Mafia meno incline alla violenza ma maggiormente legata ai professionisti/colletti bianchi
Ben 83% degli intervistati ritiene che i politici nazionali hanno favorito l’espansione delle mafie in Italia, l’81% degli intervistati ritengono colpevoli i partiti politici e i politici locali.
Un’Italia dove la corruzione politica si conferma un fenomeno profondamente radicato, nelle percezioni e nelle esperienze dei cittadini.
Il 30% degli intervistati ritiene che i fenomeni di corruzione siano più diffusi rispetto all’epoca di tangentopoli
Impennata record di interdittive antimafia nell’anno del Covid: nel 2020 sono state 2130, 177 al mese, sei al giorno con un incremento del 38% rispetto il 2019.
Aumentano anche le segnalazioni di operazioni sospette (SOS) ricevute dalla UIF :nel 2020 sono state 113.187, con un aumento del 7,0% nel confronto con l’anno precedente.
Libera presenta Rapporto “Il Triangolo pericoloso. Mafie, corruzione e pandemia”
Con i commenti tra gli altri di Federico Cafiero de Raho, Roberto Saviano,
Romano Prodi, Carlo Cottarelli, Tito Boeri, Rosy Bindi, Giuseppe Lombardo,
Maurizio Landini, Nando Dalla Chiesa e Gian Carlo Caselli.
Un paese dove emerge la netta consapevolezza sulla diffusione oramai nazionale (26%) e, soprattutto, internazionale (45%) del fenomeno mafioso. Una mafia meno incline alla violenza rispetto al passato ma dove emerge anzitutto la netta percezione, espressa dalla grande maggioranza degli intervistati, di una mafia sempre maggiormente legata ai professionisti/colletti bianchi (45%), cioè di una crescente parte di tali categorie contigua, se non addirittura intranea, alle organizzazioni mafiose.Bocciato l’impegno della politica nel contrastare la mafia. E dove è forte la sfiducia soprattutto confronti di membri del governo e del Parlamento e dei partiti. Ben 83% degli intervistati ritiene che i politici nazionali hanno favorito l’espansione delle mafie in Italia, l’81% degli intervistati ritengono colpevoli i partiti politici e i politici locali. Un’Italia dove la corruzione politica si conferma un fenomeno profondamente radicato, nelle percezioni e nelle esperienze dei cittadini. Il 30% degli intervistati ritiene che i fenomeni di corruzione siano più diffusi rispetto all’epoca di tangentopoli mentre un’ampia maggioranza(58%)ritiene l’ammontare di corruzione sia equivalente – dunque capillare e sistemico. La fotografia sulla percezione e presenza delle mafie e della corruzione nel nostro paese nell’anno del Covid è stata scattata da Libera che ha raccolto i risultati dell’indagine curata da Demos su un campione di 995 persone intervistati nel mese di novembre all’interno del Rapporto “Il Triangolo pericoloso. Mafie, corruzione e pandemia” con i commenti tra gli altri di Federico Cafiero de Raho, Roberto Saviano, Romano Prodi, Carlo Cottarelli, Tito Boeri, Franca Maria Rita Imbergamo, Rosy Bindi, Giuseppe Lombardo, Maurizio Landini, Nando Dalla Chiesa e Gian Carlo Caselli.
“E la pandemia è tra i protagonisti del rapporto- spiega Francesca Rispoli, curatrice del Rapporto e ufficio presidenza di Libera-, perché si è pensato che fosse particolarmente importante stimolare le risposte su come il virus sia un’occasione per le mafie e la corruzione e su quale destinazione fosse importante dare ai fondi dell’Unione Europea, per spingere la ripartenza. Come ha scritto Federico Cafiero De Raho, procuratore nazionale antimafia, “c’è il serio rischio che le mafie possano aumentare il proprio business in questa situazione di emergenza: penso all’offerta che hanno dato in alcuni territori alle famiglie in difficoltà, ma anche ai settori economici funzionanti come quello ortofrutticolo, della grande distribuzione agroalimentare o dei rifiuti speciali, in cui investono e che sono ora ancora più strategici. Con la Dia e la Guardia di finanza stiamo monitorando la situazione ed effettuando degli approfondimenti”.”
