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Il Vesuvio, Casanova e l’incesto, forse

Colto e rispettabile pubblico, popolo infermiccio di Roma, rallegratevi alfine, che il celebre, umilissimo Gambalunga è fra voi. (…) Questo, questo è la vera acqua, il vero vino, il vero olio … Questo ristringe e rallenta, indebolisce e fortifica, riscalda e rinfresca, corregge e promove … Giova interiormente ed esteriormente alle febbri, alla emicrania, ai mali d’occhi, di naso, di orecchie e di bocca, allo scorbuto, all’ernie … Tinge i capelli ad libitus e li fa ricrescere, cava tutte le macchie … Correte dunque, correte, o bisognosi, al mio Elixire Nuperrimo che da me si vende gratis, cioè ai grati, anche ristretto in solido, a comodo di qualunque persona. In liquido se ne ingoiano da venti a trenta gocciole la notte dormendo, e in pillole se ne trangugiano due il giorno cavalcando a trotto battuto … Intanto favorisca al mio albergo della Stelletta chi vuol cavarsi i denti. Saranno serviti a buon prezzo: un mezzo scudo a dente; e chi se ne caverà dieci avrà l’undicesimo gratis. (Dalla cicalata del 1828 di Giuseppe Gioachino Belli che, mascherato da ciarlatano, andò recitando per le strade di Roma in occasione del carnevale. Tratta da: Ciarlatani nei secoli di Ubo Becciani).

IL VESUVIO, CASANOVA E L’INCESTO, FORSE

C’è una serie di fatti che sarebbero storicamente attestati ma l’errore o l’invenzione potrebbero emergere qui e lì. Uno: Giacomo Casanova dimorò a Napoli. In caso di dubbi non occorrerà cercare documenti, inutile perderci tempo; non sono forse indizi probanti la strada e le scuole che portano il suo nome, così come i cinema? Attenzione, però: c’è un Alfonso Casanova, pedagogo, mentre qui si parla di Giovanni Girolamo Casanova … Occorre stare attenti, dunque, “osservare” i fatti e gli stessi racconti sapendo che si corrono dei rischi. Dunque, il contesto che si vuole inquadrare è: siamo nel ’700 e si parlava il francese in Europa. È un fatto pure questo e Casanova non solo lo parlava ma l’usava nei suoi libri, essendo più internazionale. A Napoli ci venne due volte. La seconda con il segretario, l’abate Alfani, mentre la città attendeva in trepidazione che la imminente eruzione la distruggesse, come da ovvia, precisa e puntuale preveggenza. Nella netta distinzione tra povera gente e nobiltà, come se le genti potessero dividersi con una lama di coltello in gruppi omogenei, irrompe proprio Lui, il bellimbusto. E che fa? Ma scrive, ovviamente, e ci dice da chi provenisse la catastrofica pre-visione: «Giunsi a Napoli in un momento in cui tutta la città era in ansia perché il fatal vulcano minacciava una eruzione. All’ultima stazione il maestro di posta mi fece leggere il testamento di suo padre che era morto dopo l’eruzione dell’anno 1754. Diceva che l’eruzione che Dio destinava alla completa distruzione della città di Napoli sarebbe avvenuta nell’inverno dell’anno 1761 e di conseguenza mi consigliava di far ritorno a Roma. Alfani trovava giusto e naturale: dovevamo dare ascolto alla voce di Dio: l’avvenimento infatti era stato predetto e doveva perciò manifestarsi. Certi individui ragionano così.» La citazione ci dice della sua perplessità. Siamo di fronte a questa situazione: verrebbe di dar credito a Giacomo Girolamo Casanova e dedurre che scrive con ponderazione, sviluppando un pensiero ragionato. Non andrebbe, tuttavia, dimenticato che il suo alone di amatore era arricchito da faccende che a volerle elencare farebbero sorridere e poi ridere. Una: era, sempre il leggendario amatore, convinto divulgatore dei poteri dell’”acqua di gioventù”, celebre nell’Europa del XVIII Sec. Nessuna differenza, si può notare facilmente, con Cagliostro che non solo si serviva di pratiche magnetiche per guarire miracolosamente, ma spacciava un liquore, il cosiddetto vino egiziano, nonché una pomata e una soluzione che giurava fossero in grado di donare freschezza alle pelli femminili. Nel suo campionario trovarono spazio anche le polveri “rinfrescative”, ottime per l’effetto lassativo, e l’elisir di lunga vita la cui azione non poteva che essere tonico – ricostituente.

Basterebbe quella certezza del Casanova per inserirlo nell’infinito elenco dei ciarlatani, ovvero quei gentiluomini che hanno percorso i secoli sostenendo di essere in grado di curare tutto con creme, pozioni, sciroppi, unguenti prodotti con erbe e l’aggiunta, in certi casi, di sostanze inaspettate, come il dente di ippopotamo. Questi leggendari guaritori erano anche dei girovaghi e Casanova lo fu. Per approfondimenti sui ciarlatani è consigliato l’ottimo Ciarlatani nei secoli di Ubo Becciani, il cui Pdf è scaricabile gratuitamente.

