Home / WebRadio / Vip blog / Michela e Alessia Orlando / Il selfie passando per Pink Floyd e Queen

Il selfie passando per Pink Floyd e Queen

“Ne ‘L’Impero delle luci’ ho rappresentato due idee diverse, vale a dire un cielo notturno e un cielo come lo vediamo di giorno. Il paesaggio fa pensare alla notte e il cielo al giorno. Trovo che questa contemporaneità di giorno e notte abbia la forza di sorprendere e di incantare. Chiamo questa forza poesia” (René Magritte)

IL SELFIE PASSANDO PER I PINK FLOYD I QUEEN E LA PRINCIPESSA SHARAZAD

Con un termine di gran moda, selfie, ci si riferisce a chi viene fotografato nell’atto di fotografare sé stessi per poi condividere per mezzo social le stesse foto. Sui motivi, qualche domanda: sarà per vanità? Sarà per esibizionismo malato? Le risposte non sarebbero certo condivise, anche perché prima o poi ci cascano tutti e non è certo un caso se si può trovare l’esposizione di carni mollicce stese al sole come le pelli tirate allo spasimo e sudate per le eccessive ore di palestra, se non di molteplici sedute dal chirurgo estetico qualora manchi il sudore. È una guerra di immagini, per dimostrarsi alla moda o a proprio agio anche in situazioni di cui menar vanto. C’è anche molto di non criticabile, almeno in apparenza: donne incinte fotografate un attimo prima del parto, davanti lo specchio, col pancione esplosivo ma bellissimo, portato con perfetta linearità del corpo e maestoso orgoglio. È ovvio che di lì a un attimo si varcherà la soglia del limite che ti mantiene al di qua del decoro o ti fa sfociare nella spettacolarizzazione di attimi e persone che dovrebbero stare fuori dal vacuo mondo social. Inizia, a questo punto, il mercimonio di ‘mi piace’. Tu lo dai a me e al mio seguito, che mi apprezza, io faccio la stessa cosa e così arriviamo anche a dare un gradito apprezzamento al Presidente Obama che si fotografa al funerale di Mandela.

Non c’è dubbio alcuno sulla figura di Obama, per il quale in tanti abbiamo tifato anche in Europa, ma quella foto per molti andava risparmiata. Il problema vero sta nel fatto che a questa moda nessuno resiste… Ma dove nasce? Ci sono o no legami con altre arti, in modo speciale con quelle visive al di là della fotografia?

Risposta senza tentennamenti: sì. Si potrebbe iniziare a ragionarci su a partire dal quadro di René Magritte ‘Impero delle luci’. Il perché: l’opera nasce dall’applicazione del metodo noto come ibridazione: la rappresentazione nel medesimo quadro di due oggetti o azioni tra loro inconciliabili, come si può leggere qui, ammirandovi anche il quadro.

La storia di questo capolavoro, in lingua originale L’Empire des Lumières, è molto interessante. Lo si può ammirare nella collezione Peggy Guggenheim a Venezia ma c’è anche la versione del 1950 esposta al Musées Rovaux des Beaux-Arts, Belgio, e ce ne è anche una che risale al 1967, collezione privata. Si tratta di un fenomeno che ricorda l’omicida che ritorna sempre sul luogo del delitto… Accade anche in altri artisti di voler rimeditare le opere che si considerano più originali o meglio riuscite e ciò è una ottima cosa che in qualche maniera giustifica le citazioni di altri ma non certo il plagio.

Tecnicamente l’opera, realizzata con colori all’olio, allude ai sogni e alla capacità di ogni essere umano di sognare più situazioni diverse in contemporanea. Il punto di forza nell’immagine è proprio il contrasto tra due momenti diversi che non è dato ammirare in natura: la diversità di luci tra la parte superiore del quadro, in cui è giorno, e quella inferiore, in cui è notte.

Inglobando nel concetto di arti visive anche la letteratura, per la capacità della parola di alimentare processi psichici simili alla visione di una immagine, ci si potrebbe collocare nell’ambito di quel fenomeno che i francesi definiscono métarécit, metanarrazione o metaracconto. Da ciò si giunge al meta romanzo, concetto tutto cinematografico in cui il regista o l’autore, qualora siano diversi, descrivono l’operazione di stesura del romanzo o di realizzazione della pellicola stessa: il racconto ha come oggetto proprio il raccontare. Attraverso questo espediente il narratore crea un rapporto con il lettore/spettatore. È un interscambio continuo che dura tutto il tempo richiesto per giungere alla parola ‘Fine’ e l’oggetto sta non solo nella trama strettamente considerata, ma anche nel tentativo di risolvere problemi teorici sulle modalità dello scrivere/registrare, compresi quelli che stanno nelle tecniche necessarie per far bene il lavoro di scrittore/regista. Un esempio: Il ladro di orchidee (Adaptation), in cui lo sceneggiatore Charlie Kaufman ritrae sé stesso mentre scrive al sceneggiatura dello stesso film che lo vede come protagonista.

Sul piano dell’immagine in senso stretto, ovvero quella che possiamo vedere/osservare, un espediente famoso per condensare questo tema è quello adottato anche nelle confezioni di alcuni prodotti. In particolare: una cioccolata. Siamo, così, in presenza dell’effetto Droste (termine coniato da Nico Scheepmaker, poeta giornalista olandese) che altro non è se non una ipotesi di pittura ricorsiva: c’è una immagine ampia che ne contiene una più piccola e questa una ancora più piccola e così via, in una sequela pressoché infinita, dato che si arresta solo nel momento in cui l’occhio/cervello umano può percepire la variazione di situazione.

Per realizzare una ipotesi di effetto Droste senza usare mezzi complicati: basta porre uno davanti all’altro due specchi o riprendere uno schermo televisivo che mostra ciò che viene ripreso. Nessuna differenza, quindi, rispetto a quando veniamo fotografati mentre ci fotografiamo…

Nel campo musicale: esempi si hanno nella cover di Ummagumma, album dei Pink Floyd, in cui la fotografia del gruppo si ripete nella cornice di un quadro presente pure nella fotografia, e nel videoclip promozionale, uno dei primi in assoluto, di Bohemian Rhapsody, dei Queen. Nel web c’è …

Anche l’informatica risente di queste suggestioni. Accade nel cosiddetto ‘algoritmo ricorsivo’: l’esecuzione dell’algoritmo su un insieme di dati implica la semplificazione o suddivisione dell’insieme di dati e l’applicazione dello stesso algoritmo agli insiemi di dati semplificati. Difficile capirlo per chi non mastica queste materie ma non è certo facile capire come mai l’essere umano sogni mentre sogna che sogna, come fosse inglobato in una serie di scatole cinesi poste su piani diversi ma tra loro in comunicazione, grazie alla coscienza critica e magari al ricordo della mattina, al risveglio, quando potrà raccontare le mirabilie vissute a occhi chiusi. Né più e ne meno di quanto accade in una valanga di opere rette dal principio della narrazione dentro la narrazione: Il nome della rosa (Umberto Eco), Frankenstein (Mary Sheley), Le mille e una notte (autori vari, ignoti) dove la principessa Sharāzād racconta ogni notte le sue favole al sultano Shāhrīyār per aver salva la vita…

Alessia Orlando e
Michela Orlando

Vedi Anche

Marchette

Cambi di senso senza modificare l’ordine delle lettere … l’Italiano ma anche i vari vernacoli, …