Un’ allarme dimostrato anche dall’incremento di alcuni reati spia. Nell’anno del Covid si registra un’impennata record del numero di interdittive antimafia: secondo i dati del Ministero dell’Interno nel 2020 sono state 2130, 177 al mese, sei al giorno con un incremento del 38% rispetto il 2019. Il 68% delle interdittive riguardano le regione del sud mentre il 24% sono state emanate nel Nord Italia. Le segnalazioni di operazioni sospette (SOS) ricevute dalla UIF( Unità di Informazione Finanziaria per l’Italia-Banca d’Italia) nel 2020 sono state 113.187, con un aumento del 7 % nel confronto con l’anno precedente. A fronte di una diminuzione al Nord, in particolare in Lombardia (-6,2%) e Liguria (-10,4%),Friuli Venezia Giulia (-6,2%) nel resto del Paese le Sos sono in aumento:+35,6% nel Lazio,+20% in Puglia,+20% in Calabria, +14% in Campania e +23,7% in Sardegna, in Trentino Alto Adige (+23,5%). Da registrare anche aumenti nelle regione medio piccole Basilicata (+13%) Umbria (+6%) Valle d’Aosta (+15,7%).A livello provinciale, Prato, Milano, Napoli, Roma e Rimini si collocano ai primi cinque posti per numero di segnalazioni di operazioni sospette in rapporto alla popolazione.
“Quest’indagine sulla percezione di mafie e corruzione durante la pandemia non è solo un prezioso strumento conoscitivo: è anche un antidoto alla disattenzione e alla “normalizzazione”. Di mafie e corruzione- commenta Luigi Ciotti, presidente nazionale di Libera- si parla infatti poco e male, da quando la questione Covid ha monopolizzato la scena. E tutto ciò mentre, nonostante il grande impegno di magistrati, forze di polizia e istituti di vigilanza, mafiosi e corrotti continuano ad agire nell’ombra, provocando e diffondendo mali da tempo intrecciati in un abbraccio mortale. Se è vero dunque che da un lato il Covid ha evidenziato piaghe pregresse come le ingiustizie, le povertà, lo smantellamento dello Stato sociale e della sanità pubblica, è anche vero che, passata l’emergenza sanitaria, rischiamo di trovarci con altri problemi ingigantiti perché meno oggetto d’attenzione pubblica e politica. Problemi aggravati dall’indifferenza, dalla sottovalutazione, dalla percezione distorta, cioè dagli ingredienti che da sempre producono una “normalizzazione”. È un meccanismo noto: quando un problema non viene affrontato alla radice ma solo con estemporanei interventi “tampone”, lo scandalo del suo persistere viene mitigato se non rimosso dalla sua “normalizzazione”, cioè dal fingere che il problema non esista o sia meno grave di quel che sembra.”
