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Luoghi da fotografare e da cantare

Comme se fricceca/ la luna chiena/ lu mare è scuro/ l’aria è serena …
(Barbiere di Siviglia, Gioachino Rossini su libretto di Cesare Sterbini, tratta dall’opera di Pierre-Augustin Caron de Beaumarchais)

LUOGHI DA FOTOGRAFARE E DA CANTARE

Certe scelte svelano immediatamente le intenzioni di chi le fa. Sarebbero moltissimi gli esempi possibili qualora non si isolasse un tema. Restano comunque tanti anche volendo limitarsi a trattare il tema “fotografia”. Alcuni esempi legano varie tematiche. Esempio: se ti fai un giro per Napoli ti salta agli occhi subito la fantasia di chi scrive sui muri ma anche il rapporto con altri Paesi, in particolare con la Francia. È un legame storico e le tracce si raccolgono non solo nella parlata e in reperti architettonici. È possibile, infatti, fotografare una valanga di insegne commerciali e culturali che ruotano attorno al Francese. D’altronde, anche a leggere il sottotitolo di “I vicoli di Napoli”, Luigi Argiulo, Newton Compton Editori, si può gettare altra luce sul tema: “Angoli sconosciuti e spesso dimenticati rivivono, lungo un itinerario ideale e reale al tempo stesso, nel centro storico della città”. Ovviamente è così dappertutto se affronti un viaggio consapevole nei vicoli di città che hanno un passato. Per le altre ci vuole tempo ma poi accadrà la stessa cosa. Si pensi a Battipaglia, città inventata di sana pianta. Il toponimo, per la verità, risale al tempo di Roberto il Guiscardo e infatti appare in un suo documento del 1080. Da quel reperto emerge che la Chiesa di Salerno possedeva dei beni collocati tra i fiumi Sele e Tusciano. I natali ufficiali, invece, risalgono al 1858. È l’anno in cui Ferdinando II di Borbone la battezza come “colonia agricola”. Con il Governo delle Due Sicilie, invece, si giunge al primo nucleo urbano. Ma come ciò accadde è singolare. Guarda caso quei luoghi erano caratterizzati da scarsa densità abitativa. Si trattava, quindi, di far leva certamente sullo spirito di accoglienza ma lo si coniugò con un evidente opportunismo economicistico. Nel 1851 c’era stato un disastroso terremoto in Lucania. Fu distrutto quasi del tutto il centro abitato di Melfi. Questa era una antica e importante città, spesso snodo di rilevanti fatti storici. Si segnala, tra quelli recenti, che nell’aprile del 1861 fu conquistata dalle armate del brigante Carmine Crocco, protagonisti tra i tanti anche i briganti Domenico “Malacarne” Zappella e Michele Schirò. Lì furono condannati a morte gli altri briganti Giuseppe Schiavone, Giuseppe Petrelli e Aniello Rendina, giustiziati poi il 28 novembre 1864 dai bersaglieri dell’esercito sabaudo. Ritornando al 1851: Ferdinando II di Borbone decide di ospitare i terremotati di Melfi e li munisce di attrezzi agricoli per sfruttare quelle terre che erano ricettacolo di zanzare, data la natura paludosa, con tutte le ovvie conseguenze dannose per la salute. Successivamente la futura città di Battipaglia fu interessata dalle bonifiche volute dal regime fascista e solo il 28 marzo 1929 divenne comune autonomo con Regio Decreto che estese il territorio del Comune a parte dei comuni di Eboli e Montecorvino Rovella. Il resto, compresa la vocazione agricola di pregio, è storia ancora più recente. È evidente, quindi, come volendo fotografare passeggiando tra i vicoli di Napoli o per le strade di Battipaglia, si produrranno fotografie affatto diverse. 

Singolare, poi, è il fotografare in altre città e scoprire collegamenti insospettati tra realtà lontane. Si pensi a Bologna. Se ti trovi nella centralissima via Mascarella puoi trovare tracce importanti del movimento studentesco del ’77. È possibile, a esempio, fotografare la lapide che ricorda Francesco Lorusso, ventisettenne militante di Lotta Continua. La sua vicenda risale all’11 marzo 1977. Nell’ambito delle agitazioni studentesche, lui, proveniente da via Irnerio, fu colpito alla schiena da un proiettile sparato da un carabiniere. In quel periodo molti studenti italiani si recavano a Bologna per creare un coordinamento. Lo fecero anche giovani napoletani. Se ci sposta dal centro bolognese ci si può imbattere nella targa che indica la Via Adelaide Borghi Mamo (1829-1901). Borghi Mamo era una cantante lirica che si esibì anche al San Carlo, siamo a Napoli ovviamente. Un passo indietro per capirne di più. È il 9 febbraio 1854 (la stagione era iniziata il 4 ottobre 1853). In scena va il Marco Visconti di Errico Petrella. Tra i protagonisti c’è appunto Adelaide Borghi Mamo. Manda tutti in visibilio con il suo ruolo: è Tremalcondo al contralto, en travestì. Cantava la celeberrima lirica della rondinella. Cantava anche in dialetto napoletano, in quegli anni, e lo faceva nella scena della lezione di musica del Barbiere di Siviglia. I primi versi divennero: Comme se fricceca/ la luna chiena/ lu mare è scuro/ l’aria è serena …

Erano gli anni in cui nelle cosiddette “periodiche” si cantavano anche le canzoni cosiddette popolari: Santa Lucia, la Palummella janca, Scetete scè, ‘U cardillo e Fenesta ca lucive. Aveva furoreggiato anche Te voglio bene assaje, una improvvisazione di Sacchi, antecedente al 1840. Mentre Santa Lucia, erroneamente attribuita al Cottrau, era in piena auge (per approfondire, si veda: Nel lungo tunnel, 2 – La fine di un Regno, Raffaele De Cesare; pagg. 322-325; Capone Editore & Edizioni del Grifo. L’opera è stata venduta in allegato a Il Mattino). 

Alessia Orlando e
Michela Orlando

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