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Fotografare a Napoli facendo i conti con la storia

FOTOGRAFARE A NAPOLI FACENDO I CONTI CON LA STORIA

In molti palazzi e nei castelli di Napoli, così come nei suoi vicoli e nelle piazze, si respira l’aria dei set cinematografici e l’azione del fotografare induce a fare i conti con la Storia. Non è affatto difficile immaginare l’apparizione di Eleonora de Fonseca Pimentel, di Luisa Sanfelice o delle tante altre donne che la Storia non ha raccontato e che, invece, segnarono pagine importanti rimettendoci la vita o pagando un prezzo ingiustificato con l’esilio e il carcere. Furono rivoluzionarie davvero, non fosse altro per il fatto di essere state protagoniste per scelta, in un ambiente che di scarso maschilismo non poteva certo lamentarsi.

Incentrando l’interesse più sull’ambiente, un esempio eclatante è Piazza del Mercato. Si può facilmente immaginare sia frequentata da molti fantasmi di rivoluzionari cilentani, ma in compagnia di grandi nomi, come quello di Corradino di Svevia. Forse vi volteggiano addirittura Dante e Hitler. Occorre fare un salto indietro nel tempo: siamo appunto a Napoli, 29 ottobre 1268, Campo Moricino, attuale Piazza del Mercato. Corrado V di Svevia, detto Corradino (Landshut, Wolfstein, 25 marzo 1252 – Napoli, 29 ottobre 1268), viene trascinato a forza. Sa che di lì a poco esalerà l’ultimo respiro. Forse pensa al padre, Corrado IV, re dei Romani, e alla madre Elisabetta di Wittlsbach. Forse pensa ai sudditi, essendo Re di Sicilia dal 1254 e di Gerusalemme. Non sa, non può saperlo, di essere l’ultimo regnante degli Hohenstaufen. Non sa, non può saperlo, che Hitler, molto tempo dopo, nel 1943, pretenderà le spoglie per portarle in Germania. Ricorda di essere arrivato in Italia ben accolto a Verona, Pavia, Pisa. E ricorda il trionfo tributatogli a Roma che gli fece radicare l’idea che potesse espugnare Viterbo e fare prigioniero il Papa. Desistette, come aveva fatto suo nonno, prevedendo il disastro propagandistico che un’azione del genere avrebbe prodotto. Forse ricorda anche la sconfitta subita a opera dell’esercito di Carlo I d’Angiò nella battaglia di Tagliacozzo trovando rifugio nel castello dei Frangipane, presso Torre Astura, vicino Nettuno. Ricorda il tradimento di Giovanni Frangipane, signore del luogo che lo consegna a Carlo. Corradino ricorda come venne tradotto a Napoli per essere processato e la sentenza: giudicato colpevole di tradimento verso la Chiesa.
Ora è ritto, pronto alla esecuzione della condanna a morte. Rimugina gli ultimi pensieri sul processo farsa, sotto lo sguardo attento di Giovanni da Procida, amico di Federico II che era pronto a raccogliere il testimone e a vendicarlo animando I Vespri Siciliani. Carlo è implacabile nella decisione di giustiziare Corradino che ha soli 16 anni. Teme, tuttavia, di inimicarsi le popolazioni conquistate giacché il ragazzo era evidentemente innocente rispetto alla accusa di infedeltà all’usurpatore francese. Poteva, però, giustificarsi con la difesa dei diritti della Chiesa, alla cui autorità Corradino aveva portato una minaccia. Non ci sono documenti in cui il Papa, che più volte aveva rimproverato a Carlo la crudeltà e durezza dei metodi prende posizione sulla faccenda se non una lettera di Carlo al Papa in cui gli dice che Corradino ha meritato la fine che spetta ai “persecutori della Chiesa”. Corradino è in attesa della morte.

Tutto ciò emerge nel film Corradino di Svevia (L’ultimo degli Honenstaufen); 1909; Regia di Romolo Baccini per la Vesuvio Films.

Non poteva certo immaginare che la sua vicenda avrebbe avuto anche una trasposizione cinematografica, incentrata proprio sulla battaglia di Tagliacozzo, sulla sconfitta, sulla fuga e sulla esecuzione della condanna a morte. Questo film, Corradino di Svevia (L’ultimo degli Honenstaufen), fu uno dei primi film ambientati nel Medioevo e si era agli albori del cinema, nel 1909. Ovviamente fu realizzato in B/N; genere drammatico/storico. Sceneggiatura di Ferruccio Sacerdoti. La storia documenta che i cadaveri di Corradino e degli altri giustiziati a lui vicini, seguirono le sorti dello zio Manfredi: non ebbero sepoltura. Furono trascinati verso il mare lì vicino e ricoperti con pietre dal popolo. Tempo dopo la madre riuscì a ottenere che il corpo di Corradino avesse una degna sepoltura. Sul luogo dove avvenne l’esecuzione fu eretta una chiesa, l’attuale Santa Croce e Purgatorio Mercato, con la colonna commemorativa in porfido su cui è incisa la frase: Asturis ungue leo pullum rapiens aquilinum hic deplumavit acephalumque dedit, cioè: Il leone artigliò l’aquilotto ad Astura, gli strappò le piume e lo decapitò. Le sue spoglie sono tuttora nella chiesa di Santa Maria del Carmine con il monumento funebre fatto erigere, secoli dopo, da Massimiliano II di Baviera. In questa chiesa i monaci occultarono il corpo per evitare che Hitler riuscisse a farlo trasportare in Germania. Al Carmine, in virtù del lascito della madre, vanamente accorsa a Napoli per riscattarlo, viene celebrata ogni anno una messa in suffragio del figlio Corradino. L’intensità della storia non sfuggì neppure a Dante che lo ricorda così (Divina Commedia, Purgatorio XX):

Figliuol fu’ io d’un beccaio di Parigi:
quando li regi antichi venner meno
tutti, fuor ch’un renduto in panni bigi, 54

trova’ mi stretto ne le mani il freno
del governo del regno, e tanta possa
di nuovo acquisto, e sì d’amici pieno, 57

ch’a la corona vedova promossa
la testa di mio figlio fu, dal quale
cominciar di costor le sacrate ossa. 60

Mentre che la gran dota provenzale
al sangue mio non tolse la vergogna,
poco valea, ma pur non facea male. 63

Lì cominciò con forza e con menzogna
la sua rapina; e poscia, per ammenda,
Pontì e Normandia prese e Guascogna. 66

Carlo venne in Italia e, per ammenda,
vittima fé di Curradino; e poi
ripinse al ciel Tommaso, per ammenda. 69

Tempo vegg’io, non molto dopo ancoi,
che tragge un altro Carlo fuor di Francia,
per far conoscer meglio e sé e ’ suoi. 72

Alessia Orlando e
Michela Orlando

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