Mafie. I risultati dell’indagine mostrano che ben il 55% degli intervistati valuta negativamente le politiche dello Stato per contrastare la mafia, mentre “l’impegno della politica per contrastare la mafia” è valutato negativamente per il 60% degli intervistati. Una larga maggioranza degli intervistati (66%) valuta positivamente il 41 bis l’impiego del carcere di isolamento per i mafiosi. L’83% degli intervistati ritengono che i politici nazionali hanno favorito l’ espansione delle mafie, segue con 81% i politici locali e i partiti mentre per il 68% degli intervistati ritengono le banche responsabili dell’espansione delle mafie. I settori dove la mafia è più attiva per il 43% degli intervistati riguardano gli ecoreati, in particolare la gestione dei rifiuti, al secondo posto dopo i traffici di droga( 63%). Ma se includiamo in questa analisi l’altra filiera principale dell’ecomafia, quella del ciclo illegale del cemento, a quel 43% si deve sommare anche il 20% di chi indica l’edilizia come uno dei settori privilegiati dalle organizzazioni mafiose. La risposta del campione intervistato al quesito “secondo lei la mafia oggi rispetto al passato è più o meno legata ai professionisti e colletti bianchi” offre non pochi spunti di riflessione. Emerge anzitutto la netta percezione, espressa dalla grande maggioranza degli intervistati, di una mafia sempre maggiormente legata ai professionisti/colletti bianchi. Appena il 10% del totale pensa che le cose vadano meglio rispetto al passato, cioè che la mafia sia meno legata di prima ai colletti bianchi, mentre la maggioranza (45%) ritiene che lo sia maggiormente e la restante parte (39%) in misura uguale rispetto al passato. Secondo la dichiarata posizione politica, è interessante notare che i più propensi a rispondere che le cose vadano meglio rispetto al passato sono gli elettori di Forza Italia e della Lega, mentre gli elettori di sinistra e di centrosinistra che pensano allo stesso modo sono in percentuale assai inferiore. Tuttavia occorre notare che è nella destra che si rinviene la percentuale più bassa di coloro che ritengono che le mafia sia oggi meno legata ai professionisti e ai colletti bianchi : gli elettori di Fratelli d’Italia che pensano così sono appena il 5% del totale.
Corruzione. Per 81% degli intervistati ‘la corruzione in politica è lo specchio della società italiana’. Opinione prevalente del Nord Est (83%) e del Sud/isole (84%). Si tratta in prevalenza di persone che si collocano nel centro destra, con un picco di preferenze per la Lega (95%). Un’altra larga fetta dichiara di votare il Movimento 5 stelle (88%). Il 71% degli intervistati ritengono che con ‘l’emergenza Covid-19 la corruzione in Italia si sta diffondendo ancora di più’. Un’altra domanda del sondaggio Demos – Libera chiedeva agli intervistati di localizzare dove fosse maggiormente diffusa la corruzione, tra nove possibili attività, scegliendo tra ‘molto diffusa’ e ‘riguarda solo casi isolati’. In questo caso la prevalenza delle grandi opere è netta e arriva all’85%. La domanda nella quale si fa menzione della sanità, nel novero dei servizi, totalizza il 65% di risposte “molto diffusa”. Si nota una distinzione tra politica nazionale, considerata più assoggettabile allo scambio corruttivo (74%) e quella locale, considerata meno suscettibile (62%). Alla domanda “secondo lei oggi, rispetto all’epoca di tangentopoli, la corruzione è diffusa meno/allo stesso modo/di più?”. Comparando la situazione odierna con quello che rimane un termine di riferimento unico ed estremo – nessuna democrazia moderna ha mai conosciuto uno scandalo dell’ampiezza di tangentopoli – dominano sfiducia e disincanto: il triplo di chi legge un miglioramento ritiene invece che i fenomeni di corruzione siano più diffusi di allora (30% contro il 10%); un’ampia maggioranza (58%) ritiene l’ammontare di corruzione sia equivalente – dunque capillare e sistemico. Come prevedibile, le preferenze politiche sembrano incidere in modo rilevante sulle opinioni relative all’andamento della corruzione politica. La tesi dell’immutabilità del fenomeno – oggi come tangentopoli – trova proseliti soprattutto al centro dello spettro politico (70%), ma anche tra gli elettori del M5S (66%). A conferma di una “politicizzazione” del tema, per sua natura “divisivo” nel dibattito politico e nel discosto pubblico, si nota che i giudizi più negativi – oggi c’è più corruzione che ai tempi di tangentopoli – si osservano soprattutto tra gli elettori genericamente di destra (34%), di Forza Italia (40%) e Lega (38%). Da ultimo, sorprende come la quota più bassa di ottimisti si trovi tra gli elettori del M5S – appena il 7% vede un progresso rispetto agli anni di mani pulite, ben il 66% ritiene la situazione immutata – nonostante proprio quel partito si sia intestato il merito dell’approvazione nel 2018 di una legge che nelle intenzioni dei promotori avrebbe dovuto “spazzare via” i corrotti.
