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Il caso Spotlight

2001: il “Boston Globe”, acquistato dal “New York Times”, ha il nuovo Direttore Marty Baron, newyorkese e di origini ebraiche, impermeabile alle influenze della potente Chiesa Cattolica. Mobilita la squadra investigativa del giornale, la Spotlight, su alcune denunce, finite nel nulla, contro preti di abusi sessuali su minori. E’ una sconcezza “sopitae troncata”, inammissibile per questa istituzione considerata il riferimento identitario degli irlandesi/bostoniani. Il film (USA, 15), Oscar 16 come Miglior Film, ci rimanda questa atmosfera che circonda la Chiesa, alle prese con lo scandalo più grave della sua recente storia: e che l’ha impoverita, per i milioni dovuti alle vittime. Il regista Thomas McCarthy, anche sceneggiatore insieme a Josh Singer, ha fatto il film grazie al coraggio della produzione Participant Media. Il Cardinale Arcivescovo Lawsapeva e ha coperto le responsabilità. Le connivenze, che sconvolgono gli stessi giornalisti, più o meno cattolici, si evidenziano strato a strato. E’ un thriller. Senza assassini, ma con fatti da inquadrare. Il nucleo visuale quasi claustrofobico è la redazione. Ma è la metafora dell’accerchiamento rispetto ad una Città/Comunità che vuole ignorare le scomode verità. La sceneggiatura, anch’essaOscar 16, privilegia il protagonismo collettivo dei personaggi; che sono i giornalisti del mitico team, poi Premio Pulitzer. La qualità espressiva è che la limitatezza ambientale, con i continui, fluidi movimenti di montaggioe di illuminazione, varia i nostri punti di vista evitando ogni senso di lentezza. Anche quella individuale degli attori (Michael Keaton, Rachel Adams, Mark Ruffalo, LevSchrieber ecc.) s’innesta con grazia e precisione nel gioco collettivo.

Francesco Capozzi

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