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Merci più sicure sul mercato europeo

“Il fatto che un minor numero di prodotti pericolosi arrivi sul mercato dell’Ue è una buona notizia per i consumatori. Dobbiamo però mantenere alta l’attenzione in modo da far fronte alle sfide poste dalla filiera globale delle forniture e per affrontare i nuovi problemi legati alla sicurezza dei nuovi manifuatti via via che emergono. Per tale motivo rimane prioritaria la realizzazione del sistema di sorveglianza continuativa (seamless surveillance) rafforzando la cooperazione all’interno dell’Europa nonché la cooperazione con i partner internazionali”. È questa la dichiarazione di John Dalli, Commissario europeo responsabile per la salute e la politica dei consumatori, a margine della conferenza stampa, svoltasi lo scorso 8 maggio a Bruxelles, per la presentazione della relazione Rapex 2011.
Il Rapex è il sistema di informazione rapida sui prodotti di consumo pericolosi diversi dagli alimenti messo a punto dalla Commissione europea nel 2004, anno in cui la direttiva sulla sicurezza generale delle merci è stata recepita nelle legislazioni nazionali. Infatti, come ha sottolineato lo stesso Dalli, “i consumatori desiderano essere rassicurati quanto al fatto che i prodotti che acquistano, siano essi fabbricati nel territorio europeo o importati da paesi terzi, siano sicuri. La buona notizia è che, grazie all’accresciuta efficienza del sistema d’informazione, i prodotti pericolosi sono individuati prima e con più efficacia e sono rimossi più tempestivamente dal mercato. Tale processo comporta una concatenazione di azioni che comprende interventi a monte per eliminare, mediante soluzioni progettuali, i rischi alla fonte, una migliore valutazione dei rischi e una stretta cooperazione tra le autorità continentali, in particolare quelle doganali, per identificare i rischi nei punti d’entrata”.
Si tratta dunque di un sistema complesso che si è evoluto a partire dal 2004. Ad oggi gli Stati membri hanno speso fino a 100 milioni di euro e impiegato ben 6000 ispettori per assicurare il rispetto della normativa sulla sicurezza dei prodotti. La relazione 2011 sottolinea i risultati raggiunti, tra i quali una migliore sorveglianza del mercato, una più attenta valutazione del rischio ad opera delle autorità, una crescente cooperazione con le autorità doganali e un più stretto coordinamento tra i paesi membri e le autorità sovranazionali.
Ma quali sono i prodotti più segnalati? E che cosa si conosce dei Paesi dai quali provengono? Il primo paese per numero di notifiche per prodotti non sicuri rimane la Cina, con più della metà delle segnalazioni, anche se si registra un calo dal 58% nel 2010 al 54% del 2011. Il 19% delle notifiche, invece, riguardavano beni consumo di origine europea, il 15% provenienti altri paesi mentre nell’ 8% non è stato possibile risalire al paese di origine (rispetto al 23% nel 2004 la percentuale è calata costantemente grazie a un più efficace processo di tracciamento). Per quanto riguarda i beni commerciali realizzati nel nostro continente, le notifiche scattate sono in tutto 293 e di queste 44 arrivano dalla Francia (3%), 43 dalla Germania (3%) e 32 dal nostro paese (2%).
Tra gli articoli più segnalati, la relazione Raperx 2011 mette al primo posto gli indumenti e i prodotti tessili con 423 notifiche (riguardanti il rischio di soffocamento e di irritazione), seguiti dai giocattoli (324 notifiche essenzialmente per il rischio di soffocamento), i veicoli a motore (171 notifiche per il rischio di lesioni), le apparecchiature elettriche (153 notifiche per il rischio di folgorazione) e i cosmetici (104 notifiche per il rischio chimico). In queste categorie rientra il 74% di tutte i semafori rossi accesi nel 2011.
I Paesi più attivi nelle segnalazioni sono stati la Spagna con 189 notifiche, la Bulgaria (162), l’Ungheria (155), la Germania (130) e il Regno Unito (105): questi cinque paesi, complessivamente, sono stati responsabili del 47% degli interventi. L’Italia invece non è stata altrettanto attiva, con sole 27 procedure attivate nel 2011. Di queste, 26 sono state imposte dalle autorità e in un solo caso la società di produzione è intervenuta volontariamente. Notevole la differenza con la Germania, dove su 130 denunce, 107 sono state risolte su base volontaria. D’altronde uno degli obiettivi futuri della Commissione UE è proprio quello di sensibilizzare le imprese per renderle consapevoli dei loro obblighi.

Fonte: www.globalist.it 

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