film di incisiva denuncia dei meccanismi di isteria collettiva del suo paese (“Il sospetto”, 12) ad uno made in UK, tratto da un classico dell’800 (“Via dalla pazza folla”, 15). All’epoca è davvero vissuto coi suoi in una Comune: la leggerezza della prima parte è autobiografica. Il film nasce su una collaudata opera teatrale: quindi ha potuto facilmente plasmare i tempi di dialogo in un’armonica scansione di spazi visuali. Quando irrompe la perentoria bellezza della giovane Emma, il registro cambia. Erik“ritorna” ad essere il padrone. Esce altresì la fragilità di Anna: donna generosa, pensava di gestire la scelta del marito. Ma ne è prostrata. La splendida attrice Trine Dyrholm, interiorizza la sofferenza in modi crescenti. In lei non c’è rancore, ma l’acuta consapevolezza della crisi personale e di quegli ideali. Il regista non condanna complessivamente l’esperienza. Ne coglie con disincanto l’inconcludenza; ma ne sottolinea anche la vitalità. C’è la capacità di confrontarsi col passato: come fa la ragazzina. Ne avvertiamo lo svolgersi in quegli anni grazie alle scenografie e ai costumi, e allo spirito presente. La foto rende l’atmosfera crepuscolare. Il montaggio sottolinea il gioco collettivo: in più infonde “vita” alla casa.

Francesco Capozzi

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