Pandemia e Recovery Found . Alla domanda posta da Demos-Libera che chiedeva in quali settori investire i fondi europei gli italiani non hanno esitazioni. La grande maggioranza, 75%, indica la Sanità. Del resto, in tempi cui la curva pandemica segna ancora traiettorie preoccupanti la salute diventa la questione principale. Angoscia un po’ tutti i cittadini (anche se in misura maggiore le donne e gli abitanti del meridione). Segue la Scuola, che non assume la rilevanza della Sanità, ma, testimonia quanto la formazione venga considerata importante dagli italiani, tanto da essere indicata da oltre un intervistato su tre (35%). Al terzo posto si colloca il mondo dell’Università e della Ricerca (26%), che viene valorizzata dai più giovani (18-34 anni: 35%). Fra le istituzioni che, secondo i rispondenti, possono favorire maggiormente la ripresa economica del paese troviamo praticamente a pari merito le imprese e il governo (38%), seguite da università e ricerca(30%.) Significativa la minore considerazione delle amministrazioni locali. In fondo alla lista i partiti politici e i sindacati. Oltre il 70% dei cittadini intervistati ritiene che, spinta dall’emergenza Covid, mafie e corruzione in Italia si stiano diffondendo ancora di più. In particolare la mafia aumenta la sua presenza. E il suo potere. Questa convinzione, peraltro, trova “molto” d’accordo più del 50% degli intervistati. Per la precisione: il 55%, per quel che riguarda l’infiltrazione mafiosa. Inoltre, è interessante osservare come, sul piano territoriale, l’attenzione verso l’infiltrazione mafiosa sia particolarmente acuta nel Nord, soprattutto nel Nord Ovest, mentre nel Nord Est è maggiore la sensibilità al fenomeno della corruzione.
Principali commenti inseriti nel Rapporto di Libera
Carlo Cottarelli
docente all’Università Bocconi di Milano e direttore dell’Osservatorio sui Conti Pubblici dell’Università Cattolica di Milano
Un’adeguata spesa pubblica in sanità e istruzione è infatti per me essenziale per garantire all’Italia una crescita sociale ed economica equilibrata e giusta. Per “giusta” intendo una crescita che offra a tutti la possibilità di realizzarsi, seguendo quel principio alla base anche dall’articolo 3 della nostra Costituzione. Credo che un’uguaglianza di possibilità, di punti di partenza, sia quello che negli ultimi decenni ha frenato lo sviluppo sociale ed economico italiano. La pubblica istruzione è essenziale in tutte le sue componenti per realizzare un ideale di uguaglianza di possibilità. Inoltre, le risorse messe a disposizione dall’Europa attraverso il programma Next Generation European Union, visto lo scopo dichiarato di tale programma, devono essere, in generale, rivolte alla crescita e non c’è dubbio che la formazione del capitale umano sia prioritaria per la crescita. Lo sono però anche gli investimenti materiali e il sondaggio conferma che queste aree sono, anche nel parere degli italiani, ai primi posti nella classifica di come dovrebbero essere usate le risorse europee. Stanno in posizione abbastanza elevata sia le politiche ambientali e del territorio, sia le grandi opere e le infrastrutture. Mi sembra la combinazione appropriata nel definire gli investimenti pubblici. Quando pensiamo a questi, pensiamo spesso soltanto alle grandi opere infrastrutturali. Ma al momento l’Italia beneficerebbe molto anche dal mettere in sicurezza il territorio e, in generale, da una marea di investimenti pubblici, di piccole e medie dimensioni, volti a migliorare, per gli italiani, la vita e la possibilità di partecipare al mondo produttivo.
