…[la fotografia] è un’invenzione del caso che non sarà mai un’arte ma un plagio della natura da parte dell’ottica. Alphonse de Lamartine, 1858
…[la fotografia] è più di un’arte, è il fenomeno solare dove l’artista collabora con il sole. Alphonse de Lamartine, 1859, entrambe in Fotografia e Società, Gisèle Freund.
IL PERCORSO DELL’IMMAGINE – L’APPRODO AL COLORE
Anche dalla enciclopedia libera che spopola nel web, superato lo sbandamento iniziale dovuto al fatto che ognuno può scrivervi ciò che sa e non è detto sia esatto, si può apprendere quale ruolo giocò Aristotele. Siamo nella Magna Grecia. Aristotele, lo si sa, è un filosofo. È importante non lasciarsi respingere da queste circostanze, giacché ci dicono come l’evoluzione della fotografia sia stata un riflesso di quella dell’uomo e, pertanto, anche come sia destinata a proseguire. Il filosofo osservò come la luce passando attraverso un foro producesse un fenomeno strano: la proiezione di una immagine circolare. Da qui al coniare l’espressione camera obscura il passo non poteva che essere breve e toccò all’arabo Alhazen Ibn Al-Haitham. Il genio di Leonardo da Vinci fece il resto, coniando un’altra espressione fondamentale: oculus Artificialis. Si susseguirono altri scienziati, altre espressioni, altre invenzioni tecniche e, via via, si giunse alla diffusione globale che ogni tanto converrebbe osservare con più attenzione per comprendere anche la valenza politica del fenomeno fotografia. Dovrebbe emergere come sia stato un fenomeno, appunto, ma di elite e di potere. Se agli inizi il compito principale si individuava nell’azione tesa a fissare le caratteristiche del paesaggio e dei beni architettonici, ben presto si passò ai ritratti della nobiltà, dei ricchi, della borghesia. Infine anche il popolo conquistò il diritto alla rappresentazione figurativa. È stato un processo similare a quello vissuto dalla pittura, immaginandolo come un percorso che dai ritratti reali ha portato a Il Quarto Stato di Pellizza da Volpedo.
Speculare è stato il viaggio dei materiali fotosensibili che si può approfondire nella stessa pagina di Wikipedea. L’analisi che qui si propone, anche se si potrebbe giungere al tema colore per molte altre vie, senza escludere l’analisi dei meccanismi percettivi che sono diversi tra l’essere umano e altri animali, andrebbe arricchita da valutazioni sul ruolo della fotografia nel rapporto con le altre arti visive. Ci si limita a evidenziare che venne presto fugato il timore che l’affermazione della fotografia avrebbe leso la pittura e la scultura, demotivando gli artisti. In realtà fu proprio grazie alla fotografia che nacquero fenomeni e correnti anche negli altri campi. Si pensi all’impressionismo, al cubismo e al dadaismo che indubbiamente furono determinati o influenzati dalla nuova arte.
Tutto ciò non accadde facilmente e molte circostanze, anche apparentemente casuali, si susseguirono formando un fiume in piena di informazioni condensate in una vera e propria scienza. In tal senso, man mano che il fenomeno fotografia divenne una moda e tutti volevano farsi ritrarre, va considerato almeno come quegli artigiani/artisti dovettero affrontare di petto un problema: se era ormai facile riprodurre un paesaggio, data la sua staticità, per un ritratto la faccenda si faceva complicata. Ci volevano molti minuti per fissare una immagine e tenere fermo un essere umano per tanto tempo non era facile. Questa vicenda generò la necessità di velocizzare il processo di ripresa e non si poteva farlo che utilizzando obiettivi più luminosi e materiali foto sensibili più reattivi. Determinanti furono Joseph Petzval, John Frederick Goddard e François Antoine Claudet.
A prova che la globalizzazione è un fenomeno esistente da prima che si affermasse la parola, superati gli scogli tecnici, laboratori di fotografia aprirono in tutto il globo e ne trasse beneficio soprattutto la moda dei ritratti. Poterono beneficiarne anche i ceti meno abbienti e la conseguenza fu che nacquero nuovi mestieri, a partire da quello del fotografo ambulante che spesso era chiamato a svolgere un compito lugubre: fotografare i morti. Capitò loro di farlo anche con bambini, dato il fenomeno della mortalità neonatale e infantile. Nella maggior parte dei casi si trattò di vittime delle guerre ai cosiddetti briganti che venivano uccisi, fotografati e ricomposti con i fucili tra le mani e ghigni che, secondo la moda di allora, dovevano essere per forza truci. Ovviamente, in quel caso, trattandosi di lottare contro i Borbone, l’obiettivo era quello di diffondere l’idea della loro cattiveria. Non mancarono i fotografi che, di contro, si posero l’obiettivo di rappresentare la loro epopea, il ruolo di rivoluzionari alla Robin Hood. Uno degli specialisti fu Raffaele Del Pozzo.
