La ventesima edizione del Premio Bianca d’ Aponte è stata vinta dalla cantautrice romana Valentina Lupi. L’artista ha vinto anche il Premio della Critica dedicato a Fausto Mesolella a pari merito con la musicista Irene Di Brino. Il brano vincitore è il singolo “Non potevi mancare tu”, che interpreta nella sua quotidianità, la voglia e la scelta di restare, dove pervade anche la trasparenza al dolore. Il suo album “Madre non Madre”, incarna un lavoro intenso e corposo, ma che si eleva nella tangibile e sottolineata armonia di tutte le sue sfaccettature.
Valentina, innanzitutto cosa significa vincere un premio così importante come il “Premio Bianca D’Aponte ?
Vincere questo premio così significativo è stato per me un punto d’arrivo ma anche un punto di partenza. Mi sono sentita riconosciuta, apprezzata, ho avuto la conferma che il mio percorso sta andando nella direzione giusta, che sono giunta in una casa nuova fatta anche di un pubblico attento e sensibile che mi ha accolto con calore, una casa dove posso ritornare ogni volta che partirò per una nuova avventura.
La scelta di portare il brano “Non potevi mancare tu”, dal tuo ultimo album “Madre non Madre”, è risultata vincente. Artisticamente e musicalmente dove nasce la decisione di portare proprio quella traccia in concorso?
Sono molto legata a “Non potevi mancare tu” perché è un brano che racconta l’amore nella sua realtà quotidiana. Prima di incontrare mio marito avevo sempre vissuto storie turbolente dove alla prima scossa mi davo alla fuga. In questa relazione abbiamo avuto entrambi il coraggio di restare, di difendere il nostro rapporto dalle tempeste che inevitabilmente si incontrano in tanti anni di convivenza. Abbiamo accompagnato il cambiamento mano per mano, siamo stati trasparenti anche davanti al dolore e io ho voluto raccontare questo mio viaggio dove credo in molti possano riconoscersi.
Nel tuo ultimo lavoro discografico ti avvali della collaborazione di Adriano Viterbini. Come è nato questo sodalizio musicale?
Io e Adriano siamo amici da molti anni, i miei esordi musicali sono stati caratterizzati anche dalla sua presenza. Suonavamo entrambi in un locale storico che adesso non c’è più dietro piazza Navona, “Il Locale” Ho sempre amato le sue produzioni e le sue evoluzioni. Quando ho iniziato a scrivere le prime canzoni dell’album, ho sentito che solo lui poteva lavorare su questi pezzi, avvertivo che avrebbe avuto la giusta sensibilità, e poi mi piacciono il suo stile e i suoi gusti musicali.
Madre non Madre, viene anche in un periodo importante della tua vita in cui se diventata madre. Con che aggettivo definiresti il tuo album?
È un album denso, pieno, corposo. È come se fosse un piatto ricco di ingredienti che non sono invadenti, che convivono in armonia tra loro.
Al tuo album e alla vittoria del Premio Bianca d’ Aponte seguiranno altri progetti?
Si certamente, il Bianca d’Aponte credo sia l’unico premio che non ti lascia mai sola. Ci sono stati nell’immediato concerti correlati all’evento e altri ideati dall’organizzazione del premio, un tour all’estero e nuove occasioni lavorative che sono legate a questa vittoria. Gaetano d’Aponte e Giovanna Vitagliano, genitori di Bianca, insieme a Gennaro Gatto e al direttore artistico Ferruccio Spinetti hanno organizzato una struttura solida, una rete di contatti che valorizza la nostra musica. Il premio nel tempo è cresciuto molto attirando attenzione. Bisogna però anche dire che è difficile sostenere tutto da soli, per far si che la rassegna abbia continuità sarebbe necessario, a mio avviso, un ulteriore sostegno, un occhio di riguardo da parte di enti e istituzioni più grandi che ne riconoscano l’importanza. È un patrimonio enorme del nostro paese, un evento che difende la nostra cultura, la nostra musica, soprattutto valorizza il cantautorato femminile.
Sergio Cimmino