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Lo Stagista Inaspettato

Ben, settantenne, approfittando di un programma per la III età, diventa stagista a New York di una start up di moda su internet, la cui fondatrice è la stressata Jules. Le star di questo delizioso film (USA, 15) sono due attori di due generazioni diverse: il veterano, scafato, flessibilissimo Robert De Niro, una leggenda vivente del cinema, e la giovane, ma ormai collaudatissima Anne Hathaway. Ma colei che ha operato il miracolo di una doppia presenza che non vivesse della semplice “sommatoria” meccanica di due mostri di Hollywood, che avrebbero potuto intralciarsi l’un l’altra, è la sceneggiatrice e regista della pellicola: la philadelphianaNancy Meyers.  Costei “nasce” come sceneggiatrice tv poi passa al cinema: un suo film (“Tutto può succedere”) ha ottenuto una nomination Oscar per la miglior interpretazione (Diane Keaton). Alla Meyers si deve un film (ma su una sceneggiatura non sua) che è diventato un cult,“Whatwomenwant-Quello che le donne vogliono” (00), con Mel Gibson ed Helen Hunt. Qual è il suo tocco? Ma poi: esiste uno stile di scrittura al cinema? La risposta è si. Soprattutto nel cinema americano classico, che arriva fino ai nostri giorni, sia nella commedie che in altri generi, si nota la differenza qualitativa nei vari modi con cui portare avanti e/o definire un personaggio. Faccio un esempio: Ben è sempre rasato e mai sciatto nel vestire. I giovani smanettoni, imbranati come da copione, gliene domandano perplessi il perché: lui, pur annuendo sornione, non dà ragioni. Ma così è il suo personaggio, che, tra l’altro, è stato un manager self made man, nei suoi anni; e che rappresenta del tutto un’altra generazione nonnesca e ormai remotissima da loro: ed è su questa base che s’instaura la relazione tra i personaggi. Che è credibile e non forzata. Come anche accuratamente è costruito il rapporto tra Jules e suo marito, che è diventato padre-casalingo, con un più o meno armonico e simmetrico scambio di ruoli con la moglie, lanciatissima nel business. E’ chiaro che questa è la vera e non predicatoria parità tra i due, allorché, anche se con tutto il suo carico di frustrazioni “culturali” nell’animo del marito, c’è lo scambio paritetico e “funzionale” di ruoli, anche se non del tutto compreso dalle altre madri insoddisfatte delle amichette della figlia,  in una famiglia che voglia farsi carico affettivamente della figlia. E tutto ciò è detto con semplicità: con chiarezza narrativa, accenni “laterali”, ma messi al posto giusto. Così ancora ci domandiamo: ma come fa un ultrasettantenne ad essere così aperto e sensibile sul mondo delle donne? Ad un certo punto afferma che è vedovo, e di una donna che era Preside in una scuola, e che amava il suo lavoro e che lui ha molto e a lungo amato. Sembra, ed è, una notizia marginale, nella costruzione del personaggio. Ma ci suggerisce diverse ulteriori informazioni: che questa donna era lei stessa una manager; che lui ne comprendeva, rispettava e ammirava il ruolo e le responsabilità, che pur non essendo molto ben retribuite erano di spessore umano e personale. Ci suggerisce, in definitiva, delle condizioni e motivazioni personali di tipo psicologico su cui è costruita la stima e l’affetto per Jules, donna per nulla mediocre e che, pur avendo ottenuto il successo, non ha perso la sua umanità, in analogia con ciò che era la moglie. Sono dettagli: ma sono per l’appunto quelli che fanno la differenza.  Però il film è costruito con un ritmo brioso, non solo sui personaggi che sono simpatici, senza essere troppo ammiccanti; ma anche sulla definizione degli spazi e delle azioni; che sono ben poche in verità. Ma funzionano perché sono incastonate in una sempre presente, curata e fluida atmosfera narrativa e visuale. Il ruolo della fotografia urbana, del veterano, bravissimo StephenGoldblatt, aiuta a definire -a dipingere, starei per dire-  una New York  aperta e friendly. E in questa è anche ben costruito il vivere in comunità in quello che era una spazio di fabbrica. Il rapporto tra i due divi è tale che non “si rubano” mai la scena: e Anne Hathaway è una youngadult bella e affascinante. Qualche parte, come per esempio con la figlioletta, è un po’ troppo e slurpantemente leziosa. 

Francesco Capozzi

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