Home / WebRadio / Vip blog / Kronos e Kairòs / Amadeo Bordiga e Antonio Gramsci a San Vito nel 1924

Amadeo Bordiga e Antonio Gramsci a San Vito nel 1924

Lenin, nel gennaio del 1924, morì dopo aver condotto la sua ultima bettaglia contro la burocrazia e contro Stalin che tradivano gli ideali della Rivoluzione d’Ottobre del 1917. Nel suo testamento scrisse al partito di rimuovere Stalin dalla carica di Segretario generale ma rimase inascoltato e Lev Trotsky iniziò la sua lotta contro di lui che lo avrebbe impegnato tutta la vita fino alla tragica morte in Messico per mano di un suo sicario, Ramon Mercader, nel 1940. Stalin e i suoi alleati volevano sottomettere l’Unione Sovietica alla loro linea tendente a costruire il “socialismo in un solo Paese”e trasformare l’Internazionale Comunista in un mero strumento della politica interna ed estera della nascente burocrazia sovietica.Anche il Partito comunista d’Italia fondato nel 1921 da Bordiga, dagli astensionisti e dagli ordinovisti di Gramsci doveva sottostare a questa strategia che avrebbe distrutto l’autonomia e l’internazionalismo del partito. Bordiga aveva costituito una corrente di sinistra che si opponeva alla strategia stalinista del Komintern e Gramsci una corrente di centro un po’ più allineata ad essa. Il Partito Comunista d’Italia aveva iniziato la sua battaglia contro il nascente fascismo mentre il Komintern, insensibile ai sacrifici, alle lotte ed al tributo di sangue pagato dai comunisti italiani in questa dura battaglia, attaccava duramente la dirigenza del partito. Il 10 giugno 1924 l’assassinio del deputato socialista Giacomo Matteotti, da parte dello squadrista Amerigo Dumini e della sua squadraccia alle dirette dipendenze di Mussolini e dei suoi gerarchi, scosse prepotentemente l’opinione pubblica italiana che si schierò contro il fascismo che dovette affrontare una grave crisi che avrebbe portato alla sua caduta se parte dell’opposizione parlamentare liberale, popolare e socialista riformista non fosse rimasta in attesa di un intervento del re Vittorio Emanuele III, compromesso profondamente con Mussolini e per nulla intenzionato ad appoggiarne la crisi. Bordiga e Gramsci, pur divisi su tante posizioni, tentarono di farsi interpreti dello sdegno e del furore popolare con un’azione di lotta più conseguente e più radicale. Attraversato il momento più acuto della crisi, il fascismo stava lentamente recuperando terreno e le violenze contro gli oppositori in generale ed i comunisti in particolare, per cui il partito dovette organizzarsi in semiclandestinità e, nell’illegalità, tenne il Congresso Federale di Napoli del 1924 il 14 ottobre, in una zona estremamente occulta ed ignota alle autorità che non poterono esercitare nessun controllo sui delegati ed i lavori del congresso. Gramsci venne a Resina domenica 7 settembre 1924 a San Vito per indicare la via di opposizione al fascismo e preparare il congresso federale. I libri di storia locale e nazionale non ci avevano mai raccontato cosa avvenne a Resina. Probabilmente ci fu un lavoro preparatorio per il congresso napoletano al quale erano presenti trentadue delegati e, oltre a Gramsci e Bordiga, Ruggero Grieco del comitato centrale del partito. Gramsci tiene la relazione della Centrale del partito e spiega l’importanza della lotta al fascismo con un fronte di classe.L’antifascismo borghese si stava spostando sempre più a destra e l’azione di reclutamento del partito stava avendo successo con il programma di lotta al fascismo e al liberalismo per il soviettismo con la creazione di comitati di operai e contadini.
Gramsci sottolinea l’importanza di creare un comitato omogeneo e forte superando le tendenze presenti nel partito e rimprovera la sinistra di Bordiga invitandola alla collaborazione, superando il frazionismo. Il rifiuto di Bordiga a collaborare aveva posto in una situazione difficile il partito ed i congressi federali lo avevano invitato a modificare il suo comportamento.
Bordiga presenta i punti di dissenso fra l’Internazionale (Komintern) e la sinistra del P.C. Ricorda i dissensi sul fronte unico e il governo operaio e accusa l’Internazionale stessa di opportunismo di destra in relazione alla politica di alleanza con la socialdemocrazia in Germania. Egli sostiene che non esiste nessuna iniziativa di frazionistica e che non mette in discussione l’autorità della Centrale che esaspera i dissensi e che non è intenzionato a compiere atti che rendano più difficile risolvere la crisi del momento. La sua intenzione è di chiudere ogni divergenza interna mantenendo la libertà di esprimere tutti gli argomenti della sinistra. La tattica del Komintern aveva sterzato a destra ma il partito si riconosce come sezione dell’Internazionale.