Approfondendo la figura di Casanova, scopriamo che desiderava affermarsi come scrittore e che lo fu, ma di circostanza. Peso specifico quasi zero, secondo molti che non hanno colto come, invece, con la sua autobiografia, riuscì a comporre una ottima storia del costume europeo del ‘700. In ogni caso, nemmeno le sue Memorie ottennero successo quand’era in vita. A questo punto si profila già un sospetto: ma vuoi vedere che se ne andava in giro distribuendo notizie destituite di fondamento sulla sua spiccata e garibaldina sessualità, al fine di accreditarsi come scrittore? Conseguenza del pensiero perfido: occorre verificare e leggere un po’ di sue cose. Per la verità qualche fascino lo conservano. Tra il profluvio di parole, emerge nettamente uno spaccato di quella società che non sarebbe opportuno trascurare. Ma non ci si può limitare a una analisi delle sue pagine. Spostando il tema verso aspetti più pruriginosi e misteriosi, tra gli interrogativi possibili, ovvero le varie tracce di indagine, una domanda è nel titolo: tra Napoli e Salerno Casanova ebbe un rapporto incestuoso con una figlia? E quali altri segreti lo legano a Napoli? Le fonti non mancano, per fortuna. La prima vicenda, la boccaccesca tresca con una figlia, è interdipendente con la seconda vicenda, con gli altri segreti che legherebbero Casanova a Napoli. La domanda da porsi è se quest’uomo, quello che si può vedere nel web in un ritratto realizzato dal fratello minore, Francesco, la cui figura si può approfondire nella Treccani, tra il 1647 e il 1658 (è al Museo Storico di Mosca), possa aver avuto rapporti incestuosi con una figlia e guarda caso proprio in territorio campano. La situazione richiede un approfondimento documentale ma si arriva facilmente al punto: nel ’700 a Salerno la Massoneria irruppe nel dibattito culturale. Appariva come il “nuovo”  ma allarmava giacché: “… si faceva portatrice di oscuri presagi e cercava di insinuarsi in ogni ambiente: perciò bisognava combatterla”. A Napoli già nel 1734, cioè al momento della creazione del Regno Napoletano Indipendente, i “Muratori” avevano preso piede. La tesi di certa teoria è che vivevano di nascosto per “ragioni d lucro”. Un anno dopo, 1735, la loggia fu aperta ai napoletani e ad abitanti del Regno in genere. Malgrado la successiva “Bolla” papale, le adesioni aumentarono moltissimo. La Prammatica Regia, che come la Bolla condannava la Massoneria, non fu capace di diminuirne il successo. Tutto ciò lo evidenzia anche P. Colletta nel suo Storia del Reame di Napoli. Oltretutto in tre logge, Amicizia, Pace, Uguaglianza, erano ammesse anche le donne, che usavano vestire alla Rousseau. La diffusione della Massoneria nel Regno è documentata anche da una lettera di Ferdinando IV al padre Carlo datata 2 maggio 1775. Gli scrive per sapere se si è regolato bene in una certa situazione: «Avendo io di qualche giorno scoverto nel mio corpo di Cadetti una adunanza di Frammassoni, per non far rumore nel paese, che ne è tutto pieno mi dicono, ne ho cacciato sotto altri pretesti un cadetto che ne era il capo, ed ho proibito assolutamente tale radunanza».

Anche i gesuiti combattevano la Massoneria e ricorsero addirittura a un espediente diabolico per smascherarli: si iscrissero tra i liberi muratori di Spagna potendo così scoprire i nomi degli altri e denunziarli.

È in questo contesto che Casanova, massone, giunge a Salerno, a casa del marchese Giacomo Carrara, dei Baroni di San Giovanni Guarrazzano; massone anch’egli. Nei suoi scritti Casanova indica il Carrara con la sola C. e lo definisce come «»vecchio  e ricco a sfascio». Questa circostanza, l’incontro con Carrara, condurrà al presunto incesto. Le cose andarono così.

Casanova era stato l’amante di Lucrezia Castelli da cui ebbe la figlia Leonilda che avrà, poi, un futuro nel mondo artistico dell’epoca: cantante, attrice e comparsa. Spese gran parte della propria vita artistica nei teatri di Napoli, proprio dopo aver incontrato il presunto padre in casa del marchese Carrara. E lì non c’era per caso: il marchese se ne era innamorato e così, su due piedi, l’aveva celermente sposata. L’incontro tra Lucrezia, madre di Leonilda, si ribadisce per seguirlo più agevolmente, e Casanova sarebbe avvenuto in una locanda, dove lui alloggiava, nel 1770. Ovviamente gli dice della figlia. Entrambi vanno da Carrara e Casanova lo individua come «fratello in massoneria.» Casanova rimase dieci giorni nella masseria del marchese; si congiunse con la figlia e ne nacque un figlio. Questo figlio lo incontrerà, poi, a Praga, tra il 1791 e il 1792, dove era membro della delegazione diplomatica napoletana. Sarà vero? Sarà falso? C’è qualcosa di leggendario e poco realistico? Boh, chissà, chi lo sa? Fatto sta che lo si legge in pagine che paiono credibili.

Alessia Orlando e
Michela Orlando

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