Per approfondimenti si consigliano il libro di Ugo Di Pace, Raffaele Del pozzo – Fotografo dei Briganti. Si tratta di un saggio allegato al libro di Johann Jakob Lichtensteiger: Quattro mesi fra i briganti (1865/66), Avagliano Editore, Cava dei Tirreni 1984. Johann Jakob Lichtensteiger era l’istitutore della famiglia Wenner, industriali svizzeri che operarono a Salerno. Fu sequestrato nel 1865, insieme a Federico Wenner, dalla banda Manzo.
SE ESISTE LA FOTOGRAFIA BW
Indubbiamente, osservando una foto cosiddetta BW, lo sguardo si posa innanzitutto su qualcosa di impalpabile che è nel contrasto tra i bianchi e il nero. In questo conflitto di lunghezza d’onda sta la drammaticità del particolare tipo di fotografia. È ovvio che più si fa forte il contrasto, più determinata appare la drammaticità. Ma tra i bianchi e il nero ci sono una infinità di grigi. Perderli, anche solo in parte, significa proporre una foto più o meno bruciata, dove il colore non ha lasciato tracce e sono collocabili in una zona intermedia, appunto nelle sfumature. Sono milioni ma non bastano a rappresentare le sfumature/toni di colore.
In ciò, che sembrerebbe essere una debolezza della fotografia bianconero, in realtà è la sua forza. Basterebbe considerare quel che ne ha più volte detto Mimmo Jodice. A esempio:
Tutto il mio lavoro ha come connotazione l’essere lontano da ciò che è fotografia intesa come realtà, pur scegliendo il reale come oggetto di rappresentazione. Le mie immagini si presentano dunque come astratte dalla realtà, sospese, silenziose, animate da una dimensione surreale. Il colore è più descrittivo; il bianco e nero invece accende la fantasia, si apre all’immaginazione, quindi a varie possibilità interpretative. Si tratta di una scelta espressiva, in modo tale che la realtà non risulti univoca nella sua rappresentazione, ma sfuggente. Io sono nato con la pellicola, e sì, tutte le foto le stampo io: se passassi al digitale, perderei questa “cifra”, che è poi quella che permette di riconoscere le mie fotografie. La stampa manuale, inoltre, mi permette di rafforzare quelle prerogative già messe a punto in fase di ripresa attraverso determinati criteri tecnici e progettuali. Si può leggere il resto qui.
Con la fotografia digitale e grazie alla visione immediata del risultato, il colore sembra essere uscito dalla approssimazione dei vari tipi di sviluppo delle pellicole e dei positivi. Ci si chiede tuttora se questa sia una vera rivoluzione ma va da sé che per produrre ottime immagini occorre comunque rifarsi a strumenti già consolidati, senza poter liberarsi dalla necessità di saper sottoporre quel che interessa ritrarre a una buona esposizione, così come sarà sempre necessario saper comporre l’immagine stessa.
Naturalmente, soprattutto per i fotoamatori, l’era digitale risulta importante per la sua economicità. Ciò consente di poter scattare molte foto, di sperimentare, di appropriarsi di tecniche relativamente facili e dai risultati gradevoli. Si pensi, a esempio, alla cosiddetta selezione del colore con cui si possono ammirare immagini che un tempo si producevano acquerellando a mano le foto B/N. Per realizzare il colore selettivo si potrebbe fare così come è insegnato in questa guida, ma si può farlo anche semplicemente utilizzando una moderna fotocamera che lo consenta, dotata della funzione selezione colore, grazie alla quale si può far emergere solo i particolari che siano del colore desiderato. Volendo si può crearlo pure con Picasa 3. Si utilizza lo strumento sfocatura B/N che consente di rendere l’immaginare BW e salvare solo una zona colorata.
Alessia Orlando e
Michela Orlando