Sabato 21 aprile alle ore 20.30 (in replica domenica 22 aprile, ore 18) al Teatro di San Carlo, la stagione sinfonica, prevede un concerto di grande personalità e fascino. Protagonista la violoncellista sudcoreana Han-Na Chang, nella doppia veste di direttore e interprete-solistaper un concerto dedicato a due tra le composizioni più celebri e intense di Haydn e Prokof’ev: il concerto per violoncello e orchestra n. 1 in Do maggiore, del primo, e la quinta Sinfonia in Si bemolle maggiore, op. 100, del secondo.
Han-Na Chang, è stata allieva di Mischa Maisky e Mstislav Rostropovič. Laureata in filosofia ad Harvard e enfant prodige in campo musicale, a soli 11 anni, è stata vincitrice del V Concorso Internazionale Rostropovič di Parigi. Oggi, non ancora trentenne, è considerata tra le più talentuose interpreti del panorama sinfonico contemporaneo, “sublime violoncellista che riesce a parlare al cuore di tutto il mondo”. Ha già stregato gli spettatori dei più importanti teatri d’Europa, Nord America e Asia, suonando con direttori del calibro di Sinopoli, Maazel, Pappano, Muti, Eschenbach, Ozawa, Mehta collaborando con molte delle più grandi orchestre del mondo tra cui: Filarmonica di Berlino, New York Philharmonic, London Symphony, Orchestre de Paris, Filarmonica della Scala, Chicago Symphony, San Francisco Symphony, Los Angeles Philharmonic, Orchestre National de France, Maggio Musicale Fiorentino.
Il programma sinfonico si apre con una celebre composizione in cui Han-Na Chang è anche solista, il concerto n. 1 in do maggiore per violoncello e orchestra di Franz Joseph Haydn. Il concerto fu composto tra il 1761 e il 1765, nel periodo dell’ incarico come Vize-Kapellmeister alla corte del Principe Nikolaus Esterhazy nell’omonima residenza ad Eisenstadt, nella regione del Burgenland, nei dintorni di Vienna e in prossimità del confine con l’Ungheria. Quegli anni furono per Haydn un periodo di tranquillità e di grande concentrazione e ispirazione, in cui fu in grado di sperimentare e elaborare uno stile personale, inconfondibile cifra di uno dei padri del classicismo in campo sinfonico e cameristico. Per quanto la letteratura musicale per violoncello e orchestra risulti essere alquanto limitata rispetto a quella di altri strumenti, come il violino o il pianoforte, Haydn pur avendo scritto un numero limitato di partiture per strumento solista e orchestra, ne ha comunque lasciate ben tre per violoncello e orchestra: il concerto in do maggiore Hob.VIIb 1 oggi in programma é quello maggiormente conosciuto ed eseguito. Il lavoro viene riportato dal compositore limitatamente alla trascrizione delle battute iniziali nel catalogo personale, ma la partitura viene ben presto considerata perduta. Soltanto nel 1961 in uno scantinato del Museo Nazionale a Praga il musicologo boemo, Oldrich Pulkert, rinviene uno spartito con indicazioni perfettamente corrispondenti alla scrittura riportata da Haydn nel suo catalogo. L’importante ritrovamento ha dato la possibilità di revisione e ricostruzione della partitura che nel 1962 e stata eseguita nell’ambito del Festival di Primavera a Praga. Nelle sue partiture il compositore austriaco ama mettere il solista in condizione di esibire le sue capacità virtuosistiche e liriche, oltre che interpretative. In questo senso, il Concerto per violoncello in Do maggiore si presenta particolarmente impegnativo per l’alta gamma dei registri in cui si muove la sua scrittura tra la leggerezza dei toni intimi e l’austerità della forma classica.
La seconda parte del concerto prevede la Quinta Sinfonia in Si bemolle maggiore, op. 100 di Sergej Prokof’ev, considerata un capolavoro del ventesimo secolo, una delle composizioni sinfoniche più frequentemente eseguite e apprezzate pervenuteci dalla Russia sovietica.
La composizione risale all’estate 1944, quando Prokof’ev (allora 53 anni) abitava nella ‘Casa dell’arte’, una magnifica residenza nobiliare a nord-est di Mosca, appositamente allestita dal governo sovietico per ospitare i migliori musicisti nei loro periodi di vacanze estive. Nella “casa dell’arte” Prokof’ev inizia la scrittura della Quinta Sinfonia e dell’Ottava Sonata per pianoforte, ambedue nella stessa tonalità del Si bemolle maggiore. Con questa sua partitura Prokof’ev torna al genere sinfonico dopo un’interruzione di quasi sedici anni, in cui ha prevalentemente composto musica d’opera, balletto e musica strumentale, dagli splendidi balletti Cenerentola e Romeo e Giulietta, all’’opera L’amore delle tre melarance, o la fiaba musicale Pierino e il lupo. Lavori che ricorrono nella programmazione dei maggiori teatri internazionali.
La Quinta Sinfonia viene eseguita dall’autore, in prima assoluta, a Mosca il 13 gennaio 1945 riscuotendo un clamoroso successo e con l’assegnazione del Premio Stalin di prima categoria. Per Prokof’ev è uno degli ultimi momenti di soddisfazione artistica. Infatti, mentre la guerra da una parte volge vittoriosamente al termine, le maglie del regime stalinista tornano a stringersi inesorabilmente sulla vita artistica del paese. Poco dopo, nel gennaio del 1948 – in un vero e proprio processo alla musica condotto dall’allora neo-ministro della cultura Zhdanov – Prokof’ev e Shostakovich vengono spietatamente accusati di ‘formalismo’, ovvero di adottare un linguaggio lontano dal sentire del grande pubblico e sensibile alle tendenze moderniste care alla borghesia intellettuale occidentale. I due grandi musicisti russi vengono costretti a una umiliante pubblica ammissione di colpa. In particolare il braccio destro del ministro Zhdnanov, Tikhon Khrennikov (nominato Presidente dell’Unione dei Compositori), rimprovera a Prokof’ev – avendo vissuto parecchi anni all’estero – di essere un artista fondamentalmente estraneo alla tradizione russa e all’anima sovietica, quindi contaminato da nefaste influenze stilistiche occidentali. In realtà, la Quinta Sinfonia, costruita nella classica forma in quattro movimenti, trasmette uno stile epico che si addice a un lavoro scritto in tempo di guerra ma, nello stesso tempo impressiona per la chiarezza espositiva, la brillantezza tematica e ritmica e l’immediatezza melodica. Prokof’ev riesce magistralmente a coniugare elementi della tradizione classica russa con spunti impressionisti e modernizzanti, in un linguaggio pervaso da una forte carica ironica e fantasia ritmica. Una sintesi esemplare in cui riesce a esprimere e a salvaguardare il carattere innovativo della sua tecnica e del suo linguaggio, in un contesto artistico che si va sempre più chiudendo nei canoni dell’ideologia realsocialista perseguita da Stalin. Secondo le parole dello stesso autore la composizione è “un canto alla libertà, alla gioia, alla sensibilità e alla purezza di spirito dell’uomo (…), un monumento “della grandezza dell’animo umano” .
Infoline: 081.7972331-412-468; biglietteria@teatrosancarlo.it
COMUNICATO STAMPA