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Il nudo secondo Orlando

Una fotografia è un segreto intorno a un segreto: più rivela e meno lascia capire (Diane Arbus).

Marylin Monroe alla macchina fotografica offriva più di qualsiasi altra attrice, o donna, che io abbia mai inquadrato: era infinitamente più paziente, più esigente con sé stessa e più a suo agio di fronte all’obiettivo che non quando ne era lontana (Richard Avedon).

IL NUDO

Céline, che riassume Rabelais, scrive: “io rido perché non voglio morire”. È quello che si dovrebbe fare di fronte a certi argomenti sovraccarichi di significati, che in realtà non hanno, così come accade con le immagini di nudo, cui ognuno aggiunge il proprio retaggio moralistico? Come sempre: ognuno in fondo la pensa come desidera ovvero come è giusto sia. Ma, leggendo in filigrana, la conclusione appare univoca. Il tema, alla carlona, e in maniera forse a-storica è: da un lato ci sarebbero i maschi potenti o altri, deboli va da sé, che si fanno apparire inebetiti di fronte alla intraprendenza delle femmine. Queste, invece, sarebbero storicamente isteriche/epilettiche, puttane, streghe, mantenute che trovano nel mondo animale esempi con cui descriverle: certamente api regine e mantidi religiose ma anche vedove nere che, come altri aracnidi, fanno così: mangiano il maschio dopo l’accoppiamento per trarne energia utile alla prossima deposizione di uova. Purtroppo pare che il poverino in certi casi non riesca neanche ad accoppiarsi dato che viene subito mangiato. L’incontro, quindi, diventa un dramma immediato: la femmina può percepire il maschio come preda. Esso, il malcapitato ragno, è carne ed è buona da mangiare. Lo fa, se lo mangia, e non se ne parla più. E il maschio che fa? Ovviamente non sono tutti fessi e per questo, anche se la loro vita è breve, cercano di resistere in vari modi. C’è chi, a esempio, prova a tenersi lontano dagli artigli usati dalle femmine per mangiare (i cheliceri) o addirittura le anestetizzano. Altri, invece, ancora nella categoria degli stronzi ma anche dei poco accorti, si potrebbe dire, bloccano l’organo riproduttivo (come chiamarlo altrimenti?) all’interno della femmina che, di conseguenza, non potrà accoppiarsi con altri. Ovviamente è anche un modo per morire. Forse è per questo, per chiarirsi le idee, che gli umani maschi hanno osservato il mondo animale e inventato la fotografia di nudo femminile? È per questo che la donna, nuda davanti l’obiettivo, deve essere tranquillizzante, materna, erotica, magari puttana e, comunque, poco pericolosa?

Quel che è certo: anche con l’affermarsi del web, quindi ormai consolidatosi il passaggio dalle foto su carta stampata e riviste alle immagini pubblicate in grandissimi numeri nel virtuale, una certa pericolosità ancora si ravvisa nel nudo, in genere, non solo in quello femminile. A tanto si giunge considerando se è vero (lo è) che anche volendosi addentrare in La guida completa per fotografare il nudo si dovrà prima accettare l’idea di voler guardare intenzionalmente le foto di nudo. E, infatti, si chiarisce, con caratteri in rosso, che saranno visibili senza filtri solo le foto di nudo “coperto”, categoria un po’ difficile da capire, mentre, invece: “Tutti gli scatti impiegati come esempio che includono una visione più omogenea del corpo umano sono invece linkati. Viene data quindi facoltà al lettore di accedere a quel particolare contenuto o andare avanti con la lettura.” Tutto ciò è qui.

Saltando a piè pari su aspetti più concreti e tecnici, conviene considerare subito il tema: luce. Di istinto si accederà, probabilmente e con approccio amatoriale, all’idea che sia necessario il flash per fotografare una parte o l’intero corpo umano. In realtà, questo sarebbe un modo drastico per eliminare ogni suggestione, qualsiasi forma di atmosfera che renda bella l’immagine, al di là dell’ambiente circostante. Il corpo, quindi, andrebbe considerato come un qualsiasi paesaggio naturale ma sempre alla luce della fotocamera che si ha a disposizione e della destinazione finale delle fotografie.

Risulta evidente che la fotocamere a pellicola potrebbe consentire di fotografare con poca luce e meglio di quelle digitali. Le seconde, infatti, in genere sono dotate di sensori meno adeguati e prive della posa B, almeno nella grande maggioranza dei casi.

In riferimento alle fotocamere a pellicola, quelle analogiche quindi, normalmente si usano pellicole da 100 o 200 Iso, fissandole su cavalletto al fine di usare lunghi tempi di posa, giungendo fino all’uso della posa B. In alternativa, per fotografare a mano libera come accade nelle dimostrazioni in cui si può fotografare modelle tra la ressa e con scarsa o inadeguata illuminazione, si potrebbero utilizzare le pellicole ultrarapide da 800 Iso, 1600 Iso e anche più. Ciò è possibile anche perché è migliorata la qualità delle pellicole ultrarapide, ormai caratterizzate da grana poco evidente. Stesso discorso vale per la resa dei colori, anche se in molti amano il BW anche per il nudo.

Un limite, per la verità, esiste e salta agli occhi qualora si realizzano forti ingrandimenti. Estremamente importante sarebbe riuscire a fotografare tutto quel che l’essere umano riesce a percepire e in tal caso potrebbe essere utile avvalersi della possibilità di “tirare” la pellicola in uso. Innanzitutto, per conseguire i migliori risultati possibili, conviene usare una 800 Iso da ‘tirare’ fino a 1600 Iso o una di queste misure per giungere sino a 3200 Iso. Come fare: basta puntare l’esposimetro su un valore diverso da quello nominale letto sulla confezione della pellicola. La differenza, nel risultato, la farà la qualità della fotocamera e chi svilupperà, cui bisognerà riferire che la pellicola è stata tirata. Meglio evitare di farlo con le diapositive, caratterizzate da una maggiore latitudine di posa.

Trascurando del tutto considerazioni di tipo moralistico, converrebbe chiarirsi quali siano le attitudini migliori del ritrattista di nudi. Siamo nell’ambito delle arti visive ma è chiaro che rispetto a un quadro, a esempio, emerge subito la differenza tra un gesto volutamente artistico e la documentazione di un soggetto ripreso esattamente così come è. Nel primo caso è più facile far emergere la valenza simbolica, nonché l’intenzione artistica; nel secondo, se non si saprà giocare opportunamente con le linee e le masse, sfiorate da una luce adeguata alle intenzioni, si resterà in un ambito dove conta soprattutto l’immagine sessuale/erotica, con conseguente svilimento dell’azione che si sperava fosse artistica e non volgare. Scadendo, appunto, nella volgarità, come può esserlo una fotografia pornografica, difficilmente si potrà individuare della buona fotografia e ciò al di là del fatto che i gusti son gusti. Rispetto alla bellezza in genere, invece, essendo per molti rilevanti le teorie che riguardano la simmetria del corpo, si rimanda agli approfondimenti che risalgano addirittura al V Sec. a.C. ovvero agli studi di Policleto.

Va segnalato, infine, che se la rappresentazione della bellezza in un corpo dovrebbe individuarsi certamente nella armonia delle pose e, quindi, attengono pure alla posizione statica che la modella o il modello sapranno assumere, è ovvio che svolgerà un ruolo l’equilibrio dinamico dei movimenti. Questi, nel contrarsi o rilassarsi, a esempio, di un muscolo, sapranno conferire anche alle forme l’armonia richiesta e ciò pure nel gioco luce/ombra.

Alessia Orlando e
Michela Orlando

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