Romano Prodi
Presidente della “Fondazione per la collaborazione tra i popoli”
Il quadro che emerge dall’indagine Demos sembrerebbe fornirci un’immagine del tutto pessimistica sulle possibilità di riscatto futuro del nostro paese ma, quando poi si chiede quali istituzioni possano favorire la ripresa economica, l’attesa non si rivolge, come mi sarei aspettato, allo spirito individualistico degli italiani, ma all’azione delle imprese e del governo. Si fa cioè fondamentalmente appello a un miglioramento della presenza degli attuali responsabili della gestione dell’economia italiana. Non si attendono quindi interventi miracolistici, ma si chiede a coloro che hanno il compito di portare avanti il paese che lo facciano nei modi dovuti. Dai drammi sociali si esce solo se ciascuno compie il proprio dovere. Naturalmente si può concludere che il vero miracolo sarebbe proprio che le strutture pubbliche e private facessero semplicemente il proprio dovere.
Gian Carlo Caselli
Presidente Onorario di Libera
Secondo la ricerca di Demos per Libera il rischio (denunziato da vari magistrati) che le mafie occupino spazi per effetto della crisi causata dal Covid è largamente percepito – e condiviso – dagli italiani. Un po’ come quando si scriveva “come volevasi dimostrare” (CVD) a suggello di un ragionamento matematico. Perché purtroppo si tratta di un rischio che rientra nell’ordine logico delle cose. Da sempre, e ben prima del virus, le mafie accumulano ogni giorno una barca di soldi grazie alle loro attività illecite (traffici di droga, armi, esseri umani, rifiuti tossici; gioco d’azzardo; racket delle estorsioni o “pizzo”; usura; appalti truccati…). Una liquidità che non conosce mai crisi. Ma questi soldi sporchi per poterseli godere le mafie li devono riciclare, investendoli in attività di per se stesse normali. Riciclando, le mafie hanno costruito una potente economia parallela, una melma che si insinua dovunque, risucchiando nel suo vortice commerci, imprese e forze economiche sane. In questo quadro ha ora fatto irruzione il coronavirus. Ed è drammaticamente evidente che esso ha causato – oltre a danni devastanti alla qualità della vita e alla salute delle persone – uno shock economico finanziario di proporzioni gigantesche. I vantaggi (in particolare non soffrire per nulla di crisi di liquidità) di cui già “normalmente” godono i mafiosi, per effetto del Covid sono aumentati in misura vertiginosa. E si sono spalancate nuove opportunità, che il DNA di sciacalli-avvoltoi dei mafiosi, specializzati nell’approfittare delle sofferenze e disgrazie altrui, è “allenato” da sempre a cogliere al volo.
Giuseppe Lombardo
Procuratore Aggiunto della Repubblica presso il Tribunale di Reggio Calabria
Quando i numeri del contagio saranno più chiari e la fase emergenziale tenderà a scemare, la ‘Ndrangheta cercherà di comprendere a fondo quali scenari economici si andranno a delineare in Italia ed all’estero. Sarà quella la fase in cui gli analisti mafiosi, su incarico delle grandi organizzazioni criminali, saranno chiamati ad individuare i settori produttivi più appetibili, in cui immettere gli enormi capitali sporchi di cui il complessivo sistema mafioso dispone. La ‘Ndrangheta – come le altre organizzazioni mafiose di rango elevato – è ben consapevole che soltanto i capitali sporchi e non tracciabili possono essere collocati sul mercato in modo agile ed immediato, senza scontare le lungaggini correlate al rispetto dei patti di stabilità o delle regole globali di distribuzione del credito bancario. Il grande pericolo a cui andremo