Essendo un argomento all’ordine del giorno, soprattutto per i risvolti socio-politici che ne conseguono, la regolamentazione della coltivazione e del consumo di cannabis a scopo terapeutico, merita sicuramente un approfondimento da un punto di vista più tecnico e scientifico. Ed è per questo che abbiamo posto una serie di domande al Direttore dell’Istituto di chimica biomolecolare del Cnr di Napoli il dott. Vincenzo Di Marzo per gli effetti della cannabis su alcune patologie del sistema nervoso come la Sclerosi Multipla.
Dott. Di Marzo innanzitutto a che punto è la sperimentazione degli effetti degli endocannabinoidi su alcune patologia come la Sclerosi Multipla? Come agiscono i principi attivi della cannabis, su patologia come la Sclerosi Multipla? E quali sono, se ci sono, gli effetti collaterali per chi assume cannabis?
Non bisogna fare confusione tra endocannabinoidi e cannabinoidi da cannabis. Tra i tanti componenti di quest’ultima solo il cannabinoide THC interagisce con il sistema degli endocannabinoidi, ma anche altri cannabinoidi, pur privi di effetti psicotropi, possono avere effetti terapeutici. L’unico farmaco approvato per il trattamento di alcuni sintomi della SM, essenzialmente la spasticità ed il dolore, è il Sativex che contiene due estratti da due varietà di cannabis, una ricca in THC e l’altra in cannabidiolo. In questo farmaco botanico, che ha dovuto giustamente subire tutta la trafila dei test clinici per più di 10 anni, il rapporto quantitativo tra THC e cannabidiolo è di circa 1:1. Il Sativex agisce attraverso le proprietà anti-spastiche del THC, i cui effetti collaterali sono in gran parte mitigati dalla presenza nel preparato dell’altro cannabinoide, il cannabidiolo appunto. Il THC agisce attivando i recettori dei cannabinoidi di tipo 1 nel sistema nervoso centrale, che sono anche responsabili degli effetti collaterali (euforizzanti, ecc.). La co-presenza del cannabidiolo attenua questi effetti e consente di somministrare più THC con meno effetti collaterali, ovvero di ampliarne la “finestra” terapeutica.
Notizie di questi giorni, la coltivazione di cannabis ad uso terapeutico, non sarà più giudicata, come reato penale, ma prevederà solamente una sanzione amministrativa, qual’è il suo punto di vista su questo cambiamento?
Da ricercatore, non voglio avere punti di vista su questioni legislative. Vorrei solo che si basassero su nozioni scientifiche, ovvero: non esiste la cannabis terapeutica, semplicemente perchè esistono tante varietà di cannabis, alcune coltivate per enfatizzarne gli effetti ricreazionali (e a lungo termine nocivi), aumentando la presenza nei suoi preparati di THC rispetto ad altri cannabinoidi; e altre varietà, invece, che sono più ricche in altri cannabinoidi non psicotropi, che pure hanno mostrato effetti terapeutici promettenti. Come farmacologo, vorrei piuttosto che si facilitasse la sperimentazione clinica dei principi attivi della cannabis, e che si sviluppassero mezzi di somministrazione riproducibili ed efficaci, piuttosto che consentire o meno l’automedicazione con preparati di dubbia provenienza e la cui somministrazione non assicura nè efficacia, nè sicurezza nè riproducibilità dell’effetto terapeutico.
Un piccolo focus, lo meritano anche i costi elevatissimi in cui vanno a scontrarsi gli utenti che acquistano in farmacia medicinali a base di cannabis come il ‘Bedrocan’ che da un prezzo stimato di 7-8 euro al grammo all’origine, venga poi venduto a circa 50 euro al grammo nelle farmacie?
Il Bedrocan non è un medicinale. E’ assurdo che un preparato galenico, NON UN FARMACO, la cui somministrazione non necessariamente assicura tutti i requisiti di cui sopra, e messo in commercio da chi non ha dovuto nemmeno sostenere le spese altissime ed i tempi lunghissimi dello sviluppo clinico debba costare quanto un farmaco, sfruttando dati aneddotici non sempre confermati, o nel migliore dei casi i risultati della ricerca finanziata da altri.
Il suo gruppo di lavoro, è da tempo impegnato in questo tipo di ricerca scientifica, ma alla luce delle ultime scoperte circa l’efficacia dell’utilizzo della cannabis come terapia per la spasticità ed altri sintomi della Sclerosi Multipla, e alla luce delle ultime notizie sulla derubricazione del reato da penale a sanzione amministrativa, ma pur sempre reato, per la coltivazione di cannabis ad uso terapeutico, crede che il suo lavoro possa dare una spinta affinché venga sfatato questo tabù della cannabis come ‘pianta della discordia’, che purtroppo sussiste anche in molte fazioni politiche?
In tutta sincerità, non me ne può fregar di meno! Vorrei che si guardasse alla cannabis nè come panacea per tutti i mali nè come pianta della discordia, e neanche come farmaco, ma semplicemente come una pianta il cui studio farmacologico ci ha dato l’opportunità di scoprire: 1) grazie al THC, un sistema di segnali chimici endogeni importantisimi, gli endocannabinoidi, e 2) di identificare anche altri principi attivi di probabile futuro utilizzo terapeutico. Vorrei tanto che chi fa ricerca, anche medica, sui cannabinoidi non venisse afflitto da tutte le implicazioni socio-politiche della cannabis, nè dovesse preoccuparsi di cosa possano significare i risultati dei suoi studi per i fautori della liberalizzazione e depenalizzazione, o per quelli della criminalizzazione. Molto più pragmaticamente vorrei che ci si potesse concentrare su come utilizzare al meglio e in maniera sicura ed efficace il grande potenziale terapeutico di queste antiche molecole, che, sfortunatamente, si trovano solo in questa pianta tanto chiacchierata (e, tra l’altro, mai per i suoi tanti altri usi).
Fabio Noviello