A Bari si è tornato a sparare. Una ferita che si riapre periodicamente, a cui rischiamo, ancora una volta, di abituarci. Perché a Bari si uccide per strada oramai da parecchi mesi, da troppi anni.Crediamo di dover richiamare tutti alle responsabilità: chi ha visto denunci. Iniziamo da qui. Perché se vengono presi subito si sentiranno meno impuniti.
Dobbiamo fare tutti di più per fermare in primis la violenza e poi le azioni che ne sono il prodromo (pensiamo allo spaccio di stupefacenti, giusto per fare un esempio). Per evitare che altre strade possano macchiarsi di sangue e i nostri occhi scegliere di guardare altrove.
In molti quartieri della città (San Paolo, Libertà, San Girolamo, San Pasquale e altri) c’è una lunga scia di sangue, di vie che raccontano di sorvegliati speciali, di pregiudicati, di uomini agli arresti domiciliari finiti dai colpi dei rivali. Il rischio è quello di lasciare che sia un affare fra bande che, per quanto criminali, non ci riguardi poi troppo. Un timore che abbiamo già denunciato con la nostra campagna “Spàrano, via da Bari”. Se lasciamo la strada, viene occupata, anche dalle pallottole.
Torniamo a riflettere sul ferimento anche di ignari passanti. Poteva finire peggio anche per loro, come per Gaetano Marchitelli e Giuseppe Mizzi che proprio a Carbonara sono morti da innocenti. Come Michele Fazio, Maria Colangiuli, Giuseppe Grandolfo. Altre morti “casuali” si è detto troppe volte. Ma quando la città viene vissuta dalla criminalità organizzata come il luogo della rappresentazione del proprio “potere” anche nella morte non ci sono più differenze.
Comunicato stampa