incontro sarà collegato proprio al tentativo delle grandi mafie di dare attuazione, approfittando della profonda crisi mondiale post epidemia e delle sempre striscianti condotte corruttive, al progetto mai abbandonato di creare un “sistema bancario parallelo” a quello legale, diretto a fornire liquidità non più direttamente all’imprenditore che ne ha certamente bisogno, ma al più ampio sistema finanziario chiamato a canalizzare ingenti risorse liquide verso la grande impresa. Quando l’emergenza sarà finita, il sistema criminale di tipo mafioso avvierà la fase finale di tale ambizioso programma, finalizzato a stabilizzare il suo ruolo baricentrico nel mutato scenario economico mondiale. In altri termini, la ‘Ndrangheta non mirerà più solo ad acquisire la gestione occulta di imprese, piccole o grandi che siano. Cercherà, più che in passato, di rafforzare la sua presenza nella gestione dei servizi essenziali – non più limitati allo smaltimento dei rifiuti o al ciclo del cemento – ma anche al settore creditizio, a quello sanitario, delle forniture medicali o, più in generale, dei beni di prima necessità. Sarà indispensabile impedire che tale scenario si avveri, scongiurando il rischio che la attuale pandemia sia seguita dal definitivo, catastrofico ed irreversibile, contagio criminale del tessuto economico sano da parte del capitalismo mafioso. Vanno introdotti, con urgenza, nuovi strumenti normativi mediante interventi di riforma della legislazione antimafia, che possano garantire la protezione dell’economia legale ed agevolare non solo la fase giudiziaria in senso stretto ma anche, e soprattutto, quella informativa e di analisi pre-investigativa, quale fondamentale avamposto diretto ad individuare senza ritardi le prossime, prevedibilissime, tendenze evolutive dei fenomeni criminali di tipo mafioso del terzo millennio.
Roberto Saviano
scrittore,giornalista
L’Italia che emerge da questo sondaggio è un’Italia consapevole, per certi versi divisa sull’interpretazione dei fatti mafiosi, ma cosciente che le mafie sono al centro dei problemi economici del Paese, dove il Covid sta pregiudicando sempre di più gli argini che contenevano il potere mafioso. In una situazione del genere la grande responsabilità è politica perché il paese è culturalmente, e questo sondaggio lo mostra, pronto ad ascoltare le dinamiche che stanno vessando, come la mancanza di liquidità onesta, un denaro che viene fornito con il denaro criminale. Entrando nel dettaglio, l’indagine di Demos e Libera restituisce dei risultati inaspettati. Innanzitutto si mostra come la percezione delle organizzazioni criminali sia completamente diversificata tra gli intervistati. La maggior parte delle persone segnalano ormai con grande consapevolezza che non potrebbe esistere potere mafioso senza un’alleanza con la politica. Complessivamente non si considera più il fenomeno mafioso come un fenomeno del Sud ma si intravede la sua capacità espansiva e capillare, anche se c’è un residuo di elettorato di centro-destra, leghista e di Forza Italia, che è ancora convinto che sia un problema meridionale. Ecco che il sondaggio, complessivamente ci racconta di un Paese che sta vedendo cosa sta accadendo anche se ha visioni diverse e a volte delle ingenuità nella lettura dei fatti. Un Paese che rispetto al resto del mondo, avendo le mafie più antiche, può contare su una cultura antimafiosa molto più in allerta. Disperderla è imperdonabile coltivarla è necessaria: il carburante democratico risiede in queste miniere di consapevolezza. Quando se ne accorgerà la politica?