La linea del partito deve tendere alla liquidazione del fascismo e delle opposizioni. L’antitesi posta da Bordiga non è tra fascismo ed antifascismo, ma tra dominio del capitalismo e dominio del proletariato. Egli critica la tattica vigliacca, legalitaria e pacifica dei capi delle opposizioni che non erano seriamente impegnate contro il fascismo propugnando un fronte unico rivoluzionario comunista e riafferma la sua solidarietà a Trotsky.
Dopo la replica di Gramsci si apre il confronto tra i delegati che si chiude senza il bisogno di votare una mozione. Lo “Stato Operaio” organo centrale del partito così commentò:”La Federazione di Napoli diretta da elementi di sinistra si è dimostrata completamente passiva, quantunque a Napoli si siano svolti episodi molto importanti della lotta antifascista. La centrale del partito,nel periodo successivo all’assassinio di Matteotti,si è ripromessa di promuovere dei movimenti e di allargare i movimenti sporadici che spontaneamente si verificavano per porre le opposizioni dinanzi ai fatti compiuti e spingerle a sinistra cioè alla lotta aperta al fascismo. Questa azione è stata ritardata da tre anni di colpi inferti dalla reazione fascista al partito.Nel discorso di Bordiga manca ogni indicazione di lavoro pratico e delle parole d’ordine concrete,aderenti alla realtà che il partito avrebbe dovuto svolgere ed indicare,manca di un’analisi realistica dei caratteri che ha rivestito la crisi politica sviluppatasi in seguito all’assassinio di Matteotti.Ciò è dovuto anche al fatto che Bordiga si è tenuto lontano dal lavoro pratico del partito, non ha voluto porre a disposizione del partito le sue capacità e le sue energie”. Rispetto alla crisi determinata dal delitto Matteotti la centrale non negava a priori di aver commesso degli errori, ma appunto perché non negava di aver potuto commettere degli errori, era autorizzata ad affermare che la presenza di Bordiga negli organi centrali e l’apporto della sua intelligenza e della sua capacità al lavoro del partito avrebbero potuto far evitare eventuali errori e dare maggiore impulso all’azione generale.
Lo Stato Operaio ammette che “non esiste una frazione di sinistra nel significato assoluto della parola però sostiene che è sufficiente che un solo compagno, quando egli ha le capacità e la popolarità di Bordiga, si metta in disparte e rifiuti di collaborare col centro dirigente del partito per avere una frazione. Bordiga tende, inconsciamente a ristabilire nel partito comunista le tradizioni dei partiti socialdemocratici che egli più aspramente combattuto nelle tesi di Roma”.
Così si concludeva l’articolo dell’organo del PCd’I che costituiva un altro momento duro della lotta del centro del partito che si sarebbe conclusa con l’espulsione di Bordiga nel 1930, dopo anni di aspra battaglia al nascente stalinismo sia in Unione Sovietica sia all’interno del partito che egli stesso aveva contribuito a fondare. Gramsci, ”il buon Antonio” come lo chiamerà Bordiga fino alla fine dei suoi giorni, dopo averlo combattuto aspramente fino a metterlo in minoranza al congresso di Lione del 1926, finito nelle carceri fasciste, continuerà la sua riflessione politica che lo porterà ad essere in contrasto con tutta la linea stalinista intrapresa dal partito.
Gramsci e Bordiga, pur nel contrasto politico, mantenevano una coerenza ed un’onestà intellettuale ed umana che li rendeva alternativi a Stalin ed alla sua politica tendente all’annientamento del movimento dei lavoratori e dei partiti comunisti a favore del rafforzamento della burocrazia e del totalitarismo in Unione Sovietica che Bordiga aveva definito capitalismo di Stato.
Una lapide in via Cegnacolo ricorda l’incontro preparatorio del congresso provinciale:
Il 7 -9-1924
ANTONIO GRAMSCI
Capo della classe operaia italiana, fondatore del grande partito comunista italiano, indicò ai comunisti napoletani la via della lotta contro il fascismo, per la libertà, per la pace, per la salvezza d’Italia.
A ricordo
Sez. comunista S.Vito
Resina, 29-4-1951

Peccato che il PCI di quegli anni, completamente invischiato e colluso con lo stalinismo, non abbia ricordato che il fondatore principale del partito comunista sia stato proprio il compaesano Bordiga e che questi è stato con Gramsci l’indicatore di quella via della lotta e che lo stesso Gramsci aveva dissentito dallo stalinismo.


Francesco e Vincenzo Accardo

Vedi Anche

Agorà, acropoli e arena

Nell’antica Grecia, l’agorà, la piazza, costituiva un luogo privilegiato d’incontro, di confronto democratico, di laboratorio …