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Vittime innocenti: 19 settembre

  • 1959 Giuseppina Savoca
  • 1994 Leonardo Santoro
  • 1994 Calogero Panepinto e Francesco Maniscalco

1959
Giuseppina Savoca

Di 12 anni
Uccisa a Palermo

Giuseppina Savoca stava giocando per strada quando venne colpita da un proiettile vagante nel corso di una sparatoria avvenuta la sera del 19 settembre nella quale rimase ucciso il pregiudicato Filippo Drago, 51 anni, proprietario di una profumeria e ferito leggermente suo nipote Giuseppe Gattuso di 22 anni. Giuseppina non morì immediatamente: fu trasportata in ospedale e si spense per complicazioni polmonari tre giorni dopo il ricovero.


1994
Leonardo Santoro
Di 19 anni
Ucciso a Carovigno (BR)

Leonardo Santoro è stato uno studente brindisino, fratello del collaboratore di giustizia Antonio Santoro, e per questo ucciso a 19 anni per vendetta, per volere del boss Salvatore Cappelli che partecipò al delitto assieme ai pentiti Vito Di Emidio, detto Bullone, e Benedetto Stano, detto Adriano. L’omicidio fu un segnale per tutti quelli che avevano intenzione di collaborare con la giustizia.


1994
Calogero Panepinto e Francesco Maniscalco

Di 54 e 42 anni
Uccisi a Bivona (AG)

Vennero uccisi Calogero Panepinto, fratello di Ignazio Panepinto, e Francesco Maniscalco (in foto). I killer tornarono in contrada Magazzolo, a pochi chilometri da Bivona, quattro mesi dopo l’uccisione di Ignazio Panepinto. Calogero Panepinto aveva riaperto i cancelli della miniera di Ignazio.

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Dopo il primo agguato, la cava rimase chiusa per quattro mesi, fino al 18 Settembre. La mattina del 19 settembre, seconda giornata di lavoro, Calogero arrivò dinanzi ai cancelli della fabbrica in macchina col figlio, Davide di 17 anni, e l’operaio Francesco Maniscalco, 42 anni. Avevano appena aperto gli sportelli della vettura quando arrivarono tre uomini in auto che, con le pistole e i fucili, non lasciarono scampo. Il titolare e il suo operaio caddero insieme. Rimase colpito anche Davide ma i killer per fortuna non si accorsero di averlo solo ferito gravemente. Le indagini sostennero l’ipotesi che Calogero Panepinto fosse stato ucciso perché aveva fatto lo “sgarro” di riaprire la cava e perché disturbasse gli affari degli appalti pubblici, monopolio delle cosche.