Federico Cafiero de Raho
Procuratore Nazionale Antimafia e Antiterrorismo
Una rilevazione tanto più importante in un momento storico come quello che stiamo vivendo, nel quale l’incertezza si fa largo nella vita delle persone, così come il depauperamento materiale; e il rischio di allontanare dalla visuale fenomeni che si ritengono meno vicini, è ancora più alto. È ormai noto (e le inchieste ce lo confermano ogni giorno di più) che le mafie e la corruzione hanno trovato modalità di infiltrazione innovative e pervasive, che non hanno più un perimetro prefissato di azione, ma generano traffici illeciti in tutto il globo, che le attività che conducono lambiscono la vita quotidiana di ciascuno, anche quando risultano invisibili ai nostri occhi. Vi è il grave rischio che le mafie approfittino della crisi economica generata dalla pandemia. Ad oggi il monitoraggio attivato da Guardia di Finanza, Polizia, Carabinieri, Direzione nazionale e Procure distrettuali antimafia è enorme. E il lavoro passa per l’analisi di eventuali casi di riciclaggio partendo dalle segnalazioni delle operazioni sospette. Anche qui la prevenzione è così elevata che ci ha consentito di individuare numerose acquisizioni anomale. Alcune indagini hanno già evidenziato l’esistenza di questo fenomeno. Del resto, ormai le organizzazioni criminali dispongono di ricchezze così considerevoli che il rischio di ampliare la loro capacità economica attraverso l’investimento in soggetti già operativi è altissimo.
Maurizio Landini
Segretario Generale della CGIL
L’insorgere della pandemia ha messo in evidenza non solo nuovi problemi, ma ha squadernato tutte le debolezze del nostro Paese e i suoi mali preesistenti, frutto di decenni di politiche sbagliate e di sottovalutazioni drammatiche, ove non connivenze, come il radicarsi delle mafie o il diffondersi capillare della corruzione. L’indagine fotografa nitidamente il “momento” che stiamo vivendo, e rivela come alle preminenti domande di “protezione” e di “futuro” sia possibile rispondere, a mio avviso, solo costruendo un nuovo modello di sviluppo, un nuovo modello economico e sociale. Perché la risposta a quelle domande, se vogliamo darla seriamente, presuppone archiviare la stagione della sottomissione dell’interesse pubblico alle logiche e alle dinamiche del mercato così come affermatesi negli ultimi decenni. In questi mesi ci siamo battuti per ottenere il blocco dei licenziamenti e un sistema di ammortizzatori che consentisse ai lavoratori di reggere l’urto della crisi; così come ci siamo battuti per realizzare accordi per garantire la salute attraverso le opportune misure di sicurezza sul lavoro. Misure necessarie, per noi obbligate. Ma siamo consapevoli che all’iniziativa di protezione qui ed ora della condizione del lavoro dagli effetti della crisi va affiancata quella delle risposte strutturali e di prospettiva, le quali non possono riproporre la situazione precedente. Emerge dall’indagine un richiamo politico (perché la risposta deve essere politica) che affonda le sue ragioni nella condizione sociale. E indica i campi su cui agire subito e radicalmente per ristabilire, anche se parzialmente, la smarrita connessione tra politica e popolo. Ma è un richiamo anche per i grandi soggetti sociali, come il sindacato, che pur in un contesto estremamente difficile è sollecitato ad intensificare la propria iniziativa nei luoghi di lavoro e nel territorio.
Rosy Bindi
già Presidente della Commissione Parlamentare Antimafia
Alla luce delle tabelle riportate nelle pagine dell’indagine nella lotta alla mafia e alla corruzione, si salva solo il carcere e in particolare il carcere “duro”, il 41bis. Non viene promossa l’azione del governo, né la politica, si presume, dei partiti. Per sconfiggere le mafie, tuttavia, non saranno mai sufficienti né le sentenze dei tribunali né le prigioni, ed è per questo che la bocciatura delle politiche e della politica contro la corruzione e le mafie è davvero preoccupante. Questa bocciatura, anche se può essere in parte frutto di una diffusa sfiducia, magari un po’ qualunquista, nella politica e nei partiti, purtroppo ha un fondamento. La lotta alla mafia e alla corruzione sembra scomparsa dall’agenda politica dei partiti: quasi mai