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Francesco Lettieri: “Creo musica per comunicare, sensibilizzare gli animi per educarli alla legalità”

Con il brano “Inverno” ha vinto l’edizione 2021 del “Premio Music For Change” organizzato dall’Associazione Musica Contro le Mafie ricevendo la menzione speciale del “Club Tenco”. Artista, compositore e pianista il campano Francesco Lettieri grazie alla sua eleganza di stile, virtuosità e poliedricità artistica si sta confermando tra i più interessanti artisti del panorama musicale nazionale. Negli ultimi anni ha conseguito numerosi ed importanti riconoscimenti come miglior arrangiamento all’Ugo Calise Festival, il Musicultura, finalista a Sanremo Giovani nel 2020, il Premio Bindi e il Premio Pierangelo Bertoli. In questa speciale intervista ci racconta la sua intima esperienza ai soundbocs di Cosenza, luogo creativo e di aggregazione creato dal Musica Contro le Mafie e dedicato ai finalisti della nota rassegna musicale.

Francesco, iniziamo subito dalle emozioni. Quanto è duro dopo pochi giorni, lasciare quella che stata anche la “tua casa residenza” creativa del soundbocs di Cosenza?

Molto. E’ stato tutto molto intenso. Confesso che quando mi sono iscritto a Musica contro le Mafie non avevo altro che l’ambizione di partecipare a uno dei migliori concorsi per cantautori in Italia, e credevo fosse un concorso come un altro, una mail come un’altra da mandare. Tutto sbagliato. Gennaro De Rosa, che è il direttore artistico, ha creato qualcosa di unico, a cui è impossibile non affezionarsi, in cui vengono prima le persone che gli artisti, in cui si ha costantemente la sensazione che qualcuno si stia prendendo cura di te, e che basti coltivare la propria bellezza interiore per sentirsi realizzati a fine giornata, esattamente come per me dovrebbe essere il mondo. La gara, per me, è passata assolutamente in secondo piano, già dal primissimo giorno. So che sembra facile dirlo, dopo aver vinto il primo premio e la menzione del Club Tenco, e per questo non ho avuto il coraggio di dirlo sul palco, però è davvero così. La parola chiave per capire cosa era davvero importante lì, in quei giorni simili a una fiaba, è questa: partecipazione. Partecipazione agli incontri, alla vita collettiva con gli altri ragazzi in gara e con tutte le stupende persone dello staff e dell’organizzazione, partecipazione alle emozioni, al sentire collettivo degli altri. E’ stato magico, davvero.

I soundbocs sono un esperienza immersiva, intesa, sei a tu per tu con la tua creatività. Confermi?

Sì, i soundbocs mi hanno sbalordito. Tra l’altro, se non vado errato, Cosenza è l’unica città in Italia ( se non addirittura in Europa) che può vantare una realtà del genere. Oltre che alla poesia di essere immersi nella propria creatività, seduto a un piano ( nel mio caso) a guardare oltre una splendida vetrata che affacciava sulla malinconia della natura, quello che è stato importantissimo – lo sto capendo in questi giorni, rielaborando l’esperienza vissuta- è il crearsi di una potentissima routine. Il fatto che , ogni giorno, al risveglio io sapessi che, scese le scale, ci sarebbero stati ad aspettarmi nient’altro che un pianoforte e la mia canzone era davvero potente. Mi faceva sentire entusiasta, mi faceva sentire forte, importante, mi faceva credere a quell’illusione da cui ogni artista parte quando scrive la prima canzone: che la sua musica può cambiare il mondo.

Ma la musica è anche condivisione, legami, amicizie. Chi sono stati i tuoi compagni di viaggio di questa esperienza che ricordi con affetto?

Ricordo tutti, con affetto, nessuno escluso. Abbiamo legato tutti e abbiamo passato dei momenti bellissimi tutti insieme, che ci hanno tanto uniti. Certo ci sono delle persone a cui mi sono più legato. Non posso non citare Rosita e soprattuto Nicola, degli Alic’è, che era entrato a far parte di questa routine di cui parlo, ogni mattina andavamo al bar oltre il ponticello che attraversa il fiume, a prendere un caffè e parlare di tantissime cose. Vincenzo degli Yosh Whale, con cui ho avuto subito quella sensazione di conoscersi da sempre, di affinità di spirito. Anna, in arte Sugar, a cui ho voluto bene da subito, così come Preziosa. Però ste domande tipo “vuoi più bene a mamma o a papà” sono malvagie, eh.

Il Premio MCLM e il Club Tenco di ha premiato come vincitore assoluto. In ogni vittoria c’è un percorso che ti guida al traguardo. Qual è stata la scintilla creativa che ha innescato tutto ciò?

