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Legalità e speranza: a Platì la rivoluzione è già cominciata

Quello di Platì, paesino di 3800 a 15 km da Locri (RC), è un esempio di rinascita, di percorso umano e culturale che tra qualche tempo potrebbe riempire le pagine dei libri di storia. Un percorso, lento, graduale, cominciato in punta di piedi, inaspettatamente, in un giorno apparentemente qualunque.

Tutto ha inizio qualche mese fa. Platì è una cittadina assai nota, suo malgrado, per i fatti di cronaca legati alla malavita organizzata e per l’abbandono istituzionale ad ogni livello. Da quasi tredici anni Platì è un comune commissariato perché sciolto tre volte, di cui due per mafia. Ma la mancanza di servizi primari, come l’acqua nelle case in alcune zone, e le strade disastrate, dicono chiaramente che qui lo Stato manca da molto tempo prima.

Nel maggio scorso i platiesi hanno la possibilità di eleggere nuovamente un sindaco, ma nessuno si candida. Forse per paura, forse perché nella democrazia nemmeno ci credono più. La politica regionale se ne accorge solo quando i termini per le presentazioni delle liste sono scaduti, la tornata elettorale salta e la notizia finisce su tutti i giornali, ma qualcuno, cavalcando l’onda mediatica, annuncia ugualmente la propria candidatura. Due su tutti, Ernesto Magorno e Enza Bruno Bossio, entrambi personaggi di spicco del Partito Democratico. L’effetto non è proprio quello sperato e la Calabria tutta si indigna di fronte alla plateale messa in scena. Nel trambusto generale, però, spunta una giovane Anna Rita Leonardi, 30 anni, reggina, da sempre a sinistra e anche lei tesserata Pd, che annuncia: «Sarò io la candidata sindaco, ma per le amministrative di maggio del 2016». All’inizio la situazione sembra surreale, quasi quasi nessuno la prende sul serio. Sarà la solita arrampicatrice politica, pensano i più, che pur di finire in prima pagina e in tv sfida qualcosa che è più grande di lei, ignorando il pericolo cui va incontro: amministrare un paese di nemmeno 4000 anime tra le quali si celano gli appartenenti di ben 9 ‘ndrine. Nove.

Invece Anna Rita beffa tutti. Anna Rita rimane e non ci ripensa affatto. Anzi, torna qui spesso, ascolta i problemi delle persone e costruisce insieme a loro un programma elettorale. Anzi, fa di più, senza nemmeno volerlo. Scontrandosi spesso e duramente con i giornalisti, che le rimproverano un certo egocentrismo e l’appartenenza ad un partito poco adatto a parlare di legalità, dà vita a una serie di infuocate polemiche che sfondano i muri dell’indifferenza e finiscono sulle prime pagine dei giornali nazionali, dalle quali si esce fuori un’immagine distorta di Platì, nonostante un mero racconto di fatti realmente accaduti, che carica i lettori di stereotipi e di pregiudizi. E’ in questo preciso momento che i platiesi, stanchi della gogna mediatica, si ribellano. Soprattutto contro chi, sotto sotto, pensa che qui siano tutti mafiosi. 

Niente di più falso. A Platì si lavora come in ogni angolo del pianeta e si fatica ad arrivare a fine mese. A Platì ci sono medici, avvocati e professionisti di ogni genere, c’è gente che lavora la terra e che vive di raccolta, e c’è chi scrive libri. A Platì c’è ancora chi fa il pane con le mani, buonissimo, c’è chi paga le tasse e chi rispetta la legge. Platì non è diversa da qualsiasi altra città della società civile.

E i platiesi vogliono che si sappia, vogliono che si sappia che anche qui, in mezzo a tanto dolore e sfascio politico, ci sono persone oneste che chiedono di essere rispettati e semmai aiutati a riavere una vita normale. Sono loro a volere che le cose cambino. Ma, prima ancora, sono loro che iniziano a cambiare. Prendono atto di quel che succede entro le proprie mura cittadine e condannano senza se e senza insulti e minacce che giungono ai cronisti da parte di chi sbatte contro una realtà difficile da mandar giù, ma soprattutto capiscono che chiedere l’intervento dello Stato è un loro diritto e non un favore che qualcuno deve concedere. Così, finalmente smettono di subire soprusi e angherie, e reagiscono. Che sia grazie alla politica, per conto di quelle poche persone che ancora hanno veramente a cuore le sorti altrui, che sia grazie alla stampa, per conto di quei pochi giornalisti senza padroni, non ha importanza: adesso sanno di non essere più soli. 

Adesso non resta che aspettare maggio per il ritorno dello Stato e della democrazia. Perché la speranza, a quanto pare, è già tornata da tempo.

Francesca Lagatta