pronunciata durante le campagne elettorali non rappresenta una priorità nelle strategie per il futuro. La pandemia, che ormai da un anno ha confiscato l’Italia non meno del resto del mondo, sta aprendo praterie alle mafie, eppure il contrasto alla loro invasione non è contemplato. Lo stato di emergenza che si rinnova di trimestre in trimestre è indubbiamente giustificato per contrastare la diffusione del virus e le conseguenze che sta provocando sul piano economico. Non è altrettanto giustificato il ricorso a procedure che sospendono le garanzie in nome di un’efficienza che solo così sarebbe assicurata. La nuova normativa sugli appalti, per esempio, ha intaccato tutti il punti sensibili ben conosciuti come i varchi più spesso attraversati dai mafiosi e dai corruttori. L’enorme quantità di denaro pubblico che è stato e che verrà messo in circolazione in ogni settore economico, sanitario, sociale potrebbe essere sprecato a favore della corruzione e della mafia se i varchi non vengono blindati e se non verranno previsti meccanismi adeguati di controllo. Se questo non avverrà rischiamo di riconsegnare il contrasto alle mafie soltanto alle inchieste giudiziarie e alle aule di tribunali, ma sarà davvero troppo tardi. Non è un momento splendido né per il governo né per le forze politiche che ci rappresentano in Parlamento: magari per riconquistare una maggiore sintonia con il Paese reale potrebbe essere utile ridisegnare le priorità e porre ai primi posti dell’agenda politica la lotta alla corruzione e alla mafia.
Lucia Musti
Sostituto Procuratore Generale presso la Procura di Bologna
Un interrogativo che si è presentato con la lettura dei dati è legato alle motivazioni che possono spingere un libero professionista il quale ha scelto di seguire studi faticosi, nonché esami di abilitazione per poi mettere a disposizione delle consorterie mafiose gli strumenti tecnici acquisiti indispensabili alla mafia per operare al riparo di controlli ed interventi repressivi. In buona sostanza alcuni liberi professionisti diventano quello che erano, un tempo, le armi da sparo, gli esplosivi: sono strumenti di lavoro per le consorterie mafiose. Ma qual é l’elemento scatenante che porta un ingegnere, un commercialista, un medico a porsi di fatto al servizio delle consorterie mafiose?.Non è mutuabile il caso dell’imprenditore, sopraffatto dai debiti, per il quale il ricorso abusivo al credito è l’unica strada da percorrere, il quale – di fatto – è costretto a mettersi nelle mani di questa o quella mafia per sopravvivere, evitare fallimenti, trovare protezione. Quella dei colletti bianchi appare, per contro, una scelta libera che può trovare la sua fonte nell’incredibile convinzione che la collaborazione con la mafia sia un’occasione di vanto, di conoscenza di importanti boss mafiosi, di frequentazione di ambienti e situazioni in grado di suscitare perverse attrattive: questa, ad esempio, è un’ipotesi di motivazione emersa in alcune indagini nelle quali abbiamo sentito – nel corso di intercettazioni – liberi professionisti vantarsi, incredibilmente, di frequentare ambienti criminali mafiosi. Questo tipo di motivazione è di indubbia gravità ma è certamente meno dannosa di altra motivazione – di maggiore diffusione- quella che si fonda su un vero proprio pactum sceleris siglato dai colletti bianchi con la mafia secondo cui la messa a disposizione delle proprie cognizioni, della propria professionalità, è motivata da un tornaconto di potere e di prestigio, penso ad esempio alla direzione di una ASL, alla assegnazione di un seggio elettorale, al raggiungimento di un incarico di rilievo, ovvero a ricoprire una poltrona: sono obbiettivi che consentono da un lato di accrescere la propria immagine, dall’altro di diventare di fatto la longa manus della mafia all’interno di settori pubblici o privati.
Tito Boeri
docente all’Università Bocconi di Milano
Ma il messaggio è forte e chiaro: ci vogliono più investimenti in salute e istruzione. E’ un profilo diverso da quello previsto dal Piano Nazionale per il Rilancio e la Resilienza (PNRR) che attribuisce il primato assoluto alla digitalizzazione e alle infrastrutture materiali assegnando ben minor peso a scuola e sanità nell’allocazione delle risorse.