La storia della genesi di “Inverno”, il brano che mi ha portato alla vittoria è, come spesso accade, lunga e piena di profonde crisi. Avevamo una decina di giorni per comporre il brano, registrarlo ed eseguirlo in concerto alla finale, ma già dopo 6 giorni, in realtà, era previsto un incontro con i coach e il direttore artistico al back stage per suonare o comunque far ascoltare una bozza del brano a tutti e parlarne. Bene. Io ero l’unico a non aver terminato il brano, in quella sede, e ne feci ascoltare solo il piccolo frammento che avevo finito, cosa che ho odiato, perché quando io scrivo è tutto in continua evoluzione e mutamento, nulla è definitivo finché non ci sono tutti i pezzi del puzzle, perciò far ascoltare qualcosa di incompiuto mi faceva sentire nudo e fragilissimo, perché neanch’io, finché il brano non è finito, non so dove sto andando di preciso. Per quanto riguarda l’ispirazione, per i primi tre giorni ho seguito una strada che non mi convinceva. Dato che sentivo su di me il peso del tema che mi era stato affidato ( resistenze, democrazia e antimafia), che era un po’ quello più rappresentativo di tutta la mission del concorso, avevo pensato di prendere una vicenda realmente accaduta e raccontarla in musica, e stavo iniziando a buttar giù qualcosa, utilizzando una melodia che avevo selezionato tra i milioni di vocali sul cellulare preni di idee che mi vengono nei momenti più strani della giornata, per esempio mentre guido, o mentre faccio la spesa. Era quindi una melodia che avevo registrato chissà quanti mesi prima, che non c’entrava niente con quello che stavo vivendo lì a Cosenza. Un pomeriggio, poi, mentre ero in preda a una profonda angoscia data dal fatto che tutti avevano già finito o quasi e io invece ero praticamente a zero, mi sono seduto al piano, ho guardato oltre il vetro del bocs, ed è nata da sola una melodia, accompagnata da una riga di testo “oggi voglio arrendermi soltanto per un po’”, che sarebbe poi diventata una frase del ritornello di “Inverno”. Quella musica mi dava pace, mi faceva stare bene, e poi era nata lì, da quell’esperienza, dal contatto con gli altri e con la natura, quindi era giusto continuarla. Ho abbandonato quindi la vecchia idea, buttato tutto il lavoro dei primi tre giorni e mezzo, e ho cominciato da capo. E’ stata dura, però è andata bene.

Musica e cultura sono gli antidoti principali all’illegalità. Credi che la tua arte possa fare da collante e da ponte verso la legalità?

E’ una domanda impegnativa. Inizio col dire che non ho una tale pretesa, negli intenti che mi spingono a scrivere musica. Lo confesso qui, come ho fatto anche altrove: io scrivo musica solo perché, semplicemente, ne ho bisogno. Perché ho bisogno, non voglia, di dire delle cose, un bisogno che diventa praticamente fisico, e che smania per uscire da me. Lo faccio perché mi fa stare bene, perché mi appaga, mi rende felice. Quando ero più piccolo pensavo addirittura che mi bastasse stare chiuso nella stanza a suonare, che non avessi bisogno di qualcuno a cui fare ascoltare la mia musica, e per fortuna ho capito prestissimo che mi sbagliavo, che era una bugia. Io ho bisogno di un pubblico, e in un certo senso io vivo per il pubblico, perché dell’atto estetico del creare musica a me non importa nulla, io ho bisogno di comunicare, e per comunicare c’è bisogno di qualcuno che ascolti e che, meglio, risponda. La magia che si crea ai concerti è una cosa che a me dà dipendenza. Chiarito il motivo per cui faccio musica, vado a rispondere alla domanda. Io credo che la musica tutta, tutta quella onesta perlomeno, quella nata col cuore e da un’esigenza intima, serva a combattere l’illegalità. Perché sensibilizza gli animi, li educa, aiuta a far sviluppare un pensiero critico, tutte cose che, anche indirettamente, vanno a creare persone migliori o almeno più consapevoli e che quindi meno probabilmente aderiranno a dinamiche di illegalità, a sistemi di valori deviati e in cui non si riconoscono.In questo senso spero, mi auguro, di riuscire, nel tempo, a creare canzoni che appartengano a questa categoria.

Musicista, autore, compositore. Da anni stai costruendo un percorso artistico musicale virtuoso, strutturato, da vero artista di spessore. Il tuo approccio ai nuovi progetti musicali è quello di misurarti sempre con te stesso, oppure preferisci plasmare la tua arte ricercando sempre nuove sonorità?

Dopo alcune esplorazioni iniziali, sia per quanto riguarda la vocalità che le sonorità, credo di aver trovato una mia identità che, adesso, mi piace, in cui mi sento felice. Una realtà sonora intima, densa di emozioni, in cui la voce e il pianoforte sono protagonisti degli arrangiamenti e dei messaggi che la canzone vuole comunicare. Non significa che non cambierà, eh. Io sono uno che si annoia presto, e spesso devo trattenere me stesso dal modificare troppo la struttura, armonica e/o formale, di una canzone per preservarne l’intelligibilità. Vedremo!

Sergio Cimmino

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